Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.32775 del 13/12/2019

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17739/2018 proposto da:

D.P.V., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DAVIDE FENT;

– ricorrente –

contro

REGIONE VENETO, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t. Dott. Z.L., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO GAGLIARDI;

– resistente con memoria di costituzione –

avverso la sentenza n. 291/2017 del TRIBUNALE di BELLUNO, depositata il 18/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/07/2019 dal Consigliere Dott. MARILENA GORGONI.

FATTI DI CAUSA

D.P.V. ricorre per la cassazione della sentenza del Tribunale di Belluno, n. 291/2017, pubblicata il 18 maggio 2017 e comunicata il 13 aprile 2018, avvalendosi di un solo motivo.

La Regione Veneto si è costituita con memoria deposita in cancelleria il 25 giugno 2019.

Il ricorrente deduce che un cervo adulto, mentre, il *****, alle 21.30, in condizioni di scarsa visibilità per il buio, la nebbia e la pioggia, percorreva con la propria Opel Insigna, la strada comunale n. *****, facendo irruzione sulla sua carreggiata, investiva l’auto, provocando ingenti danni, consistenti nella distruzione di tutta la parte anteriore con scoppio dei due airbag, come emergeva dalla scheda di rilevazione della Polizia Provinciale di Belluno intervenuta sul luogo dell’incidente.

Il Tribunale di Belluno, dinanzi al quale l’odierno ricorrente aveva citato la Regione Veneto, per ottenerne in via principale la condanna al risarcimento dei danni quantificati in Euro 13.600,00 o nella diversa somma accertata giudizialmente ai sensi degli artt. 2052 o 2043 c.c., in via subordinata in Euro 12.472,50, nell’ipotesi in cui il giudice avesse ritenuto antieconomica la rottamazione dell’autovettura e in via ulteriormente subordinata, ove fosse emerso un suo concorso di colpa, in Euro 6.800,00, con la sentenza qui impugnata, rigettava la domanda e lo condannava al pagamento delle spese di lite.

La Corte d’Appello di Venezia, investita del gravame, con ordinanza del 4 aprile 2018, dichiarava inammissibile l’appello ex art. 348 bis c.p.c., e art. 348 ter c.p.c., comma 1, e condannava l’appellante, odierno ricorrente, al pagamento delle spese processuali.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) Il ricorrente censura la sentenza per violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2043 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, p. 17).

L’assunto cassatorio è il seguente: il Tribunale di Padova avrebbe errato nel ritenere che egli non avesse assolto l’onere di provare il comportamento colposo della Regione Veneto, ai sensi dell’art. 2043 c.c., perchè, premesso che sulla Regione, ai sensi dell’art. 1 della L. 11/02/1992, n. 157, gravava l’obbligo di predisporre tutte le misure idonee ad evitare che gli animali selvatici arrecassero danni a persone o a cose, egli avrebbe indicato il contenuto specifico degli adempimenti che la Regione Veneto avrebbe potuto porre in essere, in considerazione della frequenza di incidenti di analoga natura verificatisi nella dona (71 nei comuni di ***** e ***** 41 dei quali lungo la statale *****) che l’Ente non avrebbe potuto ignorare; di talchè in applicazione della giurisprudenza di questa Corte regolatrice, ed in particolare della sentenza n. 27673/2008, quanto all’onere della prova del fatto omissivo, e della sentenza n. 9276/2014, quanto alla prova del nesso di causa, la conclusione del ricorrente che il giudice si sia pronunciato in violazione dell’art. 2043 c.c..

La sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto, in aggiunta, che l’apposizione di un cartello di pericolo a 450 metri dal luogo teatro dell’incidente fosse misura sufficiente ed idonea per escludere una responsabilità colposa della Regione, non ravvisandosi un obbligo generalizzato di recinzione di tutti i perimetro boschivi a suo carico.

Il ricorrente contesta tali conclusioni, perchè in una zona, come quella in cui si era verificato l’impatto, ove il numero di incidenti era così elevato, la predisposizione di una segnaletica di pericolo non avrebbe dovuto essere considerata misura idonea.

