Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.32479 del 12/12/2019

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16105-2018 proposto da:

D.C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TUSCOLANA 16, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE CARAVELLA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ITALFONDIARIO SPA nella qualità di mandataria di CASTELLO FINANCE SRL, in persona del procuratore Avv. M.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI 15, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUIDO GARGANI;

– controricorrente –

e contro

R.A.;

– intimato –

nonchè da:

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BERTONI che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ITALFONDIARIO SPA, nella qualità di mandataria di CASTELLO FINANCE SRL, in persona del procuratore Avv. FRANCESCO M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI 15, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUIDO GARGANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1753/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/09/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

RILEVATO

che:

l’Italfondiario s.p.a., in qualità di mandataria della Castello Finance s.r.l., premesso che quest’ultima era creditrice nei confronti della Ambiente Casa s.r.l. e del suo garante R.A. e che, con atto pubblico del 23.12.2003, il R. aveva alienato a D.C.A. un appartamento di sua proprietà sito in *****, senza che vi fosse stato trasferimento di denaro tra i due e in epoca successiva alla comunicazione di revoca dei fidi concessi alla Ambiente Casa, convenne in giudizio i menzionati R. e D.C. chiedendo – in via principale – che venisse dichiarata la simulazione dell’atto di compravendita e – in subordine – che ne venisse dichiarata l’inefficacia ex art. 2901 c.c.;

costituitisi entrambi i convenuti, il Tribunale di Roma rigettò le domande attoree;

provvedendo sul gravame dell’Italfondiario, la Corte di Appello di Roma ha riformato la sentenza, dichiarando la simulazione assoluta dell’atto di compravendita, con assorbimento della domanda subordinata;

la Corte ha affermato che “alcune circostanze pacifiche e incontestate tra le parti inducono a ritenere simulato l’atto di compravendita”; più precisamente: il fatto che la D.C., a cinque anni dalla stipula del contratto, non avesse trasferito la propria residenza nell’immobile acquistato, nonostante avesse chiesto di godere dei benefici fiscali L. n. 549 del 1995, ex art. 3, comma 131; la “mancanza di prova del totale pagamento del prezzo della compravendita, non ritenendo il Collegio sufficienti a provare l’effettività del pagamento la produzione di assegni circolari pari a Euro 40.000,00” e la “dichiarazione che il prezzo sarebbe stato corrisposto prima della stipula” del rogito; “il prezzo di compravendita inferiore di circa 60.000,00 Euro rispetto a quello di mercato dell’immobile (corrispondente a ben il 60% del prezzo); “l’esistenza del rapporto di conoscenza tra le parti essendo stati colleghi di lavoro ed entrambi dipendenti della società Graal s.r.l.”;

la D.C. ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a tre motivi; un successivo ricorso, anch’esso basato su tre motivi, è stato proposto dal R., che ha anche notificato controricorso adesivo a quello della D.C.; l’Italfondiario ha resistito, con distinti controricorsi, ad entrambi i ricorsi.

Considerato, quanto al ricorso principale, che:

il primo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto di cui all’art. 1414 c.c.” sull’assunto che l’art. 1414 c.c. contempla la sola simulazione assoluta del contratto e che la simulazione parziale del prezzo – ritenuta dalla Corte – non è sussumibile nella fattispecie astratta della norma, “essendovi la prova di un parziale pagamento di Euro 40.000,00”;

il secondo motivo denuncia l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, individuati nel fatto che l’immobile acquistato dalla D.C. per il prezzo di 102.000,00 Euro era stato pagato dal R. 50.000,00 Euro; nella circostanza che la D.C. aveva un concreto interesse a trasferirsi nell’immobile, ma tale utilizzo le era stata precluso dall’esistenza di formalità pregiudizievoli che non le avevano consentito di ottenere un finanziamento per la ristrutturazione e per le quali aveva agito in sede risarcitoria nei confronti del venditore e del notaio rogante, come emergeva da sentenza n. 14805/2012 del Tribunale di Roma (che aveva accertato il danno); nel fatto che fra la D.C. e il R. “non vi fosse alcun rapporto di conoscenza o di favore, avendo la prima incardinato nel 2005 il contenzioso di cui sopra nei confronti del secondo” e nella circostanza che i due “non siano stati dipendenti nello stesso periodo per lo stesso datore di lavoro”;

