Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32178 del 10/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 30793-2018 R.G. proposto da:

M.S., A.G., C.M.M., C.E.M., IVLAC DI C.M.M. & C. SAS, in persona del Socio Accomandatario pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO DEMARTINI;

– ricorrenti –

contro

C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati ANTONIO BISIGNANI, TOMASO GALLETTO;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 03/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. STANISLAO DE MATTEIS, che chiede che la Corte, riunita in camera di consiglio, dichiari inammissibile il regolamento di competenza. Conseguenze di legge.

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE Innanzi alla Corte di appello di Genova, sezione terza, pende il procedimento n. R.G. n. 1578/2012 in seguito all’impugnazione proposta da C.G. avverso la sentenza del Tribunale di Genova n. 1570/2011 del 19.4.2011 con la quale erano stati definiti i giudizi n. 14165/04 – ove si controverteva del riconoscimento di diritti ereditari reclamati da C.G. in relazione al prospettato carattere simulato degli atti di trasferimenti della proprietà degli immobili di C.A. e D.M.O. alla società IVLAC sas ed all’esistenza di donazioni indirette di somme di denaro in favore di C.M. e C.E. – e 3974/05 – promosso da C.M. e C.E. nei confronti della sorella C.G. relativo alla prospettata illegittimità del recesso della convenuta dall’associazione in partecipazione nella Farmacia Centrale, con richiesta di risarcimento dei danni – a suo tempo riuniti innanzi al giudice di primo grado.

Nel medesimo giudizio di appello erano state proposte impugnazioni incidentali da C.M.M., C.E.M., M.S., A.G. e la Ivlac sas di C.M.M. & C..

Con sentenza parziale non definitiva n. 1397/15, pubblicata il 18 dicembre 2015, la Corte di appello di Genova dispose la separazione della causa avente ad oggetto il secondo motivo di appello incidentale proposto da C.M.M., C.E.M. e dalla Ivlac sas di C.M.M. & C., concernente la declaratoria di simulazione degli atti inerenti l’acquisto di un appartamento sito in *****, dalla causa avente ad oggetto gli altri motivi di appello incidentale e dall’appello principale proposti rispettivamente da C.M.M. e C.E. e da C.G..

Con tale pronunzia la Corte dichiarò la nullità della statuizione pronunziata in primo grado per violazione del principio del contraddittorio, rimettendo le parti davanti al giudice di primo grado, disponendo con separata contestuale ordinanza la sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c., dell’altra parte del processo, in attesa della definizione del procedimento relativo al secondo motivo di appello incidentale, rimesso al Tribunale di Genova.

Il Tribunale di Genova, in seguito alla riassunzione di quel giudizio definì la controversia con sentenza n. 544/2018, rigettando le domande di C.G..

Tale pronunzia venne impugnata dalla C.G. innanzi alla Corte di appello di Genova (proc. R.G. n. 581/2018).

Si costituivano in tale procedimento C.M.M., C.E.M., M.S., A.G. e la Ivlac sa di C.M.M. & C., chiedendo il rigetto dell’appello e contestualmente la riunione dello stesso procedimento a quello pendente innanzi alla Corte di appello, a suo tempo sospeso ai sensi dell’art. 295 c.p.c., con ordinanza del 18 dicembre 2015. C.M.M., C.E.M., M.S., A.G. e la Ivlac sa di C.M.M. & C., con separato ricorso depositato il 21 giugno 2018 chiesero, ancora, la riassunzione della causa sospesa n. R.G. n. 1578/2012, anche al fine di riunirlo con il procedimento pendente innanzi alla stessa Corte di appello in seguito alla proposizione dell’appello proposto con il ricorso del 21 giugno 2018.

La Corte di appello fissava l’udienza del 13.9.2018 per la prosecuzione del giudizio nel medesimo giorno in cui sarebbe stata chiamata la causa relativa all’appello proposto nel proc. n. R.G. 351/2018.

In precedenza, peraltro C.M.M., C.E.M., M.S., A.G. e la Ivlac sa di C.M.M. & C., avevano chiesto altresì la revoca dell’ordinanza di sospensione ex art. 295 c.p.c., nel procedimento R.G. n. 1578/2012 con istanza del 13.2.2017, dichiarata inammissibile dalla Corte di appello con ordinanza del 14.4.2017, in relazione alla ritenuta non revocabilità del provvedimento di sospensione del processo da parte del giudice che l’ha pronunziato, risultando lo stesso impugnabile unicamente con regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c..

La Corte di appello di Genova, con ordinanza del 26.9.2018, depositata il 3.10.2018, dichiarò inammissibile la proposta riassunzione della causa R.G. n. 1578/2012, confermando la già disposta sospensione in mancanza di una decisione passata in giudicato e rigettando l’istanza di riunione.

C.M.M., C.E.M., M.S., A.G. e la Ivlac sa di C.M.M. & C. hanno proposto regolamento di competenza innanzi a questa Corte contro la ricordata ordinanza pronunziata dalla Corte di appello di Genova, depositata il 3.10.2018 affidato ad un motivo.

