LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5571-2018 proposto da:
N.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PASQUALE BALDASSARRE e dall’avv. ORESTE ROCCO;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO ***** SRL, in persona dei Curatori, legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PARAGUAY 5, presso lo studio dell’avvocato ROSARIO SICILIANO, rappresentato e difeso dall’avvocato MAURIZIO RUMOLO;
– controricorrente –
avverso il decreto n. R.G. 11351/2017 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 05/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’11/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA PONTERIO.
RILEVATO
CHE:
1. con D. 5 gennaio 2018, n. 11, il Tribunale di Napoli ha respinto l’opposizione proposta da N.S. allo stato passivo del fallimento della società “*****” Srl, in ordine alla domanda di insinuazione del credito di Euro 46.828,02, per TFR e competenze di fine rapporto;
2. il Tribunale ha ritenuto insussistente il credito del lavoratore sul rilievo che il prospetto paga del febbraio 2015, comprensivo di tutte le voci retributive oggetto della domanda di insinuazione al passivo, recasse la sottoscrizione del lavoratore sotto la dicitura “per ricevuta/quietanza”; ha giudicato inammissibile e irrilevante la prova testimoniale richiesta dal lavoratore in quanto verteva genericamente su circostanze volte a negare il pagamento ma non a superare l’efficacia probatoria riconducibile alla sottoscrizione per quietanza della busta paga;
3. avverso il decreto ha proposto ricorso N.S., articolato in un unico motivo, cui ha opposto difese il fallimento della società “*****” Srl con controricorso;
4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
CHE:
5. con l’unico motivo la parte ricorrente ha dedotto violazione ed errata applicazione della L. n. 4 del 1953, art. 1, degli artt. 1325,1362 e ss. c.c., artt. 2727 e 2735 c.c., nonchè degli artt. 116 e 421 c.p.c., per avere la sentenza erroneamente attribuito valore di quietanza di pagamento alla sottoscrizione in calce al prospetto paga di febbraio 2015 (di cui ha indicato la collocazione negli atti processuali); ha sottolineato che tale sottoscrizione era apposta non già sotto la dicitura “ricevuta/quietanza”, bensì nel riquadro recante la voce “comunicazioni”, e che pertanto la stessa non potesse considerarsi significativa di una dichiarazione confessoria del pagamento, potendo costituire prova soltanto della consegna al lavoratore del documento; ha aggiunto che, comunque, anche l’apposizione della firma per quietanza, nella specie mancante, non costituiva prova del pagamento, trattandosi pur sempre di una dichiarazione di scienza priva di effetto negoziale la cui portata andava valutata caso per caso;
6. il motivo di ricorso è inammissibile;
7. questa Corte ha più volte ribadito che il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perchè la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità, (cfr. Cass. 18782 del 2005; n. 195 del 2016; n. 23847 del 2017; n. 6035 del 2018);
8. nel caso in esame, il giudice di merito ha accertato la natura di “quietanza” della firma apposta dal lavoratore in calce alla busta paga, non equiparabile alla mera sottoscrizione “per ricevuta” delle buste paga (Cass. 24 giugno 2016, n. 13150; Cass. 12 luglio 2002, n. 10193), avendo la quietanza, rilasciata dal creditore al debitore all’atto del pagamento, ancorchè non la natura di confessione stragiudiziale sul fatto estintivo dell’obbligazione secondo la previsione dell’art. 2735 c.c. (per il vincolo del giudice in ordine alla verità del fatto stesso soltanto nella controversia in cui siano parti, anche in senso processuale, gli stessi soggetti rispettivamente autore e destinatario di quella dichiarazione), pur sempre il valore di un documento probatorio dell’avvenuto pagamento, apprezzabile dal giudice al pari di qualsiasi altra prova desumibile dal processo (Cass. n. 4444 del 2017; n. 21258 del 2014; n. 4288 del 2005);
9. la critica mossa col motivo di ricorso in esame, articolata anche attraverso la generica denuncia di violazione dei canoni ermeneutici, appare finalizzata ad ottenere una differente lettura del documento e l’attribuzione alla firma apposta in calce alla busta paga (peraltro non allegata nè riprodotta nel ricorso per cassazione) di un significato diverso da quello che il giudice d’appello, nell’ambito di un esame ad esso riservato, ha invece individuato;
10. essa, pertanto, non deduce un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge, quanto piuttosto l’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerente alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 4 aprile 2013, n. 8315), nei ristretti limiti ora previsti dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis;
11. per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile;
12. la regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo;
13. sussistono i presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2019
Codice Civile > Articolo 1325 - Indicazione dei requisiti | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1362 - Intenzione dei contraenti | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2727 - Nozione | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2735 - Confessione stragiudiziale | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 116 - Valutazione delle prove | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 421 - Poteri istruttori del giudice | Codice Procedura Civile