Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza Interlocutoria n.32031 del 09/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso iscritto al numero 4471 del ruolo generale dell’anno 2018, proposto da:

AZIENDA AGRICOLA EMILIA FODERA S.n.c. (C.F.: *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, F.C. (C.F.:

*****) rappresentati e difesi, giusta procura allegata al ricorso, dagli avvocati Dario Greco (C.F.: *****) e Serena Lombardo (C.F.: *****);

– ricorrenti –

nei confronti di:

DOBANK S.p.A. (C.F.: *****), quale rappresentante di UNICREDIT S.p.A. (C.F.: *****), in persona del rappresentante per procura S.G. rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avvocato Filippo Coleine (C.F.: *****);

– controricorrente –

nonchè

F.P. (C.F.: *****);

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Palermo n. 97/2017, pubblicata in data 24 gennaio 2017;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 23 maggio 2019 dal Consigliere TATANGELO Augusto;

uditi:

il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. Cardino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

l’avvocato Dario Greco, per le parti ricorrenti.

FATTI DI CAUSA

L’Azienda Agricola Emilia Foderà S.n.c., nonchè C. e F.P., hanno proposto opposizione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 1, avverso il precetto di pagamento dell’importo di Euro 350.182,85, oltre interessi, loro intimato in data 23 giugno 2006 dal Banco di Sicilia S.p.A., sulla base di un contratto di mutuo per il consolidamento di passività agrarie stipulato in data 23 giugno 1995, da restituirsi in sette annualità posticipate, con scadenza dal 31 dicembre 1998 al 31 dicembre 2004.

L’opposizione è stata solo parzialmente accolta dal Tribunale di Palermo, che ha dichiarato l’inefficacia del precetto per le somme eccedenti l’importo di Euro 310.653,29.

La Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della decisione impugnata, ha dichiarato l’inefficacia del precetto per le somme eccedenti l’importo di Euro 278.563,00, oltre “interessi convenzionali se nei limiti del tasso soglia, ovvero al tasso soglia dal 23/6/2006 al soddisfo”.

Ricorrono l’Azienda Agricola Emilia Foderà S.n.c. e F.C., sulla base di sei motivi.

Resiste con controricorso DOBANK S.p.A., in rappresentanza della società creditrice UNICREDIT S.p.A. (che ha incorporato per fusione il Banco di Sicilia S.p.A.).

Non ha svolto attività difensiva nella presente sede l’intimato F.P..

E’ stata disposta la trattazione del ricorso in pubblica udienza.

MOTIVI 1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 12 Prel., della L.R. Siciliana n. 19 del 2005, art. 20, comma 11, della L.R. 14 maggio 2009, n. 6, n. 6, art. 19”.

1.1 I ricorrenti avevano in primo luogo dedotto, a fondamento dell’opposizione al precetto, che i crediti oggetto dell’intimazione non erano esigibili, in quanto le rate del mutuo agrario loro concesso dal Banco di Sicilia, avendo scadenza anteriore al 31 dicembre 2005, erano state prorogate di diciotto mesi (e quindi a data successiva a quella del prospettato inizio dell’esecuzione), sulla base della L.R. Siciliana 22 dicembre 2005, n. 19, art. 20, comma 11, il quale (facendo seguito ad una serie di provvedimenti legislativi precedenti di analogo tenore, emanati a partire dal 1999) prevede testualmente quanto segue:

“La durata minima delle operazioni di credito agrario attivate da imprese agricole singole e/o associate, è pari a mesi diciotto. Al fine di agevolare la ripresa delle aziende agricole siciliane singole e/o associate, colpite dalla grave crisi di mercato nel corso del 2004 e del 2005, gli istituti ed enti esercenti il Credito agrario prorogano di diciotto mesi le passività di carattere agricolo scadute o che andranno a scadere entro il 31 dicembre 2005, nonchè per le aziende agrumicole, ortofrutticole e terricole, quelle in scadenza al 31 maggio 2006, purchè contratte anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge. Alle suddette operazioni di proroga si applica, a totale carico del beneficiario, il tasso di riferimento vigente al momento della scadenza della passività”.

