Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32169 del 10/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8333-2018 proposto da:

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA GIOVINE ITALIA 7, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO CARNEVALI, rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO ACCARDI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 426/1/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’UMBRIA, depositata il 15/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE M.F., esercente la professione di medico di base, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro l’Agenzia delle entrate impugnando la sentenza resa dalla CTR Umbria indicata in epigrafe che, rigettando l’appello proposto, ha confermato l’infondatezza del ricorso contro il diniego di rimborso dell’IRAP corrisposta negli anni dal 2010 al 2013. Secondo la CTR l’esistenza di spese per compensi a lavoratore dipendente erano indicative dell’esistenza di un’autonoma organizzazione, non avendo il contribuente dimostrato che si fosse trattato della remunerazione di un solo dipendente con mansioni meramente esecutive e non di un’infermiera o di altro professionista. Aggiungeva che anche l’utilizzazione di una struttura polifunzionale costituiva un ulteriore sintomo di organizzazione di uomini e mezzi.

L’Agenzia delle entrate si costituiva con controricorso.

Con il primo motivo si deduce la violazione della L. n. 662 del 1995, artt. 2 e 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 8,27,36, nonchè la violazione dell’art. 132 c.p.c.. Secondo il ricorrente la CTR avrebbe omesso di pronunziarsi sul primo motivo di appello, correlato alla natura parasubordinata dell’attività svolta dallo stesso, idonea ad escludere l’assoggettabilità ad IRAP.

Il motivo, pur cogliendo correttamente l’omessa pronunzia del giudice di appello sulla questione indicata nella censura è infondato nel merito, alla stregua dei principi più volte affermati da questa Corte, secondo i quali è consolidata la configurazione del rapporto del medico convenzionato con il SSN come un rapporto di lavoro autonomo parasubordinato (Cass. n. 3674/2007; Cass. n. 11372/2007; Cass. n. 111762 del 20 maggio 2009; Cass. n. 21954/2010) e, quindi, astrattamente assoggettabile ad IRAP – cfr. Cass. n. 23808/2017 -. Sicchè la diversa prospettiva dalla quale muove il ricorrente non può essere in alcun modo condivisa.

Con la seconda censura si deduce la violazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 144, nonchè del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 8, 27, 36, del D.P.R. n. 270 del 2000, e art. 2697 c.c., nonchè dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. La CTR non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali resi da questa Corte in tema di autonoma organizzazione, avendo peraltro esaminato in modo insufficiente la documentazione prodotta, dalla quale non emergeva l’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente, ma semmai i compensi erogati ad una struttura polifunzionale, non avendo il ricorrente mai intrattenuto un rapporto di lavoro con personale con funzioni non esecutive. La CTR avrebbe poi valorizzato erroneamente lo svolgimento di attività nella struttura polifunzionale.

Il motivo è inammissibile quanto alla censura esposta sotto il profilo dell’omesso esame di fatti decisivi e controversi per il giudizio. Ed invero, nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5, (applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, (nel testo riformulato dal D.L. n. 83 cit., art. 54, comma 3, ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse – cfr. Cass. n. 26774/2016 -.

Orbene, risulta dallo stesso ricorso che la CTP rigettò il ricorso in relazione alla riscontrata esistenza di rapporti di lavoro dipendente fra il medico e terzi, circostanza confermata dalla CTR che, in motivazione, diede peraltro atto della mancata prova della natura meramente esecutiva delle prestazioni svolte dal lavoratore. Tanto è sufficiente per escludere la possibilità di esaminare la censura che nemmeno sembra risolversi in un dedotto travisamento dei fatti, secondo quanto chiarito da Cass. n. 28174/2018.

Le censure sono per il resto infondate.

Ed invero, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 9451/16, hanno statuito, con riguardo al presupposto dell’IRAP, il seguente principio di diritto: “il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2 -, il cui accertamento è rimesso al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”.

A tale principio risulta essersi ispirato il giudice di merito nel valorizzare l’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente del quale, secondo la CTR, il contribuente si è comunque avvalso.

D’altra parte, i costi sostenuti per la partecipazione ad uno studio polifunzionale sono stati correttamente ritenuti incidenti sul requisito dell’autonoma organizzazione potendo il professionista, avvalendosi del detto studio impiegare beni strumentali globalmente eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività sanitaria superando quella soglia minima richiesta dalla normativa convenzionale (D.P.R. n. 270 del 2000, art. 22), e poi indicata dalle Sezioni Unite per l’esonero dalla imposizione fiscale ai fini dell’IRAP (cfr. Cass. n. 1871/2017, Cass. n. 23838/16, n. 17569/16, n. 17742/16, n. 19011/16; v. n. 22852/16, n. 22103/16), peraltro rappresentando i costi sostenuti per strutture polifunzionali un’eccedenza rispetto al “minimo indispensabile” all’esercizio dell’attività professionale, indicato dalla giurisprudenza sopra citata per escludere la sussistenza di un’autonoma organizzazione – cfr. Cass. n. 3963/2017-.

Sulla base delle superiori considerazioni il ricorso va rigettato.

Ricorrono giusti motivi in relazione al recente consolidamento della giurisprudenza sui temi qui esaminati, per compensare le spese del giudizio, dando atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in Euro 1.000,00 per compensi, oltre spese generali pari al 15%.

Dà atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2019

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