Giova ribadire i principi più volte enunciati da questa Corte regolatrice:

– gli animali vaganti non hanno mai avuto nè un proprietario nè un utilizzatore, il danneggiato da un loro comportamento non può, perciò, invocare l’art. 2052 c.c., bensì utilizzare l’art. 2043 c.c., dimostrando una condotta colposa ascrivile al soggetto preposto alla cattura ed alla custodia di essi; va, altresì, precisato che nel caso di specie l’incidente occorso non si è verificato per causa di un animale randagio, bensì per l’improvvisa invasione della corsia di marcia da parte di un cinghiale che, ai sensi della L. n. 157 del 1992, appartiene al patrimonio indisponibile dello Stato, il cui controllo spetta alle Regioni, alla quale la medesima legge assegna espressamente compiti di organizzazione del relativo controllo. La giurisprudenza di questa Corte, contrariamente al parere di una parte della dottrina che invoca il regime di responsabilità di cui all’art. 2052 c.c., avendo l’ordinamento individuato tanto un patrimonio, lo Stato, quanto un controllore, la Regione, riconduce anche questa ipotesi all’art. 2043 c.c.. La fauna selvatica, infatti, è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale, posto che si tratta di espressione di una politica di sostegno dell’equilibrio ecologico che di per sè non impone alla pubblica amministrazione l’obbligo di attuare generali misure di protezione e di sorveglianza, fatti salvi i pericoli intercettati e segnalati in concreto e non adeguatamente considerati Anche la Corte Costituzionale, interpellata in merito, ha escluso la sussistenza di una irragionevole disparità di trattamento tra il privato, proprietario di un animale domestico (o in cattività), e la Pubblica Amministrazione, nel cui patrimonio sono ricompresi anche gli animali selvatici, sotto il profilo che gli eventuali pregiudizi, provocati da “animali che soddisfano il godimento della intera collettività, costituiscono un evento puramente naturale di cui la comunità intera deve farsi carico, secondo il regime ordinario e solidaristico di imputazione della responsabilità civile, ex art. 2043 c.c.” (Cass. 27/02/2019, n. 5722).

– non è possibile riconoscere una responsabilità ex art. 2043 c.c., semplicemente sulla base della individuazione dell’ente cui la normativa affida in generale il compito di tutela della suddetta fauna occorrendo la puntuale allegazione, o quantomeno la specifica indicazione, il cui onere spetta all’attore danneggiato in base alle regole generali, di una condotta omissiva efficiente sul piano della presumibile sua ricollegabilità al danno ricevuto.

Il Tribunale ha esattamente individuato la premessa in iure del suo ragionamento e non è incorso nel vizio imputatogli dal ricorrente quando, con una motivazione con essa collimante, ha ritenuto che il ricorrente non avesse soddisfatto l’onere probatorio di cui era gravato.

Il tipo di comportamento esigibile volta per volta e in concreto da parte della Regione, sì da dedurne la eventuale responsabilità sulla base dello scarto tra la condotta concreta e la condotta esigibile – quest’ultima individuata secondo i criteri della prevedibilità e della evitabilità e della mancata adozione di tutte le precauzioni idonee a mantenere entro l’alea normale il rischio connaturato al fenomeno dell’attraversamento stradale da parte della fauna selvatica – deve essere valutato secondo criteri di ragionevole esigibilità, tenendo conto che per imputare a titolo di colpa un evento dannoso non basta che esso sia prevedibile – rappresenta, infatti, un fenomeno del tutto naturale che animali selvatici possano attraversare le strade – ma occorre anche che esso sia evitabile in quel determinato momento ed in quella particolare situazione con uno sforzo proporzionato alle capacità dell’agente.

Ebbene, nel caso di specie, ricordato che la valutazione circa la sussistenza o meno di comportamenti colposi rilevanti ai sensi dell’art. 2043 c.c., è un compito rimesso al giudice di merito e che il relativo esito è sindacabile in questa sede solo in presenza di corretta motivazione (Cass. 06/03/2019, n. 6446), va rilevato che il ricorrente non ha provato che nel caso di specie caratterizzato, per sua stessa ammissione, da scarsa visibilità a causa del buio, della pioggia e della nebbia, non fosse sufficiente quale misura atta a prevenire il danno occorsogli il cartello di pericolo che la Regione aveva apposto in prossimità del teatro dell’incidente.

Proprio le condizioni di tempo e di luogo indicate dal ricorrente in aggiunta alla segnalazione di pericolo di attraversamento di animali selvatici avrebbero dovuto indurre la vittima ad adottare alla guida dell’auto un comportamento particolarmente prudente sufficiente, secondo un criterio di ragionevolezza, ad evitare l’impatto con l’animale.

Il motivo non merita dunque accoglimento.

Nulla deve essere liquidato per le spese, atteso che la Regione Veneto si è costituita con memoria, depositata il 25 giugno 2019, che difetta dei caratteri necessari per attivare il contraddittorio rispetto alla parte ricorrente (Cass. 5/12/ 2014, n. 25735).

Si dà atto della ricorrenza dei presupposti per porre a carico del ricorrente l’obbligo di pagamento del doppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Non provvede a liquidare alcunchè a titolo di spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2019

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472