Non è in discussione l’applicabilità all’azienda opponente (che ha sede in Sicilia, a Palermo) della disposizione che prevede la proroga, con riguardo alla tipologia del contratto di mutuo oggetto di controversia ed alla localizzazione del rapporto, nè la sua operatività sotto il profilo temporale, dal momento che effettivamente le date di scadenza delle rate di mutuo oggetto dell’intimazione rientrano tra quelle per cui la legge regionale dispone la proroga.

La corte di appello ha in effetti respinto l’indicato motivo di opposizione affermando che la proroga invocata dagli opponenti non era automatica ma avrebbe potuto operare esclusivamente in caso di accordo volontario delle parti del contratto di mutuo in tal senso (accordo che nella specie non risulterebbe mai intervenuto).

Ha ritenuto che questa fosse la corretta interpretazione, costituzionalmente orientata, della disposizione della legge regionale, anche per averla sostenuta la stessa Regione Sicilia nel giudizio di legittimità costituzionale della L.R. 23 dicembre 2000, n. 28, che aveva disposto una delle precedenti proroghe di analogo tenore e contenuto (giudizio peraltro definito con ordinanza dichiarativa della manifesta inammissibilità della questione: Corte Cost., Ordinanza n. 345 del 23 ottobre 2008).

I ricorrenti sostengono invece che la suddetta interpretazione non sarebbe compatibile con il tenore letterale della disposizione, che sancisce la diretta e automatica proroga delle scadenze dei contratti di mutuo agrario – al fine di agevolare la ripresa delle aziende agricole colpite dalla grave crisi di mercato avvenuta nel corso degli anni 2004 e 2005, garantendo ai mutuatari un più ampio margine di tempo per i relativi pagamenti – senza affatto condizionarla all’assenso degli enti o istituti creditori mutuanti o ad alcuna attività rimessa all’iniziativa ed alla discrezionalità delle parti.

1.2 L’interpretazione della disposizione regionale in esame involge una questione rilevante per la definizione della controversia, perchè in grado di dirimerla in sensi diametralmente opposti, in favore degli odierni ricorrenti o, al contrario, della loro controparte, in relazione all’effetto sulla legittimità del precetto, per temporanea inesigibilità del credito al momento della sua intimazione, intimato ai primi dalla seconda.

L’opzione interpretativa della corte di appello risulta effettivamente del tutto incompatibile con il suo tenore letterale, che si limita a disporre la proroga della scadenza delle rate dei mutui agrari, al fine di agevolare i mutuatari, senza affatto richiedere il consenso degli enti mutuanti e per di più impiegando il modo verbale indicativo che denota, come di consueto, la normalità e quindi la doverosità dell’azione prevista.

D’altra parte, neanche attraverso una interpretazione logica e sistematica costituzionalmente orientata è possibile intendere diversamente il disposto della norma in questione, specie nella assoluta mancanza di connesse provvidenze pubbliche o di altre forme di incentivazione o compensazione dell’invasione espressa della sfera di autonomia privata che si determina.

Considerato che la proroga delle scadenze delle rate di un contratto di mutuo è sempre possibile in base ad un accordo tra le parti, l’interpretazione operata dalla corte territoriale priverebbe la disposizione di qualsiasi effetto concreto e la renderebbe un mero invito alle parti dei contratti di mutuo ad esercitare facoltà agli stessi comunque spettanti; in tal modo essa sarebbe peraltro del tutto priva di senso e di pratica utilità, oltre a venir meno ai caratteri ordinari di imperatività propri di ogni norma e ad essa coessenziali; si tratterebbe, in sostanza, di una interpretazione totalmente abrogatrice.

Questa Corte ritiene che, al contrario, l’unica interpretazione possibile secondo il tenore letterale e la ratio desumibile dal testo normativo sia nel senso che la legge regionale abbia chiaramente inteso disporre una proroga automatica delle scadenze contrattuali dei mutui agrari in corso, ponendone peraltro l’onere economico a carico del beneficiario, che resta tenuto al pagamento degli interessi per il periodo di proroga, benchè ad un tasso espressamente indicato, ma imponendo tale esito al mutuante pure contro la sua volontà e comunque a prescindere da questa.

