Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.31470 del 03/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. DI NOCERA PUTATURO DONATI Maria Giulia – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4975/2016 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

ITM s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia – Sezione staccata di Brescia n. 3871/67/15, depositata il 14 settembre 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 marzo 2019 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 3871/67/15 del 14/09/2015 la Commissione tributaria regionale della Lombardia – Sezione staccata di Brescia (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 81/16/13 della Commissione tributaria provinciale di Brescia (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso di ITM s.r.l. in liquidazione (di seguito ITM) nei confronti di un provvedimento di diniego di istanza di autotutela concernente il mancato rimborso di un credito IVA relativo all’anno 2006;

1.1. con la sentenza di accoglimento del ricorso, la CTP condannava, altresì, l’Agenzia delle entrate al pagamento dell’importo di Euro 37.556,00 mediante rimborso;

1.2. la CTR motivava il rigetto dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate evidenziando, per quanto ancora interessa in questa sede, che: a) a seguito di regolarizzazione a mezzo pagamento da parte di ITM, si era determinato un maggior credito IVA nella dichiarazione successiva che andava rimborsato, “trattandosi di versamenti diretti che, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, sono ripetibili entro 48 mesi dalla data di versamento”; b) l’atto di diniego dell’istanza di autotutela era impugnabile ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, estensivamente interpretato; c) la domanda di rimborso era tempestiva in quanto “dalla data di presentazione della dichiarazione decorre il termine di prescrizione decennale entro il quale il contribuente potrà far valere le proprie doglianze presso il giudice tributario”; d) l’Ufficio non aveva contestato il credito ma solo la sua prescrizione, con la conseguenza che l’istanza di autotutela era nel merito legittima;

2. l’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;

3. ITM non si costituiva in giudizio e restava, pertanto, intimata.

CONSIDERATO CHE 1. con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, e dei principi in materia di autotutela, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi l’inammissibilità dell’impugnazione avverso la nota n. 2013/18319 del 30/01/2013 con cui l’Ufficio comunicava che non era possibile confermare il credito IVA di cui si chiedeva il riconoscimento;

2. il motivo è inammissibile;

2.1. non è dubbio che, secondo la giurisprudenza della S.C., “nel processo tributario, il sindacato sull’atto di diniego dell’Amministrazione di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, che, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 181 del 2017, si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente” (così, da ultimo, Cass. n. 21146 del 24/08/2018; Cass. n. 7616 del 28/03/2018);

2.1.1. deve, dunque, escludersi qualsiasi possibilità di impugnare il provvedimento di diniego di autotutela esclusivamente per ragioni attinenti al merito del provvedimento emesso dall’Amministrazione finanziaria;

2.2. tuttavia, nel caso di specie, il motivo difetta all’evidenza di specificità in quanto: a) non è trascritta, nè allegata, l’istanza proposta dalla società contribuente; b) non è trascritto integralmente, nè è allegato, il provvedimento di diniego; c) non è trascritto, nè è allegato, il ricorso in primo grado proposto da ITM;

2.3. ne consegue che questa Corte non è messa in condizioni di valutare la contestata ammissibilità dell’impugnazione proposta avverso il provvedimento di diniego di autotutela (così qualificato dalla CTR);

3. con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, del D.P.R. 29 settembre 1973, art. 38, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che la società contribuente: a) non ha mai formulato istanza di rimborso; b) in ogni caso, alla domanda di rimborso per IVA non è applicabile il termine di decadenza previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, per le sole imposte dirette, ma quello previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21; c) non sussiste alcuna violazione del principio di collaborazione e buona fede in quanto è la società contribuente ad avere commesso errori e a non avere formulato istanza di rimborso;

4. il motivo, al pari del precedente, è inammissibile;

4.1. come chiarito con riferimento al precedente motivo, la ricorrente non trascrive nè l’istanza depositata dalla società contribuente, nè il provvedimento di rigetto, nè l’originario ricorso, talchè non può dirsi in questa sede che tipologia di istanza abbia formulato ITM e, in particolare, se sia stata effettivamente presentata la sola istanza di riconoscimento del credito (come ritenuto dalla difesa erariale) ovvero una vera e propria istanza di rimborso;

4.2. in ogni caso, la difesa erariale non chiarisce nemmeno in quale atto ha eccepito che l’istanza di rimborso non è stata mai depositata da ITM e, comunque, l’intervenuta decadenza dalla sua proposizione;

5. con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che erroneamente la CTR ha gravato l’Ufficio dell’onere della prova della esistenza di un credito IVA che è stato contestato, tanto che è stata inviata specifica comunicazione di irregolarità;

6. il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi della sentenza di merito;

6.1. la non contestazione dell’Ufficio riguarda, secondo la CTR, l’ammontare del credito richiesto e, dunque, essenzialmente, la sussistenza dei requisiti sostanziali per il suo riconoscimento;

6.2. con il motivo di ricorso la difesa erariale fa chiaramente riferimento ai reqU’isiti formali, ritenendo non sussistenti i presupposti per la detrazione del credito IVA, sia perchè mai riportato nelle dichiarazioni annuali successive, sia perchè il diritto alla detrazione non poteva più essere esercitato;

6.3. in ogni caso, non essendo stata riprodotta nè depositata la comunicazione di irregolarità che avrebbe rilevato la presenza di un credito IVA da confermare, il motivo difetta anche della necessaria specificità;

7. in conclusione, il ricorso è inammissibile; nulla per le spese in ragione della mancata costituzione di ITM;

7.1. il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione, nel respingere integralmente la stessa, ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile, disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi dell’art. 13 cit., comma 1 bis, non può aver luogo nei confronti di quelle parti della fase o del giudizio di impugnazione, come le Amministrazioni dello Stato, che ‘siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass. n. 5955 del 14/03/2014; Cass. n. 23514 del 05/11/2014; Cass. n. 1778 del 29/01/2016).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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