C.G. si è costituita con memoria, sostenendo tra l’altro l’inammissibilità del regolamento di competenza per tardività una volta che non era stato impugnato con il medesimo mezzo l’originario provvedimento che aveva disposto la sospensione del processo di appello del 18.12.2015. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del regolamento di competenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti deducono che la Corte di appello avrebbe violato gli artt. 42,47 e 295 c.p.c., poichè nel disporre formalmente la riassunzione della causa, avrebbe di fatto altresì revocato il precedente provvedimento di sospensione a suo tempo adottato ai sensi dell’art. 295 c.p.c., fissando l’udienza per la prosecuzione del giudizio. Secondo i ricorrenti la Corte di appello, nel fissare l’udienza di riassunzione, in seguito alla proposizione della riassunzione, avrebbe inizialmente disposto la riassunzione del processo in modo rituale e di fatto revocato il procedente provvedimento di sospensione del processo a suo tempo adottato ai sensi dell’art. 295 c.p.c.. Tale provvedimento di sostanziale revoca della sospensione dovrebbe ritenersi atto definitivo, impugnabile unicamente con regolamento necessario di competenza ai sensi degli artt. 42 e 47 c.p.c.. Da qui dovrebbe derivare l’illegittimità del successivo provvedimento di revoca del precedente provvedimento di revoca della sospensione disposto dalla Corte di appello.

Con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 295,297,337 c.p.c., comma 2, e degli artt. 3,24,111 Cost.. La Corte di appello di Genova, ritenendo di non potere disporre la revoca della sospensione del processo, avrebbe errato nel ritenere necessario il passaggio in giudicato della decisione della causa separata e a suo tempo trasmessa in primo grado, poichè nell’originario provvedimento adottato ai sensi dell’art. 295 c.p.c., si era unicamente disposta la sospensione in attesa della definizione del procedimento. La ricorrente rammenta che secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, quando tra due giudizi esiste un rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante è stato definito con sentenza non passata in giudicato, il giudizio pregiudicato può essere sospeso ex art. 337 c.p.c., comma 2, e non deve esserlo ai sensi dell’art. 295 c.p.c.. Sicchè la decisione adottata dalla Corte di appello sarebbe stata erronea, avendo disposto nuovamente la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c.. Peraltro, vertendosi in materia di cause connesse, la Corte di appello avrebbe dovuto disporre la trasmissione del procedimento al capo dell’ufficio per i provvedimenti di sua competenza alla stregua di quanto previsto dagli artt. 273 e 274 c.p.c., potendo tale questione essere sindacata anche d’ufficio in sede di regolamento di competenza dalla corte di Cassazione.

I due motivi meritano un esame congiunto e sono entrambi inammissibili.

Questa Corte è ferma nel ritenere che il provvedimento di sospensione del processo, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., pur avendo la forma dell’ordinanza, non è revocabile dal giudice che lo ha pronunciato, poichè tale revocabilità confliggerebbe con la previsione della sua impugnabilità mediante regolamento necessario di competenza. Ne consegue che, ove la parte, anzichè proporre il regolamento nel termine previsto dall’art. 47 c.p.c., comma 2, abbia presentato istanza di revoca dell’ordinanza di sospensione al giudice che l’aveva emanata e questi abbia emesso un provvedimento meramente confermativo di quello precedente, la mancata impugnazione della prima ordinanza determina l’inammissibilità del regolamento proposto avverso il secondo provvedimento, risultando altrimenti eluso – mediante l’inammissibile proposizione di un’istanza di revoca – il termine perentorio previsto dalla norma – cfr. Cass. n. 17129/2015, Cass. n. 18685/2009, Cass. n. 8748/2004 -.

Del resto, questa Corte ha altresì sottolineato che l’art. 42 c.p.c., là dove estende l’impugnazione con il regolamento di competenza ai provvedimenti, aventi natura ordinatoria, che dichiarano la sospensione del processo ai sensi dell’art. 295 c.p.c., è norma di stretta interpretazione, la cui portata non può essere estesa fino a ritenere detto rimedio esperibile avverso il diverso provvedimento, che sia meramente confermativo di una precedente sospensione non tempestivamente impugnata, non potendo esso produrre l’effetto di riaprire il termine perentorio di trenta giorni per proporre il regolamento – cfr. Cass. n. 17747/2013 -.

Sulla base di tali principi, che possono ritenersi consolidati – non potendosi ritenere inficiati da quanto affermato nè da Cass. n. 27958/2013 (riferentesi alla diversa ipotesi di proposizione dell’istanza di riassunzione proposta nell’ambito di un procedimento divenuto definitivo con sentenza passata in giudicato, qui pacificamente non ricorrente) nè da Cass. S.U. n. 10027/2012, relativa ad una decisione di merito che dispose la sospensione del procedimento in vicenda non sovrapponibile a quella odierna nella quale vi era stata, a monte, altra decisione sospensiva e non si ponevano, dunque, i problemi relativi all’ammissibilità del regolamento di competenza qui esaminati – i ricorrenti intendono sottoporre a regolamento di competenza un provvedimento meramente confermativo della decisione di sospensione adottata con ordinanza non impugnata nei termini con regolamento necessario di competenza. Il che rende la proposizione del presente regolamento inammissibile sotto qualunque dei profili prospettati nei due motivi di ricorso.

Nè può accedersi alla tesi che il provvedimento di fissazione dell’udienza in seguito all’istanza di riassunzione emesso dalla Corte di appello di Genova il 25.6.2018 abbia integrato una implicita revoca del provvedimento di sospensione, essendosi la Corte limitata a fissare l’udienza per l’adozione dei provvedimenti poi emessi con ordinanza a scioglimento della riserva adottata all’udienza del 13.9.2018 senza disporre in alcun modo la revoca della sospensione a suo tempo pronunziata con ordinanza del 18.12.2015.

Sulla base delle superiori considerazioni, assorbenti rispetto alle prospettazioni difensive espose dai ricorrenti anche in memoria, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, a decorrere dall’1.1.2013), si dà atto altresì della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dei resistenti costituiti in Euro 5000,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% dei compensi.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, a decorrere dall’1.1.2013), si dà atto altresì della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2019

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