Conferma questa conclusione la circostanza che le proroghe delle scadenze delle passività agrarie disposte dalle leggi regionali siano state diverse e reiterate negli anni (prima della disposizione in esame erano state previste proroghe dalle seguenti L.R.: 28 settembre 1999, n. 22, art. 1; L.R. 23 dicembre 2000, n. 28, art. 1; L.R. 10 dicembre 2001 n. 21, art. 16; L.R. 26 marzo 2002, n. 2, art. 58; L.R. 16 aprile 2003, n. 4, art. 55; L.R. 28 dicembre 2004, n. 17, art. 64; ulteriori proroghe sono intervenute successivamente, anche se non assumono rilievo nella presente controversia).

In primo luogo, sarebbe del tutto illogica la reiterazione annuale di una serie di proroghe sostanzialmente prive di reali effetti concreti, in quanto costituenti meri bonari inviti alle parti a valutare se addivenire ad accordi che sarebbe in ogni caso nella loro facoltà stipulare anche senza nessuna disposizione normativa.

D’altra parte, proprio nell’ambito della successione delle suddette proroghe, emerge che quando il legislatore regionale ha inteso disporre che le stesse fossero rimesse alla volontà delle parti e non vincolanti, lo ha previsto espressamente: ed infatti, nella L.R. Siciliana 26 marzo 2002, n. 2, art. 58, comma 3, le originarie parole (riferite agli istituti di credito, con riguardo alle scadenze delle passività agrarie) “prorogano al 30 giugno 2003” sono state espressamente sostituite dalle parole “possono prorogare, con durata concordata tra le parti”, in virtù della L.R. 16 aprile 2003, n. 4, art. 55, comma 3.

Nè potrebbe ritenersi che solo le prime proroghe legislative fossero vincolanti, in quanto non vi è alcun motivo per ritenere che quella operata con la L.R. n. 19 del 2005, pur sorretta dalla medesima ratio di agevolazione delle imprese agricole e pur avendo identico tenore letterale, abbia un contenuto oggettivo radicalmente diverso dalle precedenti (ad eccezione di quella del 2002, che è stata espressamente modificata sul punto) e, a differenza di quelle, non costituisca un precetto imperativo, ma un mero invito alle parti a valutare la possibilità di una modifica consensuale delle condizioni contrattuali.

2. La questione dell’interpretazione della norma in esame mantiene la sua rilevanza, per attitudine a definire la specifica controversia in essere tra le parti, non essendo pregiudicata dagli esiti di una precedente sentenza intervenuta tra le medesime e basata su analoga questione. Al riguardo, non può ritenersi sussistere alcun giudicato esterno tra le parti in ordine alla piena operatività delle proroghe, in virtù della sentenza n. 1794/2013 della Corte di Appello di Palermo (confermata da Cass. 25512/2017), decisione in qualche modo evocata dai ricorrenti.

La sentenza di merito in questione, sebbene si affermi nel ricorso essere stata allegata allo stesso, in realtà non è presente nel fascicolo – nemmeno risultando in modo compiuto dai soli documenti di attestazione della sua effettiva presenza – e dunque è impossibile verificare il suo effettivo contenuto ed a maggior ragione l’articolazione delle ragioni poste a suo fondamento.

Per quanto è possibile desumere dagli atti, essa riguarderebbe la segnalazione della sofferenza dell’Azienda Agricola Foderà alla Centrale Rischi da parte del Banco di Sicilia, segnalazione che è stata ritenuta illegittima.

In effetti, la sentenza di merito – la quale, secondo parte ricorrente, affermerebbe che la proroga delle scadenze del mutuo aveva in concreto operato fino al 30 giugno 2007 – non è stata prodotta agli atti, mentre dalla sentenza di questa Corte che ha rigettato il ricorso avverso la stessa emerge esclusivamente che i giudici di merito avevano ritenuto sussistenti (tra l’altro) alcune proroghe derivanti da provvedimenti legislativi regionali, però senza indicazione di quali questi fossero stati e soprattutto senza indicazione del periodo per il quale esse avevano operato.

