LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25274-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, C.F., *****, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
R.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITO GIUSEPPE GALATI 100, presso lo studio dell’avvocato D’ALISE ANNA, rappresentata e difesa dall’avvocato SCHIAVONE SEBASTIANO;
– controricorrente –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 647/21/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 23/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO ANTONIO FRANCESCO.
RILEVATO
Che:
Con sentenza in data 23 gennaio 2018 la Commissione tributaria regionale della Campania rigettava l’appello proposto dall’Agente della Riscossione contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Napoli che aveva accolto il ricorso proposto da R.R. contro intimazione di pagamento, rilevando l’intervenuta prescrizione del credito tributario, essendo decorsi più di dieci anni tra la notifica delle prodromiche cartelle di pagamento e l’intimazione impugnata. Osservava la CTR: “(…) pur essendo documentale la spedizione di avvisi di intimazione interruttivi della prescrizione decennale dei tributi in oggetto, va rilevato che la notifica degli stessi non può considerarsi valida ed efficace. E per vero è assorbente il rilievo per cui non è stata fornita dall’appellante la prova della spedizione della c.d. raccomandata informativa al destinatario dell’atto che non ha ricevuto personalmente il piego postale (…)”.
Avverso la suddetta sentenza, con atto del 23 luglio 2018, l’Agenzia delle entrate-Riscossione ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
Resiste con controricorso la contribuente, mentre resta intimata l’Agenzia delle entrate.
Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.
La contribuente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
Che:
Con unico mezzo l’Agenzia delle entrate-Riscossione denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 602 del 1973, artt. 25 e 26 nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, per avere la CTR ritenuto che, in caso di notifica curata direttamente dall’Agente della Riscossione mediante servizio postale, e ricevuta da persona diversa dal destinatario, non occorre procedere all’invio di comunicazione di avvenuta notifica (CAN), non essendo applicabili le prescrizioni contenute nella L. n. 890 del 1982.
Il ricorso è inammissibile, in quanto, per come formulato, non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.
La CTR, invero, ha confermato l’annullamento dell’intimazione di pagamento impugnata rilevando l’invalidità della notifica degli avvisi di intimazione interruttivi della prescrizione.
Il motivo di impugnazione, invece, si fonda sulla dedotta rituale notifica delle cartelle di pagamento, con la fotoriproduzione a tal fine degli avvisi di ricevimento delle cartelle, senza tuttavia alcun riferimento agli avvisi di intimazione interruttivi della prescrizione, posti a fondamento della decisione della CTR, che li ha ritenuti invalidamente notificati per non essere stata fornita prova della spedizione della c.d. raccomandata informativa.
E’ dunque palese la prospettazione da parte della ricorrente di censura priva di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata, con conseguente inammissibilità del ricorso.
In conclusione, diversamente dalla proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 -quater.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2019