Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.32432 del 11/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29783-2018 proposto da:

P.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato TRUCCO LORENZO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1397/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 27/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. NAZZICONE LOREDANA.

RILEVATO

– che viene proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino n. 1397 del 27.7.2018 reiettiva del ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale, a sua volta reiettiva dell’impugnazione promossa avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che non svolge difese il Ministero intimato;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex- art. 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO

– che il primo motivo di ricorso deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per non avere la corte di merito disposto l’audizione dell’odierno ricorrente e per non aver concesso a quest’ultimo la protezione sussidiaria pur in presenza dei presupposti per il suo riconoscimento;

– che il secondo motivo lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, nonchè dell’art. 10 Cost., per avere il giudice di merito ritenuto non idoneo a fondare il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari il procedimento di integrazione intrapreso dall’odierno ricorrente nel territorio italiano;

– che il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto, da un lato, volto ad un riesame del merito precluso a questa Corte; dall’altro, manifestamente infondato ed in contraddizione con i principi elaborati in questa sede;

– che, infatti, la congrua motivazione del provvedimento impugnato ha esaminato la situazione esposta dal richiedente, cittadino ghanese, ritenendo il suo racconto – secondo il quale egli sarebbe fuggito dal suo paese d’origine per evitare una condanna per omicidio – scarsamente credibile e contraddittorio, nonchè comunque, non idoneo a rivelare la sussistenza dei presupposti previsti per la concessione della protezione;

– che, invero, la motivazione del provvedimento impugnato si è trattenuta sulle condizioni generali della regione di provenienza del ricorrente, ribadendo come non si tratti di territorio dove il livello di violenza è tale per cui un civile è esposto ad un rischio grave indipendentemente da qualsiasi coinvolgimento differenziato e statuendo, pertanto, circa l’insussistenza dei presupposti che debbono necessariamente rilevarsi per il riconoscimento della protezione sussidiaria (Cass. n. 16202/2015);

– che, in ogni caso, avendo il giudice del merito compiutamente approfondito l’esame in fatto della situazione nel rispetto dei principi enunciati da questa Corte in materia ed esponendo le ragioni per le quali ha reputato il richiedente privo dei requisiti idonei al riconoscimento dello status, nessuna censura può essere promossa in questa sede, trattandosi, per l’appunto, di valutazioni fattuali non sindacabili dinanzi al giudice di legittimità;

– che, per quanto concerne la doglianza circa la mancata audizione dell’odierno ricorrente, questa Corte ha chiarito che “Nel giudizio di impugnazione della decisione della commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare udienza, non consegue automaticamente l’obbligo di procedere all’audizione del richiedente, ove ci si trovi in presenza di una domanda di protezione internazionale manifestamente infondata” (Cass. 31 gennaio 2019, n. 3029; Cass. n. 17717/2018);

– che, nel caso di specie, non è stata affatto dedotta nè la mancata videoregistrazione dell’audizione – fermo restando che il colloquio risulta essere pacificamente avvenuto dinanzi la Commissione territoriale – nè la mancata fissazione dell’udienza;

– che il secondo motivo è manifestamente infondato, avendo questa Corte chiarito che “non può essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, considerando, isolatamente ed astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, nè il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al Paese di provenienza atteso che il rispetto del diritto alla vita privata di cui all’art. 8 CEDU, può soffrire ingerenze legittime da parte di pubblici poteri finalizzate al raggiungimento d’interessi pubblici contrapposti quali quelli relativi al rispetto delle leggi sull’immigrazione (..) (Sentenza CEDU 8/ 4/ 2008 Ric: 21878 del 2006 Caso Nyianzi e Regno Unito)” (Cass. n. 1702/2018);

– che, nel caso di specie, l’odierno ricorrente si duole, invece, del mancato riconoscimento del permesso di soggiorno proprio lamentando la mancata attribuzione di decisività, ad opera della corte di merito, del suo livello di integrazione;

– che, ancor più radicalmente, la corte del merito non ha ritenuto il medesimo credibile: e, al riguardo, questa Corte ha chiarito come “In tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati; la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 3, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (Cass. civ. (ord) sez. VI, 30-10-2018, n. 27503) e “In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del riti circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, ‘art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. civ. (ord.1, sez. VI, 27-06-2018, n. 16925; e v. Cass. civ. lordi, sez. I, 05-02-2019, n. 3340);

– che non è necessario provvedere sulle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, se dovuto, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2019

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