3. Accertato che la disposizione di legge regionale invocata dai ricorrenti non può essere interpretata in alcun altro senso se non in quello di prevedere effettivamente la automatica proroga della scadenza delle rate del mutuo il cui pagamento è oggetto dell’intimazione opposta e che, d’altra parte, non può ritenersi sussistere un giudicato esterno tra le parti sull’effettiva operatività in concreto della proroga stessa, va allora di ufficio rilevata una questione non manifestamente infondata in ordine alla sua legittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 3 Cost. e con le norme dello Statuto della Regione siciliana, aventi – com’è noto – rango costituzionale, di cui appresso, in quanto la norma in esame può sospettarsi di avere invaso materia di competenza mai devoluta alla speciale competenza legislativa della detta Regione.

La questione è rilevante ai fini della decisione e non manifestamente infondata, a giudizio di questa Corte.

3.1 Per quanto attiene alla rilevanza, si deve innanzi tutto ribadire che la proroga delle scadenze delle rate del mutuo oggetto della presente controversia sarebbe effettivamente operante nella fattispecie in esame, in base al dettato normativo, in quanto la disposizione della legge regionale invocata dagli opponenti deve ritenersi applicabile al rapporto contrattuale oggetto di causa, sotto ogni profilo.

Non è neanche oggetto di contestazione tra le parti, in effetti, che il mutuo di cui si discute rientri tra quelli oggetto della disposizione normativa regionale del 2005, per la sua natura, la sua tipologia nonchè per la localizzazione regionale del rapporto e delle parti: si tratta infatti di un mutuo per il consolidamento di passività di carattere agricolo concesso da un istituto regionale esercente il credito agrario in favore di una azienda agricola siciliana, le cui rate erano tutte scadute al 31 dicembre 2005.

Di conseguenza, in base alla L.R. Siciliana 22 dicembre 2005, n. 19, art. 20, comma 11, essendo le suddette scadenze prorogate di diciotto mesi (vale a dire fino al 30 giugno 2007) i crediti oggetto dell’intimazione opposta risulterebbero non esigibili alla data dell’intimazione stessa. Ciò comporterebbe l’accoglimento dell’opposizione, sotto il profilo in esame, con assorbimento degli altri motivi (dell’opposizione e dello stesso ricorso).

E’ appena il caso di osservare che non ha rilievo, in proposito, la circostanza che le proroghe in discussione possano risultare comunque successivamente scadute e, quindi, che l’esigibilità dei crediti azionati sia presumibilmente sopravvenuta.

Trattandosi di opposizione a precetto, atto prodromico all’esecuzione forzata, infatti, l’oggetto della controversia consiste nella verifica della validità del precetto stesso e, a tal fine, è necessario valutare la sussistenza del diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata nel momento in cui la stessa è minacciata, il che a sua volta presuppone che i crediti oggetto della pretesa risultino esigibili al momento dell’intimazione (o quanto meno al momento per il quale opera la minaccia di esecuzione, cioè nei dieci giorni successivi), mentre nessun rilievo potrebbe avere – ai fini della legittimità del precetto – la circostanza che il diritto di procedere ad esecuzione forzata possa essere successivamente venuto in essere (impregiudicata restando, ovviamente, la questione dell’esistenza dell’obbligazione sul piano sostanziale, a prescindere dalla sua azionabilità in via esecutiva in base al precetto opposto).

In definitiva, poichè la disposizione normativa regionale che dispone la proroga delle scadenze delle passività agrarie deve ritenersi concretamente applicabile alla fattispecie, l’opposizione al precetto avanzata dai ricorrenti dovrebbe ritenersi fondata, ed il primo motivo del loro ricorso dovrebbe trovare accoglimento (con assorbimento delle ulteriori questioni poste con gli altri motivi di ricorso, in relazione alla determinazione degli importi effettivamente dovuti, ciò anche perchè la proroga della scadenza delle rate del mutuo, al tasso indicato dalla legge, imporrebbe comunque differenti modalità di calcolo delle somme dovute dai mutuatari e quindi la necessità di rivedere funditus tutti quelli posti a base dell’opposto precetto), se tale disposizione fosse legittima.

