LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 254-2019 proposto da:
S.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 30, presso lo STUDIO LEGALE PLACIDI, rappresentata e difesa dall’avvocato DOMENICO CICCARELLI;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI MOLA DI BARI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato MARCO VINCENTI, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1629/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 25/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.
RILEVATO
che:
1. S.R. ricorre in cassazione avverso la sentenza n. 1629/2018 del 25/09/2018, della Corte d’appello di Bari che dichiarava inammissibile l’appello principale e assorbito quello incidentale condizionato, perchè l’atto di impugnazione proposto dalla S. non rispettava le prescrizioni del nuovo art. 342 c.p.c., nè da un punto di vista formale e nè quelle esigenze di natura sostanziale sottolineate dalla giurisprudenza di legittimità. Invero, secondo la Corte territoriale, l’appello della S. consisteva nella mera trascrizione degli atti di primo grado e precisamente nella trascrizione della sentenza di primo grado, della citazione e delle memorie di parte attrice ex art. 183 c.p.c..
2. Il Comune di Mola di Bari resiste con controricorso.
3. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO
che:
4. Con il primo ed unico motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta vizio di motivazione e violazione o falsa applicazione di norme di diritto art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 5 e 3, (artt. 112,115, 116 e 342 c.p.c.).
5. Il ricorso è inammissibile per palese violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3. Il ricorso così redatto non soddisfatta in alcun modo il requisito della esposizione sommaria dei fatti, risultando peraltro incomprensibile, agli occhi di chi legge, sia la ricostruzione fattuale che i motivi del ricorso, rendendola del tutto inidonea allo scopo.
“Nel prescrivere che il ricorso per cassazione deve essere corredato dall’esposizione “sommaria” dei fatti di causa, implica che la stessa deve contenere il necessario e non superfluo, sicchè è inammissibile il ricorso con il quale il ricorrente, senza una sintesi riassuntiva finale, si limiti a trascrivere il testo integrale di tutti gli atti di causa, rendendo particolarmente complessa l’individuazione della materia del contendere e contravvenendo lo scopo della disposizione, la cui finalità è agevolare la comprensione della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, in immediato coordinamento con i motivi di censura” (Cass. n. 21750/2016).
Inoltre si rileva, tra l’altro che nell’illustrazione del motivo non si coglie alcuna critica alla valutazione di inammissibilità ex art. 342 c.p.c..
6. Le spese seguono la soccombenza.
PQM
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020
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