Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.30636 del 25/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34078-2018 proposto da:

A.M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO GILARDONI, con procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 04/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/09/2019 dal Consigliere Relatore, Dott. CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

CHE:

A.M.M., cittadino del Bangladesh, impugnò il provvedimento emesso dalla Commissione territoriale che gli aveva negato il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, con ricorso che fu respinto dal Tribunale di Milano con decreto del 4.10.2018, osservando che: il racconto del ricorrente non era credibile a causa delle numerose contraddizioni intrinseche, mentre i motivi dell’espatrio, come desumibili dalle dichiarazioni del ricorrente, erano riconducibili ad una vicenda privata; il ricorrente non aveva allegato una specifica situazione integrante i presupposti della protezione sussidiaria (comunque esclusi dal Tribunale attraverso l’esame di fonti aggiornate) bensì una generica situazione d’instabilità del Bangladesh; non era altresì riconoscibile il permesso umanitario, in mancanza di allegazione di specifiche situazioni di vulnerabilità, mentre non era sufficiente a tal fine lo svolgimento di attività lavorativa a tempo determinato in Italia.

A.M.M. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

Non si è costituito il Ministero.

Il Consigliere relatore ha formulato la proposta ex art. 380bis c.p.c.; il ricorrente non ha depositato memoria.

RITENUTO

CHE:

Preliminarmente, il ricorrente ha richiesto al collegio di sollevare una questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che il procedimento in esame è definito con decreto reclamabile entro sessanta giorni.

Con l’unico motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, con riferimento al mancato riconoscimento dell’autonoma rilevanza giuridica, ai fini del rilascio del permesso umanitario, alla condizione di estrema povertà dello straniero nel Paese d’origine.

Anzitutto, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, per la mancata previsione dell’impugnabilità in appello del decreto emesso in primo grado, poichè il doppio grado di giudizio non integra una garanzia dalla copertura costituzionale (v. Cass., n. 27700/18: “E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, artt. 24 e 111 Cost., nella parte in cui stabilisce che il procedimento per l’ottenimento della protezione internazionale è definito con decreto non reclamabile in quanto è necessario soddisfare esigenze di celerità, non esiste copertura costituzionale del principio del doppio grado, ed il procedimento giurisdizionale è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle commissioni territoriali deputate ad acquisire, attraverso il colloquio con l’istante, l’elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione”).

L’unico motivo è manifestamente inammissibile in conformità dell’orientamento di questa Corte- cui s’intende dare continuità- a tenore della quale la protezione umanitaria, nel regime vigente ratione temporis, tutela situazioni di vulnerabilità – anche con riferimento a motivi di salute – da riferirsi ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente. Ne deriva che non è ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di ” estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (Cass., n. 3681/19).

Nel caso concreto, invero, il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento del permesso umanitario per motivi strettamente legati alla situazione di estrema povertà esistente nel Paese di provenienza, omettendo di allegare i fatti costitutivi della protezione richiesta.

Nulla per le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 25 novembre 2019

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