Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.33887 del 19/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21400/2012 R.G. proposto da:

Sidel s.p.a., elettivamente domiciliata in Roma, viale Castro Pretorio n. 122, presso lo studio dell’avv. Andrea Russo, che la rappresenta e difende giusta procura speciale per atto notaio M.M., rep. 63870;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia – Sezione staccata di Brescia n. 31/64/12, depositata il 14 febbraio 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 febbraio 2019 dal Consigliere Dott. Nonno Giacomo Maria.

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 31/64/12 del 14/02/2012 la Commissione tributaria regionale della Lombardia – Sezione staccata di Brescia (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 77/02/10 della Commissione tributaria provinciale di Mantova (di seguito CTP), che, a sua volta, aveva accolto il ricorso di Sidel s.p.a., quale incorporante Sasib Labelling Machinering s.p.a., nei confronti del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria all’istanza della ricorrente volta ad ottenere la restituzione di quanto corrisposto in applicazione dell’istituto del cd. ravvedimento operoso, cui si era irregolarmente proceduto nonostante la notificazione di un processo verbale di constatazione con il quale veniva contestato alla società incorporata un maggior debito IVA;

1.1. come si evince dalla sentenza impugnata, Sidel s.p.a. aveva provveduto a definire il processo verbale di constatazione mediante sanatoria della L. 27 dicembre 2002, n. 289, ex art. 15, senza potere scomputare quanto già corrisposto a titolo di ravvedimento operoso, somma di cui chiedeva la restituzione;

1.2. la CTR, in accoglimento dell’appello principale dell’Agenzia delle entrate, così motivava, per quanto ancora interessa in questa sede: a) il versamento effettuato dalla società incorporata, che non integrava una duplicazione di imposta, non era dovuto, avendo detta società inteso definire la pendenza in applicazione dell’istituto del ravvedimento operoso senza che ne ricorressero le condizioni previste dalla legge; b) tuttavia l’istanza di rimborso non era stata presentata da Sidel s.p.a. entro il termine biennale di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, atteso che detto termine decorreva dalla data del pagamento e non dalla data della definizione del processo verbale di constatazione della L. n. 289 del 2002, ex art. 15;

2. Sidel s.p.a. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.;

3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

CONSUDERATO CHE 1. con il primo motivo di ricorso Sidel s.p.a. deduce la nullità della sentenza per la violazione dell’art. 112 c.p.c., evidentemente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la CTR non si sarebbe pronunciata in ordine all’applicabilità al caso di specie del termine decadenziale di quarantotto mesi previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38;

2. con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame da parte della CTR della deduzione della contribuente circa l’applicabilità del termine decadenziale di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38;

3. con il quinto motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, vertendosi in un caso di inesistenza totale dell’obbligo di pagamento, non potrebbe applicarsi il generico termine decadenziale previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, ma quello previsto specificamente dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, con conseguente tempestività dell’istanza di rimborso;

4. i tre motivi, che affrontano sotto diversi profili la medesima questione, vanno disattesi;

4.1. in primo luogo, va evidenziato che la sentenza di appello ha fatto riferimento al ricorso incidentale proposto da Sidel s.p.a., con il quale sono state riproposte le domande già formulate in primo grado e che non sono state oggetto della decisione della CTP, tra le quali anche quella relativa all’applicazione del termine decadenziale di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38;

4.1.1. peraltro, deve ritenersi che la CTR, nell’applicare alla fattispecie il diverso termine decadenziale previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, ha tacitamente deciso anche sull’inapplicabilità del diverso termine decadenziale invocato dalla società contribuente;

4.2. ad ogni buon conto, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, peraltro riguardante la sola ipotesi in cui le imposte non sono dovute ab origine (Cass. n. 82 del 07/01/2014; Cass. n. 3575 del 16/02/2010), non trova applicazione nel caso di specie per l’assorbente ragione che detto termine riguarda le sole imposte dirette, mentre all’IVA (pacificamente oggetto della presente controversia), in assenza della specifica previsione di un termine decadenziale, trova applicazione la generale disposizione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 (Cass. n. 11652 del 11/05/2017);

4.3. tale ultimo termine di decadenza decorre dal giorno in cui si è verificato il presupposto del rimborso, ossia dal giorno in cui è stato effettuato il pagamento che dà diritto alla restituzione del versato (Cass. n. 11652 del 2017, cit.), che, nel caso di specie, coincide con il pagamento effettuato ai fini del ravvedimento operoso, istituto pacificamente ritenuto inapplicabile;

4.4. tanto è sufficiente per disattendere anche gli altri due motivi di ricorso in esubero; dei quali il secondo è, peraltro, inammissibile in ragione del fatto che la questione prospettata dalla società contribuente integra una violazione di legge;

5. con il terzo motivo di ricorso Sidel s.p.a. deduce la nullità della sentenza per la violazione dell’art. 112 c.p.c., evidentemente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la CTR non si sarebbe pronunciata in ordine alla rilevata applicabilità alla fattispecie dell’art. 2033 c.c. e del conseguente termine di prescrizione decennale;

6. con il quarto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame della deduzione della contribuente circa l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 2033 c.c. e del conseguente termine prescrizionale;

7. con il sesto motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2033 e 2946 c.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, vertendosi in un’ipotesi di pagamento sine titulo, non avrebbe potuto applicarsi il termine decadenziale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, ma quello prescrizionale previsto dall’art. 2946 c.c. per la ripetizione dell’indebito;

8. i tre motivi, che affrontano sotto diversi profili la medesima questione, vanno disattesi;

8.1. con riferimento al terzo motivo, valgono, mutatis mutandis, le stesse considerazioni già fatte con riferimento al primo motivo (cfr. p.p. 4.1. e 4.1.1.);

8.2. in ogni caso, costituisce principio giurisprudenziale consolidato quello per il quale nell’ordinamento tributario vige, per la ripetizione del pagamento indebito, un regime speciale basato sull’istanza di parte, da presentare, a pena di decadenza, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta o, comunque, in difetto (come nel caso dell’IVA), dalle norme sul contenzioso tributario (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. g), e art. 21, comma 2), regime che impedisce, in linea di principio, l’applicazione della disciplina prevista per l’indebito di diritto comune (Cass. n. 6900 del 24/03/2014; Cass. n. 25872 del 10/12/2009; Cass. n. 15840 del 12/07/2006);

8.3. ne consegue che la richiesta di applicazione del regime di diritto comune dell’indebito, in presenza di un termine decadenziale previsto in via generale dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, non può trovare riconoscimento, con conseguente infondatezza del sesto motivo;

8.4. il quarto motivo è, invece, inammissibile, integrando la questione prospettata dalla società contribuente una violazione di legge;

9. in conclusione, il ricorso va rigettato; la peculiarità delle vicenda giustifica la compensazione, tra le parti, delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2019.

Depositato in cancelleria il 19 dicembre 2019

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