Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33071 del 16/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12400-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

C.G., C.M., nella qualità di soci, e la società

IMMOBILIARE VITA SRL in liquidazione volontaria;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2891/14/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di BOLOGNA, depositata il 23/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI RAFFAELE.

RILEVATO

che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR dell’Emilia Romagna, di rigetto dell’appello da essa proposto avverso una decisione della CTP di Forlì, di accoglimento parziale del ricorso dei contribuenti C.G., C.M. ed s.r.l. “IMMOBILIARE VITA” avverso un avviso di accertamento IRES, IRPEF, IRAP ed IVA 2007.

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che gli intimati non si sono costituiti;

che, con il primo motivo, l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per essere stata la motivazione della decisione impugnata gravemente carente sul piano della coerenza logica e delle argomentazioni giustificative, non essendo state valutate circostanze di fatto ed elementi che, se adeguatamente considerati, avrebbero condotto ad un diverso esito del giudizio; era stato invero svolto nella specie un accertamento contabile analitico induttivo, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d) e l’esistenza di attività non dichiarate era stata desunta da presunzioni semplici, da ritenere gravi, precise e concordanti; in particolare i maggiori ricavi delle vendite dei sei appartamenti erano stati desunti da elementi di prova idonee e documentali, quali il contenuto dei contratti preliminari intercorsi con gli acquirenti, le perizie di stima e, principalmente, le stime di valore trasmesse dalle banche che avevano erogato i mutui agli acquirenti, onde consentire loro di pagare i relativi prezzi; l’ufficio aveva accertato come le vendite controllate erano state sottofatturate ed erano avvenute ad un prezzo tale da non coprire minimamente il rischio d’impresa; e la CTR aveva omesso di rilevare che i contribuenti non avevano saputo giustificare in modo adeguato lo scostamento evidenziato; pertanto la motivazione della sentenza impugnata era da ritenere meramente apparente;

che il motivo di ricorso in esame è infondato;

che, invero, nel processo tributario, una sentenza della CTR intanto può qualificarsi nulla per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e art. 118 disp. att. c.p.c. in quanto sia completamente carente in ordine all’illustrazione delle critiche mosse dalla parte appellante alle statuizioni di primo grado e non sviluppi in alcun modo un’autonoma valutazione dei fatti di causa, come era stato chiesto dalla parte appellante (cfr. Cass. n. 15884 del 2017);

che, al contrario, nella specie in esame, la sentenza impugnata ha sviluppato proprie autonome considerazioni circa la portata indiziaria di alcuni elementi, quali la diversità fra preliminari e definitivi e le perizie di stima, in modo difforme rispetto al convincimento espresso dal primo giudice, che aveva viceversa ritenuto detti elementi idonei a provare la sussistenza dei maggiori ricavi ipotizzati dall’ufficio;

che, col secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2 e degli artt. 2729 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto la sentenza impugnata aveva negato valore indiziario ad elementi acquisiti in giudizio, senza accertarne la relativa capacità indiziaria, in violazione dei criteri elaborati dalla giurisprudenza in materia di formazione della prova critica;

che il motivo di ricorso in esame è fondato;

che, invero, la CTR ha negato valore indiziario agli elementi offerti dall’Agenzia delle entrate a sostegno della propria pretesa, applicando in modo erroneo la disciplina prevista dalla legge in tema di presunzioni;

che, invero, per valutare la corretta applicazione dell’art. 2729 c.c., è necessario verificare che il giudice di merito abbia individuato i requisiti della gravità, precisione e concordanza degli elementi offerti in giudizio attraverso una valutazione globale e non parcellizzata; e la scorretta valutazione di detti elementi, in quanto effettuata senza il rispetto dei criteri anzidetti, non integra un giudizio di fatto, ma una vera e propria valutazione in diritto, che rimane soggetta al controllo di legittimità di questa Corte (cfr. Cass. n. 9760 del 2015);

che, pertanto, se pur è vero che, in materia di presunzioni, è riservato all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito sia il ricorso a tale mezzo di prova, sia la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto quali fonti di presunzioni, tale giudizio non può tuttavia sottrarsi al controllo di legittimità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, qualora il giudice, violando i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, si sia limitato a negare valore indiziario ai singoli elementi acquisiti in giudizio, senza accertarne la capacità di assumere rilevanza indiziaria, ove valutati nella loro sintesi (cfr. Cass. n. 19894 del 2005);

che, nel caso in esame, la CTR ha negato valore indiziario agli elementi offerti dalla ricorrente per desumerne la sottofatturazione effettuata dai contribuenti in ordine alle 6 vendite immobiliari oggetto del ricorso, esaminando i singoli elementi in modo isolato e frammentario, ad iniziare dall’elemento costituito dalla difformità riscontrata fra i contratti preliminari e quelli definitivi, per proseguire poi con l’elemento costituito dalle perizie estimative degli immobili; con l’elemento costituito dagli importi effettivi di cessione indicati nei documenti trasmessi dagli istituti di credito, che avevano concesso mutui agli acquirenti degli immobili; con l’elemento costituito dalla redditività d’impresa della società contribuente per il 2007, di gran lunga inferiore rispetto alla media del settore di appartenenza; con l’elemento costituito dai prezzi praticati dalla società contribuente per la vendita di altri immobili facenti parte dello stesso complesso residenziale; è stata pertanto effettuata un’analisi fuorviante in quanto frazionata del materiale indiziario offerto dall’ufficio, con conseguente violazione dell’art. 2729 c.c.;

che si impone pertanto la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla CTR dell’Emilia Romagna in diversa composizione per nuovo esame, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, respinto il primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in accoglimento del secondo motivo e rinvia alla CTR dell’Emilia Romagna in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 16 dicembre 2019

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