Se invece la disposizione della legge regionale di proroga delle scadenze delle rate dei mutui agrari fosse costituzionalmente illegittima e non potesse di conseguenza applicarsi, allora il motivo di opposizione in esame risulterebbe infondato (sia pure per un motivo diverso da quello ritenuto dalla corte di appello) ed anche il primo motivo del ricorso non potrebbe trovare accoglimento.

E’ opportuno sottolineare che la rilevanza della questione non potrebbe essere superata sulla base dell’esame degli altri motivi di ricorso. Ciò non solo per la priorità logica del motivo di opposizione in esame (la cui fondatezza comporterebbe la ca-ducazione integrale del precetto, con assorbimento degli ulteriori motivi di opposizione, a prescindere dall’atteggiarsi del rapporto sostanziale), ma anche perchè una valutazione dei suddetti ulteriori motivi di opposizione porta a ritenere che essi (se anche non dovessero risultare assorbiti) non potrebbero trovare accoglimento e che, in ogni caso (cioè anche in caso di loro parziale accoglimento, con riguardo alla esatta determinazione della somma dovuta), non potrebbe mai giungersi a dichiarare la integrale nullità del mutuo e l’inesistenza di obbligazioni restitutorie dei mutuatari e/o comunque la integrale nullità dell’atto di precetto opposto, come invece avverrebbe nel caso in cui dovessero ritenersi non esigibili, in quanto non ancora scaduti alla data della minacciata esecuzione, i crediti oggetto dell’intimazione.

3.2 Per quanto riguarda la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, va osservato che le disposizioni invocate dai ricorrenti risultano incidere su rapporti di diritto privato, cioè su materia sottratta alla potestà legislativa della Regione Siciliana e, di conseguenza, violano l’art. 14, comma 1, lett. a), nonchè l’art. 17, comma 1, lettera e), dello Statuto della Regione Siciliana (approvato con R.D.L. 15 maggio 1946 n. 455, convertito in L.Cost. 26 febbraio 1948, n. 2, modificato dalle L.Cost., 23 febbraio 1972, n. 1, L.Cost., 12 aprile 1989, n. 3 e L.Cost. 31 gennaio 2001, n. 2), oltre che l’art. 3 Cost..

La giurisprudenza costituzionale, in proposito, ha già da moltissimi anni chiarito che “l’inclusione, nell’art. 14, lett. d, dello Statuto Siciliano, del divieto, per la Regione, di estendere ai rapporti di diritto privato la legiferazione statutariamente riconosciutale, in materia di industria e commercio, non importa che nelle altre materie rientranti nella sua competenza la Regione possa senz’altro legiferare nel campo dei rapporti di diritto privato, la cui disciplina attiene all’unità dell’ordinamento statale” (Corte Cost., Sentenza n. 72 del 1965) e che “la competenza della Regione siciliana in materia di agricoltura, ex art. 14, lett. a), St. spec., non giustifica una legge – come la L.R. n. 20 del 1969, in materia di enfiteusi – che in quasi tutte le sue disposizioni disciplina rapporti intersubiettivi di indubbia natura privatistica”, in quanto “la esclusiva appartenenza allo Stato – costantemente affermata, in linea di principio, nella giurisprudenza della Corte costituzionale – della potestà legislativa di diritto privato è del tutto inconciliabile con la competenza – sia pure settoriale, eccezionale e temporanea – che, riconosciuta anch’essa in passato, in numerose pronunce, nei riguardi di alcune regioni, nella suddetta materia, dovrebbe ora, generalizzandosi, ammettersi per tutte, con la conseguenza per cui, facendo della eccezione una regola, finirebbe col negarsi, in radice, il principio della competenza dello Stato” (Corte Cost., Sentenza n. 154 del 1972).

