Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.32187 del 10/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 6871/2018 R.G. proposto da:

Agenzia delle dogane, in persona del direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

D.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Salvatore Abate, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Giunio Rizzelli, in Roma, via Paraguay n. 5;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia n. 2592/2017, Sez. staccata di Lecce, depositata il 5 settembre 2017.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’11 giugno 2019 dal Cons. Dott. Leuzzi Salvatore;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Sorrentino Federico, che ha concluso per il rinvio per trattazione congiunta con il ricorso n. 27301/2017, chiedendo l’accoglimento del ricorso;

udito l’avvocato dello Stato Anna Collabolletta.

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza n. 2592/2017, depositata il 5 settembre 2017, la CTR della Puglia accoglieva l’appello del contribuente avverso la sentenza della CTP di Lecce che ne aveva respinto il ricorso nei confronti della cartella di pagamento – pedissequa all’avviso di accertamento prot. 2010-3117 del 3 febbraio 2010 – volta al recupero di accisa evasa per un importo di Euro 1.415.476,00.

1.1. L’Agenzia delle dogane ha affidato il proprio ricorso per cassazione a sei motivi;

1.2. D.G. ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 3, comma 4, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 3, del D.M. n. 321 del 1999, della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 3, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 e della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, per avere la CTR accolto le censure del D. tese a far constare la circostanza dell’indicazione nella cartella di pagamento di un anno di riferimento (2008) rispetto al triennio contemplato nell’avviso di pagamento (2006-2008) e la non corrispondenza tra gli importi indicati nella cartella e nell’avviso, ritenendo su tale base la nullità della cartella.

2. Con il secondo mezzo, la ricorrente si duole della nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, u.c., e art. 68, comma 2, nonchè dell’art. 295 c.p.c., in combinato disposto con il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, per avere la CTR accolto il motivo d’appello in cui il D. riproponeva le medesime argomentazioni già esposte nella distinta impugnazione dell’avviso di pagamento, anzichè valorizzare vizi propri della cartella di pagamento.

3. Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 2, commi 3 e 4, e art. 40, comma 1, lett. c), nonchè della Direttiva n. 2008/118/CE, per essersi, tra l’altro, la CTR posta in contrasto con i principi sanciti dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 219 del 25 febbraio 1988 e con i principi espressi dalla giurisprudenza nomofilattica.

4. Con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, degli artt. 112 e 115 c.p.c., per avere la CTR posto a base della decisione “fatti e questioni non dedotti dalle parti”.

5. Con il quinto motivo di censura, la ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, degli artt. 444 e 654c.p.p. nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la CTR acriticamente richiamato la sentenza del Tribunale di Lecce n. 113/2010 e la sentenza della medesima CTR della Puglia n. 1820/2017, resa in altro procedimento riguardante l’avviso di pagamento costituente atto presupposto della cartella di pagamento su cui insiste controversia nel presente giudizio.

6. Con il sesto motivo di ricorso, la ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 7, nonchè la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 3, comma 1, e art. 21, comma 2 e degli artt. 2727 e 2729 c.c., per avere la CTR inteso “affermare la necessità di prove certe, negando così l’applicabilità delle presunzioni in materia tributaria”.

7. Va preliminarmente disattesa l’istanza di riunione – svolta dalla ricorrente e dalla controricorrente – tra il ricorso in esame e quello contrassegnato dal n. 27301 del 2017 relativo all’atto impositivo presupposto: non sussistono profili di interdipendenza tra i medesimi suscettibili di determinare un contrasto di giudicati. Ed invero, come evidenziato da questa Corte, con orientamento condivisibile cui è d’uopo dare continuità, “in tema di contenzioso tributario, l’esito favorevole del giudizio promosso dal contribuente avverso l’atto impositivo presupposto (nella specie, l’avviso di pagamento prot. 2010/3117) integra un fatto estintivo della pretesa tributaria necessariamente destinato a ripercuotersi sull’iscrizione a ruolo, che resta priva di titolo, e sulla cartella di pagamento, che viene a mancare dell’obbligazione: ciò anche qualora su tali atti dipendenti sia intervenuto, in senso sfavorevole al contribuente, il giudicato, travolto in virtù dell’effetto espansivo esterno di cui all’art. 336 c.p.c.” (Cass. n. 718 del 2017).

