Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.33149 del 16/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20617/2015 proposto da:

D.M.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPIA NUOVA 251, presso lo studio dell’avvocato MARIA SARACINO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANGIUSEPPE RICCI;

– ricorrente –

contro

S.M., C.M.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 108/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 02/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 24/05/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

FATTI DI CAUSA

1. S.M. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Foggia D.M.L. per chiedere, ex art. 2932 c.c., l’adempimento in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita avente ad oggetto la proprietà di un appartamento, con box di pertinenza, nonchè la condanna del convenuto all’esecuzione di alcuni lavori di rifinitura ed all’eliminazione dei vizi presenti negli immobili promessi in vendita, oltre al risarcimento dei danni.

1.1 Lo S. lamentava che il promittente venditore non avesse completato alcuni lavori di rifinitura ed avesse, altresì, apportato in corso d’opera significative varianti alle originarie previsioni contrattuali, che avevano cagionato una notevole diminuzione del valore commerciale dei beni promessi in vendita.

1.2 Si costituiva il D.M. per resistere alla domanda e, in via riconvenzionale, chiedeva dichiararsi risolto il contratto per inadempimento del promissario acquirente, con conseguente diritto di ritenere la somma ricevuta a titolo di caparra confirmatoria, nonchè di sentir condannare lo S. al pagamento dell’equivalente pecuniario per l’uso delle unità immobiliari promesse in vendita.

1.3 Nel corso del giudizio, lo S. modificava la sua domanda, chiedendo la dichiarazione di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del promittente venditore.

1.4 All’esito dei giudizi di merito, la Corte di Appello di Bari, con sentenza del 2.2.2015, per quanto ancora rileva in sede di legittimità, riteneva insussistente il grave inadempimento delle parti. In particolare, la corte territoriale riteneva giustificato il rifiuto del promittente acquirente di concludere il contratto definitivo, in quanto vi era stato un cambio di destinazione d’uso, da civile abitazione a struttura ricettiva dell’intero lotto B, confinante con il lotto C, ove era ubicato l’appartamento promesso in vendita, con conseguente diminuzione del valore del bene derivante dal maggior afflusso di gente che avrebbe frequentato la struttura ricettiva.

Parimenti, il giudice d’appello non configurava nemmeno il grave inadempimento del promittente venditore, in quanto il preliminare del 22.9.1993 non prevedeva alcun obbligo di destinazione del lotto B, sicchè il D.M. avrebbe dovuto attivarsi, in applicazione del principio di buona fede, per la revisione delle condizioni contrattuali, prevedendo una riduzione del prezzo oppure dando allo S. la possibilità di risolvere il contratto.

Poichè non sussisteva il grave inadempimento di nessuna delle parti che giustificasse la risoluzione del contratto, veniva ravvisata un’ipotesi di impossibilità di esecuzione del contratto per effetto della scelta di entrambi i contraenti, che dava luogo alla restituzione da parte del D.M. della somma ricevuta a titolo di acconto ed al pagamento da parte dello S. all’equo indennizzo per l’occupazione dell’immobile.

2. Per la cassazione della sentenza di appello, ha proposto ricorso D.M.L. sulla base di due motivi.

2.1 S.M. e C. Maria sono rimasti intimati.

MOTIVI DELLA DECSIONE 1. Con il primo motivo, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1497 c.c., in quanto la mancanza delle qualità essenziali riguarderebbe non l’appartamento oggetto del preliminare ma la destinazione ad uso ricettivo del lotto confinante a quello in cui era ubicato l’appartamento promesso in vendita, in assenza di alcuna previsione contrattuale.

2. Con il secondo motivo, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1429 c.c., n. 2, perchè la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto rilevante l’errore sulle qualità essenziali del complesso edilizio del lotto B, destinato a struttura alberghiera, nonostante non vi fosse alcuna previsione sulla destinazione dell’edificio nel compromesso.

3. I motivi, che vanno esaminati congiuntamente, sono fondati.

4. La sentenza impugnata ha erroneamente inquadrato la vicenda processuale nella garanzia di cui all’art. 1497 c.c., la quale attiene alle qualità intrinseche della cosa venduta esistenti al momento della conclusione del contratto.

4.1 Mentre, infatti, la garanzia per vizi ha la finalità di assicurare l’equilibrio contrattuale in attuazione del sinallagma funzionale indipendentemente dalla colpa del venditore, l’azione di cui all’art. 1497 c.c., rientrando in quella disciplinata in via generale dall’art. 1453 c.c., postula che l’inadempimento messo a base della domanda di risoluzione e/o di risarcimento del danno sia imputabile a colpa dell’alienante ed abbia non scarsa importanza, tenuto conto dell’interesse della parte non inadempiente. Inoltre, poichè nell’ipotesi di mancanza delle qualità pattuite o promesse assume rilievo decisivo il ruolo della volontà negoziale, l’indagine che il giudice deve compiere al riguardo ha necessariamente ad oggetto un elemento fattuale diverso ed estraneo rispetto alla fattispecie relativa alla presenza di un vizio o difetto che rendono la cosa venduta inidonea all’uso al quale la stessa è “normalmente” destinata (Cass. 24 maggio 2005, n. 10922). Il vizio redibitorio (art. 1490 c.c.) e la mancanza di qualità promesse o essenziali (art. 1497 c.c.), pur presupponendo entrambi l’appartenenza della cosa al genere pattuito, si differenziano, quindi, in quanto il primo riguarda le imperfezioni ed i difetti inerenti al processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa medesima, mentre la seconda è inerente alla natura della merce e concerne tutti quegli elementi essenziali e sostanziali che, nell’ambito del medesimo genere, influiscono sulla classificazione della cosa in una specie, piuttosto che in un’altra.

4.2 Alle due distinte categorie dei vizi e della mancanza di qualità corrispondono, a tutela del compratore, due diverse azioni, rispettivamente la redibitoria e quella contrattuale, e, mentre la prima appresta una garanzia in senso tecnico, l’altra rientra nella disciplina ordinaria degli inadempimenti contrattuali.

4.3 Nella specie, la corte di merito, pur avendo accertato che la destinazione a struttura ricettiva riguardava il lotto confinante a quello in cui era ubicato l’appartamento promesso in vendita e che le parti nulla avessero previsto in relazione alla destinazione di tale complesso, ha ritenuto che il bene oggetto del contratto mancasse delle sue qualità essenziali.

4.4 Al contrario, l’appartamento oggetto del contratto aveva le qualità essenziali per l’uso cui era destinato in quanto il cambio di destinazione d’uso, da abitativa a ricettiva, riguardava il lotto confinante e non era nemmeno previsto nel contratto preliminare, sicchè non sussisteva alcun obbligo per il venditore di destinare entrambi i lotti a destinazione abitativa.

4.5 Vi è stata, pertanto, un’erronea applicazione dell’art. 1497 c.c., non sussistendo, al momento della conclusione del contratto, alcun obbligo di destinare ad uso domestico e non ricettivo il complesso confinante con l’appartamento promesso in vendita, sicchè non va ravvisata la sussistenza del difetto di “qualità”, come erroneamente ritenuto dalla corte territoriale.

5. La sentenza va, pertanto, cassata, in relazione ai motivi accolti e rinviata, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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