I medesimi principi sono alla base della dichiarazione di illegittimità costituzionale di altre norme regionali siciliane, come quelle della L.R. Siciliana 19 giugno 1991, n. 39, in materia di rapporti societari (cfr. Corte Cost., Sentenza n. 35 del 1992, in cui si chiarisce che “il limite del “diritto privato”, non consente alle norme regionali di regolare rapporti intersogget-tivi privati – come quelli interni alla struttura societaria – in modo difforme dalla disciplina generale di fonte statale”), quelle delle L.R. Siciliana 18 maggio 1996, n. 33, L.R. Siciliana 17 marzo 2000, n. 8, L.R. Siciliana 26 marzo 2002, n. 2, in materia di addetti agli uffici stampa degli enti locali (Corte Cost. Sentenza n. 189 del 2007, in cui si precisa che “il generale principio di diritto privato – fondato sull’esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati – secondo il quale il trattamento economico dei dipendenti pubblici il cui rapporto di lavoro è stato “privatizzato” deve essere disciplinato dalla contrattazione collettiva, si pone quale limite anche della potestà legislativa esclusiva che l’art. 14, lett. o), dello statuto di autonomia speciale attribuisce alla Regione Siciliana in materia di “regime degli enti locali””) o quelle della L.R. Siciliana 15 giugno 1988, n. 11, che aveva riconosciuto al personale dell’amministrazione regionale il diritto di percepire in via cumulativa interessi in misura legale e rivalutazione monetaria nel caso di tardiva corresponsione delle competenze economiche spettanti a titolo di stipendio o di pensione (Corte Cost., Sentenza n. 265 del 2013, in cui si precisa che “nell’attribuire il suddetto diritto al cumulo di interessi legali e rivalutazione monetaria, le censurate disposizioni, con un intervento precluso alla legge regionale, hanno disciplinato il profilo, prettamente civilistico, dell’adempimento di un particolare tipo di obbligazione pecuniaria e delle conseguenze del suo inadempimento, ed hanno così travalicato il limite del diritto privato, fondato sull’esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole che disciplinano i rapporti privatistici e, come tali, si impongono anche alle Regioni a statuto speciale”).

L’orientamento si è comunque ampiamente consolidato, con la costante affermazione generale (che si ritiene valida anche per le regioni a statuto speciale) secondo cui “l’ordinamento del diritto privato si pone quale limite alla legislazione regionale in quanto fondato sull’esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire nel territorio nazionale l’uniformità della disciplina dettata per i rapporti tra privati; il limite dell’ordinamento privato, quindi, identifica un’area riservata alla competenza esclusiva della legislazione statale e comprende i rapporti tradizionalmente oggetto di codificazione” (cfr., ex plurimis, le Sentenze della Corte Cost. n. 123 del 2010, n. 295 del 2009, n. 50 del 2005, n. 352 del 2001) onde, in particolare, per il legislatore regionale, sono inderogabili “le norme dettate dal codice civile per regolare l’esercizio dell’autonomia negoziale privata, sia che si tratti di norme imperative, sia che si tratti di norme destinate a regolare direttamente i rapporti tra soggetti in assenza di diversa volontà negoziale delle parti” e sono preclusi “interventi tesi ad incidere sulle regole civilistiche relative all’adempimento delle obbligazioni pecuniarie e alle conseguenze dell’inadempimento delle stesse” (cfr. Corte Cost., Sentenza n. 82 del 1998; cfr. altresì la Sentenza n. 506 del 1991, in cui si afferma espressamente che “le regioni, anche nelle materie nelle quali è ad esse riconosciuta competenza legislativa, non hanno il potere di modificare la disciplina dei diritti soggettivi per quanto riguarda i profili civilistici dei rapporti da cui derivano, cioè i modi di acquisto e di estinzione, i modi di accertamento, le regole sull’adempimento delle obbligazioni e della responsabilità per inadempimento; come già affermato e ribadito dalla Corte, infatti, la regolamentazione di siffatti rapporti, per le esigenze di unità e di uguaglianza che vi sottostanno, appartiene alla competenza istituzionale dello Stato”).