8. Il primo motivo è fondato e merita accoglimento per quanto di ragione.

9. Nel caso che occupa, la CTR ha ritenuto la nullità della cartella di pagamento sul presupposto di una riscontrata discrasia fra il periodo di riferimento del credito tributario in essa indicato (2008) e quello segnalato nell’avviso di accertamento (triennio 2006-2008).

10. Osserva, tuttavia, il Collegio che la cartella esattoriale, che faccia rinvio in motivazione ad altro atto costituente il presupposto dell’imposizione senza indicarne i relativi estremi in modo esatto, non è suscettibile d’essere travolta da una dichiarazione di nullità, allorchè essa sia stata impugnata dal contribuente, il quale abbia dimostrato, come nella specie, di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per averli puntualmente contestati, ricorrendo, infatti, un’effettiva limitazione del diritto di difesa soltanto qualora il contribuente non sia stato posto in grado di conoscere le ragioni dell’intimazione di pagamento ricevuta e abbia allegato il pregiudizio patito effettivamente (Cass. n. 9778 del 2017).

11. Nel caso che occupa l’avvenuta notificazione al contribuente dell’avviso di accertamento che assurge ad atto presupposto della cartella di pagamento e la sua avvenuta impugnazione da parte del contribuente evidenzia in re ipsa la contezza in capo a costui degli esatti termini dei presupposti dell’imposizione, per averli egli stesso puntualmente contestati. Ciò è idoneo ad escludere che la diversità dell’indicazione cronologica riportata in cartella rispetto a quella segnalata nell’avviso sia stata realmente idonea ad incidere sul diritto di difesa. Non può ravvisarsi, in tal senso, un vizio di nullità nell’atto impositivo vincolato, che espressamente indichi l’anteriore avviso di accertamento già notificato all’intimato ed in relazione al quale sia pendente contenzioso (v. in tema Cass. n. 2373 del 2013; Cass. n. 9778 del 2017).

12. Anche il secondo motivo è fondato e va accolto.

13. Il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, dopo aver incluso, alla lett. d) del suo comma 1, la “cartella di pagamento” tra gli atti autonomamente impugnabili innanzi al giudice tributario, con la seconda proposizione del suo comma 3 dispone testualmente che “ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri”. In forza di quest’ultima disposizione, la cartella di pagamento, quando (come nel caso di specie) faccia seguito ad un avviso di accertamento, si esaurisce in una intimazione di pagamento della somma dovuta in base all’avviso e non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo (v. Cass. n. 5105 del 2001), per cui essa resta sindacabile innanzi al giudice solo per vizi propri, con esclusione, quindi, di qualsiasi questione attinente all’accertamento. In altri termini, nel processo tributario, la cartella di pagamento può essere impugnata solo per vizi che direttamente la attingano, non per quelli che afferiscono all’accertamento fiscale, salvo che il contribuente non sia venuto a conoscenza della pretesa impositiva solo con la notificazione della cartella predetta (Cass. n. 4818 del 2015), circostanza quest’ultima che è esclusa dalla avvenuta reiterazione – di cui la sentenza d’appello dà atto – del motivo di gravame nella presente sede, dopo la sua deduzione nel giudizio relativo all’atto impositivo presupposto.

14. Il motivo di censura attiene, in tal senso, all’accertamento fiscale, sotto il profilo della titolarità di soggetto passivo d’imposta della contribuente, e la cartella di pagamento consegue ad avviso di accertamento, come accertato dal giudice di merito, sicchè la CTR, contravvenendo all’evidenza del dato normativo di cui all’art. 19 su richiamato, anzichè sanzionare d’inammissibilità il motivo di censura del contribuente volto a far rilevare la propria insuscettibilità ad essere “considerato soggetto passivo d’imposta”, ha ritenuto di accoglierlo facendo rimando a quanto “indicato nella precedente decisione sull’avviso di pagamento, già richiamata (n. 1820/2017)”. La censura è stata, pertanto, positivamente scrutinata in rapporto all’atto pedissequo e vincolato (la cartella), ancorchè fosse stata già vagliata con riferimento all’atto presupposto (l’avviso di accertamento).

15.11 ricorso va, in definitiva, accolto con riferimento al primo e al secondo motivo di censura, assorbiti gli altri; la sentenza dev’essere, pertanto, cassata, con rimessione della causa alla CTR della Puglia per un nuovo esame e per la regolazione delle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti; rinvia la causa alla CTR della Puglia, in diversa composizione, per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 11 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 10 dicembre 2019

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