col terzo motivo (“violazione e falsa applicazione delle norme di diritto processuale sull’interruzione del processo per sospensione del procuratore di una delle parti”), la ricorrente deduce che il difensore dell’appellato R. era stato sospeso dall’Albo degli Avvocati nelle more del giudizio di appello e prima della precisazione delle conclusioni, essendo stato così compromesso il regolare svolgimento del processo, con consequenziale nullità (rilevabile d’ufficio) di tutti gli atti successivi. Considerato, quanto al ricorso successivo (da considerare incidentale), che:

il primo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 301 c.p.c. sulla necessaria interruzione del processo per sospensione del procuratore e per nullità degli atti conseguenti e della sentenza”, precisando che la sospensione dall’albo dell’avv. S.G., difensore del R., era di natura “amministrativa” ed aveva operato de plano con effetti decorrenti dalla notifica effettuata il 29.10.2014;

col secondo motivo, vengono dedotte la violazione e la falsa applicazione delle norme di cui all’art. 1414 c.c., commi 1 e 2 e dell’art. 1415 c.c., comma 2: il R. assume che erroneamente la Corte di Appello ha dichiarato la simulazione assoluta, che non è compatibile con l’accertamento del parziale pagamento del prezzo (comprovato dagli assegni circolari e non contestato dalla controparte);

il terzo motivo denuncia l’omesso esame di fatti decisivi, individuando tre ordini di circostanze che ricalcano sostanzialmente quelle di cui al secondo motivo del ricorso principale.

CONSIDERATO

che:

il terzo motivo del ricorso principale e il primo dell’incidentale – sovrapponibili ed esaminabili congiuntamente – sono inammissibili per difetto di autosufficienza in quanto le parti ricorrenti non hanno circostanziato, in relazione alle attività processuali in corso al momento in cui è intervenuta la sospensione, la sua effettiva incidenza sull’esercizio dei diritti di difesa (cfr. Cass. n. 14520/2015: “il principio secondo il quale la sospensione dall’esercizio della professione dell’unico difensore, a mezzo del quale la parte è costituita in giudizio, determina l’automatica interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, con conseguente nullità degli atti successivi, presuppone il concreto pregiudizio arrecato al diritto di difesa”);

il primo motivo del principale e il secondo del ricorso incidentale che possono anch’essi essere esaminati congiuntamente – vanno disattesi perchè prospettano le violazioni di norme di diritto sull’assunto che la Corte abbia ritenuto provato il pagamento parziale del prezzo, senza considerare che la sentenza impugnata, pur parlando di “mancanza di prova del totale pagamento del prezzo della compravendita”, precisa – subito dopo – che “non sono sufficienti a provare l’effettività del pagamento” (intendendo evidentemente riferirsi a qualsiasi pagamento, anche parziale) nè la produzione documentale di assegni circolari nè la dichiarazione che il prezzo era stato pagato prima della stipula del rogito, così pervenendo ad un accertamento negativo che costituisce il risultato della valutazione di merito delle risultanze processuali e che non è sindacabile sotto il profilo dell’error in iudicando;

il secondo motivo del ricorso principale e il terzo dell’incidentale – sostanzialmente equivalenti – sono inammissibili perchè prospettano fatti singolarmente non decisivi, che – peraltro – sono dedotti senza l’osservanza della prescrizione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 e in funzione di una non consentita diversa lettura di merito in sede di legittimità;

le spese di lite seguono la soccombenza, con condanna solidale, attesa la comunanza di interessi dei ricorrenti;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, a pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472