LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –
Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1250/2014 proposto da:
P.C.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 34, presso lo studio dell’avvocato MARIA SORDA, rappresentato e difeso dall’avvocato ANGELO ALFONSO G. MASINI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, C.F. *****, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 403/2013 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 22/05/2013 r.g.n. 584/2011.
RILEVATO
che:
P.C.C. ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce che, in accoglimento del gravame della Direzione Provinciale del Lavoro di Taranto, aveva respinto l’opposizione avverso le ordinanze ingiunzioni nn. 227 e 228 del 27 aprile 2004 della DPL emesse in relazione all’avvenuta violazione della L. n. 608 del 1996, art. 9, quater comma 4.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha resistito con controricorso.
Con memoria depositata in prossimità dell’adunanza camerale il ricorrente, pur insistendo per la fondatezza delle censure mosse alla sentenza di appello, ha tuttavia evidenziato di aver aderito alla definizione agevolata dei carichi oggetto della presente controversia ed ha concluso per l’estinzione del giudizio essendo venuta meno tra le parti la materia del contendere.
CONSIDERATO
che:
Tanto premesso e rilevato in fatto che prima dell’adunanza camerale il P. ha fatto pervenire alla Cancelleria di questa Corte dichiarazione di adesione alla definizione agevolata (c.d. rottamazione ter), del D.L. n. 193 del 2016, ex art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. n. 225 del 2016, avente ad oggetto gli addebiti riportati nelle ordinanze ingiunzione opposte, nella quale è contenuto l’impegno a pagare le rate con le cadenze indicate ed è documentato il pagamento delle somme (cfr. prospetto dei pagamenti eseguiti allegato agli atti).
Tanto premesso alla dichiarazione del ricorrente di volersi avvalere della definizione agevolata consegue, per legge, l’estinzione del processo (Cass. 3/10/2018, n. 24083 ed anche la recentissima Cass. 25191 del 2019). La norma dell’art. 391 c.p.c., comma 1 (nel testo sostituito del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 15), che richiama accanto alla rinuncia i “casi di estinzione del processo disposta per legge”, si riferisce alle ipotesi in cui l’estinzione del processo è disposta direttamente dalla legge, senza necessità di comportamenti diretti ad integrare la fattispecie estintiva ed a quelle in cui tali comportamenti siano necessari poichè l’effetto estintivo è previsto dalla norma in ragione del verificarsi all’esterno del processo di cassazione di determinati fatti che poi devono essere rappresentati e fatti constare” e, quindi facendone conseguire “che, ricorrendone i presupposti di legge e salvo che si debba necessariamente pronunciare sentenza ovvero ordinanza camerale ai sensi degli art. 375 c.p.c., n. 3 e art. 380-bis c.p.c., in entrambi i casi il giudizio di cassazione deve essere dichiarato estinto ai sensi dell’art. 391 c.p.c., rispettivamente per rinuncia del debitore, qualora egli sia ricorrente, e ricorrendo un caso di estinzione ex lege, anche se egli sia resistente o intimato” (Cass. n. 24083/2018; v. Cass. Sez. Un. 23/9/2014, n. 19980).
Quanto alle spese non deve essere adottato alcun provvedimento, perchè il contenuto della definizione agevolata assorbe il costo del processo pendente (così ancora Cass. n. 24083/2018, cit.).
Infine, poichè la pronuncia è di estinzione, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte, dichiara estinto il processo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R..
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 2 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2019