Tali conclusioni portano ad escludere – così esaminandosi anche l’argomento che concorse a fondare la declaratoria di manifesta inammissibilità di analoga norma di cui all’ordinanza della Corte Cost. n. 345 del 2008 – che lo Statuto siciliano possa interpretarsi nel senso della devoluzione alla Regione siciliana di una competenza legislativa esclusiva anche nei rapporti tra privati nella materia dell’agricoltura e foreste – di cui alla lett. a) dell’art. 14 – a differenza che in quella dell’industria e commercio – di cui alla lett. d) dello stesso articolo – in carenza di una disposizione normativa chiara ed univoca in tal senso nella prima fattispecie e per espressa esclusione nella seconda (“salva la disciplina dei rapporti privati”, evidentemente espressione di un principio generale dell’ordinamento, che solo stavolta si è reputato necessario esplicitamente ribadire). Del resto, espressamente nel senso di escludere ogni rilievo alla differente formulazione delle due disposizioni appena citate, in quanto il limite dei rapporti di diritto provato sussiste in tutte le materie in cui la Regione siciliana può espletare attività legislativa, si è già pronunciata la stessa Corte costituzionale (cfr. Corte Cost., Sentenza n. 72 del 1965, più sopra richiamata).

Orbene, pare alla Corte che la disposizione di cui alla L.R. Siciliana 22 dicembre 2005, n. 19, art. 20, comma 11, nell’imporre agli istituti di credito agrario una proroga della scadenza di tutte le passività agrarie in favore delle aziende agricole siciliane, quindi anche delle rate dei mutui agrari già scadute, peraltro ad un tasso di interesse predeterminato per tutta la durata della proroga, regoli rapporti intersoggettivi di indubbia natura privatistica in modo difforme dalla disciplina generale di fonte statale (artt. 1813 e ss. c.c., in particolare artt. 1816 e 1819 c.c.) ed incida sulle regole civilistiche relative all’adempimento delle obbligazioni pecuniarie e alle conseguenze dell’inadempimento delle stesse, in tal modo legiferando in un’area riservata alla competenza esclusiva dello Stato e travalicando il limite dell’ordinamento del diritto privato, fondato sull’esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole che disciplinano i rapporti privatistici, limite che si impone anche alle Regioni a statuto speciale.

Risultano dunque violati i limiti connaturati agli stessi precetti costituzionali di cui all’art. 14, comma 1, lett. a), nonchè all’art. 17, comma 1, lett. e), dello Statuto della Regione Siciliana, oltre che l’art. 3 Cost..

4. Consegue da quanto sin qui osservato che deve ritenersi rilevante nel presente giudizio e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 11, della L.R. Siciliana 22 dicembre 2005, n. 19, nella parte in cui prevede che “gli istituti ed enti esercenti il Credito agrario prorogano di diciotto mesi le passività di carattere agricolo scadute o che andranno a scadere entro il 31 dicembre 2005”, per contrasto con l’art. 14, comma 1, lett. a), art. 17, comma 1, lettera e), dello Statuto della Regione Siciliana, e con l’art. 3 Cost..

Si impone, pertanto, ai sensi della L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23, la sospensione del presente giudizio con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

P.Q.M.

La Corte:

vista la L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23:

– dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della L.R. Siciliana 22 dicembre 2005, n. 19, art. 20, comma 11, nella parte in cui prevede che “gli istituti ed enti esercenti il Credito agrario prorogano di diciotto mesi le passività di carattere agricolo scadute o che andranno a scadere entro il 31 dicembre 2005”, per contrasto con gli art. 14, comma 1, lett. a), art. 17, comma 1, lett. e), dello Statuto della Regione Siciliana, e con l’art. 3 Cost.;

– sospende il giudizio in corso e ordina l’immediata trasmissione degli atti, a cura della cancelleria, alla Corte costituzionale;

– ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Procuratore generale presso questa Corte e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonchè comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento;

– dispone trasmettersi gli atti, comprensivi della documentazione sul perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2019

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