Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.31040 del 27/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12177-2018 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MANUELA MASSA, NICOLA VALENTE;

– ricorrente –

contro

C.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2759/2017 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD, depositata il 18/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 03/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SPENA FRANCESCA.

RILEVATO

che con sentenza in data 18 ottobre 2017 numero 2759 il Tribunale di NAPOLI NORD accoglieva l’opposizione proposta da C.A. nei confronti dell’INPS avverso gli esiti della prima fase dell’accertamento tecnico preventivo ex art. 445 bis c.p.c.; accertava che la C. necessitava dell’assegno di invalidità civile dall’aprile 2017 e condannava l’INPS al pagamento dei ratei maturati, maggiorati di interessi;

che a fondamento della decisione il Tribunale condivideva le valutazioni del consulente tecnico d’ufficio nominato; riteneva ammissibile la domanda di condanna al pagamento dei ratei della prestazione;

che avverso la sentenza ha proposto ricorso l’INPS, articolato in un unico motivo, cui l’intimata non ha opposto difese;

che la proposta del relatore è stata comunicata alla parte -unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

che con l’unico motivo l’Inps ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione dell’art. 445 bis c.p.c., commi 6 e 7 e dell’art. 115 c.p.c., della L. n. 118 del 1971, art. 13 (nel testo sostituito dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 35).

Ha impugnato la sentenza per avere disposto la condanna al pagamento dell’assegno di invalidità civile ed ha assunto che il giudizio di opposizione ex art. 445 bis c.p.c. ha per oggetto il solo accertamento del requisito sanitario e non la pretesa al beneficio assistenziale. Solo all’esito dell’accertamento del requisito sanitario l’INPS avrebbe proceduto, nei successivi centoventi giorni, al pagamento della prestazione, previa verifica in sede amministrativa dei requisiti socio- economici. Soltanto in ipotesi di mancata di liquidazione della prestazione nel suddetto termine la parte privata avrebbe potuto proporre un nuovo giudizio a cognizione piena, limitato alla verifica dei requisiti non sanitari prescritti dalla legge.

In via gradata l’INPS ha dedotto che – a voler ritenere ammissibile la condanna dell’Istituto al pagamento della prestazione di assistenza – il richiedente avrebbe dovuto fornire la prova dei requisiti extra-sanitari mentre nella fattispecie di causa il Tribunale aveva reso condanna sulla base dell’accertamento sanitario, senza verificarne la sussistenza;

che reputa il Collegio si debba accogliere il ricorso;

che questa Corte nell’arresto del 9 aprile 2019 n. 9876, cui si inde assicurare continuità, ha già affermato che anche nella seconda fase del giudizio di accertamento tecnico preventivo è ancora oggetto di accertamento il solo requisito sanitario, come si evince dal rilievo che il thema decidendum è incentrato sulla contestazione delle conclusioni del consulente tecnico e come conferma il regime di inappellabilità della decisione. Ne consegue che la sentenza resa a definizione di tale giudizio non può contenere un’efficace declaratoria sul diritto alla prestazione, destinata a sopravvenire solo in esito ad ulteriori accertamenti sui requisiti extrasanitari – (per quanto relativi a fatti antecedenti o concomitanti rispetto ad essa) – ed ancora meno può contenere una condanna dell’ente previdenziale all’erogazione del beneficio.

Nel citato precedente si è osservato che il principio secondo cui non è di regola ammesso che si chiuda il processo con l’accertamento di alcuni elementi soltanto della fattispecie costitutiva di un diritto (rimettendosi ad altro giudizio l’accertamento degli ulteriori fatti costitutivi) trova eccezione nel caso in cui la pronuncia sia, per legge, destinata a riguardare solo un elemento di detta fattispecie costitutiva, come è nel caso di cui all’art. 445-bis c.p.c..

Nella fattispecie di causa il Tribunale – in difformità dal principio qui ribadito – anzichè limitarsi ad accertare il requisito sanitario, ha dichiarato il diritto alla prestazione ed ha pronunciato condanna dell’ente previdenziale al suo pagamento.

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio – ex art. 382 c.p.c., comma 3 – con ordinanza in camera di consiglio, nella parte in cui ha dichiarato il diritto all’assegno di invalidità civile ed emesso condanna dell’INPS al pagamento della prestazione;

che le spese del grado vanno compensate tra le parti per la novità del principio, affermato successivamente al deposito dell’odierno ricorso, confermandosi la liquidazione delle spese già operata nella sentenza impugnata.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa senza rinvio la sentenza impugnata nella parte in cui ha accertato il diritto all’assegno di invalidità e condannato l’INPS al pagamento dei ratei dell’assegno. Compensa le spese di questo grado.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 3 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2019

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