Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.30204 del 20/11/2019

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MARCHEIS BESSO Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16132-2018 proposto da:

T.U., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO MUSA n. 12/A, presso lo studio dell’avvocato PERTICA FABRIZIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABBRO PIERLUIGI,

– ricorrente –

contro

B.I.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 725/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 06/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/07/2019 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione del 29.1.2004 T.U. conveniva in giudizio B.I. dinanzi il Tribunale di Treviso invocando la declaratoria della risoluzione del contratto di compravendita di una vettura Triumph TR4 targata ***** ed offrendo la restituzione del prezzo pagato dalla convenuta, pari a lire 9.000.000. L’attore dichiarava di non esser stato in grado di consegnare alla B. libretto di circolazione e foglio complementare (oggi, certificato di proprietà) della vettura compravenduta ed assumeva che ciò non fosse dipeso da suo inadempimento, ma dalle difficoltà di reperire la documentazione dell’auto d’epoca oggetto del contratto.

Si costituiva in giudizio la B. resistendo alla domanda e chiedendo, in via riconvenzionale, l’accertamento del grave inadempimento dell’attore e la sua condanna alla consegna del libretto di circolazione e del certificato di proprietà della vettura, nonchè l’emissione di sentenza costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c..

Con sentenza n. 1288/2010 il Tribunale rigettava sia la domanda principale che quella riconvenzionale e condannava l’attore al pagamento in favore della convenuta della somma di Euro 6.380, con interessi dalla sentenza, e delle spese del grado.

Interponeva appello il T. e si costituiva in seconde cure la B., resistendo al gravame ed eccependone in via preliminare la tardività, essendo stata la sentenza di prime cure notificata all’appellante, originario attore, presso la cancelleria del Tribunale, in difetto di elezione di domicilio nel circondario, ed essendo decorso da detta notifica il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c..

Con la sentenza impugnata, n. 725/2018, la Corte di Appello di Venezia dichiarava inammissibile l’impugnazione e condannava l’appellante alle spese del grado.

Propone ricorso per la cassazione di tale decisione T.U. affidandosi ad un unico motivo.

B.I., intimata, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Il ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., artt. 115,153,184,184-bis, 294,325 e 327 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè l’omesso esame di fatto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Ad avviso del ricorrente la Corte di Appello avrebbe errato nel non ammettere la prova per testimoni che egli aveva articolato in seconde cure al fine di dimostrare la sua assenza di colpa circa la mancata conoscenza della notificazione della decisione di prime cure eseguita dalla B. presso la cancelleria del Tribunale di Treviso. Avrebbe poi omesso di concedergli la remissione in termini a fronte della scusabilità dell’errore. Non avrebbe, infine, considerato che al momento della notificazione dell’impugnazione il termine di cui all’art. 327 c.p.c. non era ancora decorso e quindi l’appello avrebbe dovuto essere ritenuto tempestivo.

Nella memoria depositata in prossimità dell’adunanza camerale successivamente alla proposta ex art. 380-bis c.p.c., il ricorrente afferma di aver effettuato controlli presso la cancelleria del Tribunale di Treviso, dai quali non sarebbe emersa alcuna notificazione della sentenza di prime cure. Inoltre, afferma che l’istanza di remissione in termini era stata tempestivamente proposta rispetto al termine di cui all’art. 327 c.p.c..

La censura, nelle sue diverse articolazioni, è infondata.

Ed invero non è possibile configurare alcun profilo di errore scusabile nella scelta della parte di non eleggere domicilio nel circondario dell’Ufficio giudiziario di prima istanza. Se da un lato tale scelta appare pienamente legittima, dall’altro essa non può tradursi in un aggravio per l’Ufficio o per l’altra parte. Per tale motivo, il R.D. n. 37 del 1934, art. 82, comma 2, prevede testualmente che “In mancanza della elezione di domicilio, questo si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria”. Di conseguenza non sussistono, nel caso di specie, i presupposti per la remissione in termini invocata dall’odierno ricorrente, nè può avere alcuna rilevanza il fatto che, al momento della presentazione della relativa istanza, non fosse ancora decorso il termine cd. “lungo” di cui all’art. 327 c.p.c.: in presenza di rituale notificazione della decisione di prime cure, infatti, si applica il termine cd. “breve” di cui all’art. 325 c.p.c., che era irrimediabilmente decorso all’atto della notificazione dell’atto di appello da parte del T..

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte intimata nel presente giudizio di legittimità.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 4 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2019

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472