Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.10035 del 28/05/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30317-2018 proposto da:

D.G.C., D.G.V., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato LUCA SCHERA;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI MONZA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LIMA 7, presso lo studio dell’avvocato MARIA GRAZIA SORMANI, rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA IVAN BULLO;

– controricorrente –

contro

ANAS SPA, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MICHELE COLOMBO;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 08/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. VINCENTI ENZO.

RITENUTO

che, con ricorso affidato ad un unico, articolato, motivo, D.G.V. e D.G.C. hanno impugnato l’ordinanza della Corte di appello di Milano, depositata l’8 maggio 2018, che ne dichiarava, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., inammissibile il gravame interposto contro la sentenza del Tribunale di Monza che, a sua volta, ne aveva respinto la domanda di risarcimento danni, patrimoniali e non patrimoniali (quest’ultima del solo C.) proposta nei confronti del Comune di Monza e dell’ANAS S.p.A.;

che resistono con distinti controricorsi il Comune di Monza e l’ANAS S.p.A.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

CONSIDERATO

che, in via preliminare ed assorbente (ciò esimendo il Collegio di dare contezza del tenore del motivo di impugnazione), il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per tardiva proposizione in relazione al decorso del termine, di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 3, di sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza di inammissibilità pronunciata ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c.;

che, difatti, il termine previsto dall’art. 348 ter c.p.c. è applicabile anche all’impugnazione autonoma dell’ordinanza di inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis c.p.c. in tutti i casi nei casi in cui questa risulti consentita, atteso che, applicando all’ordinanza avente contenuto di sentenza il termine lungo dalla comunicazione ex art. 327 c.p.c., il decorso di distinti termini per impugnare i due provvedimenti comporterebbe il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, rendendo incomprensibile la ricorribilità avverso l’ordinanza (tra le altre, Cass. n. 3067/2017, Cass. n. 3023/2018, Cass. n. 1/2019), che, nella specie, come risulta ex actis (cui la Corte ha accesso in ragione dello scrutinio vertente sull’esistenza di un presupposto processuale, la cui verifica è delibabile d’ufficio: Cass., S.U., n. 25513/2016) e, segnatamente, dalla attestazione telematica della cancelleria della Corte di appello di Milano (allegata al fascicolo dei controricorrenti), l’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c. è stata comunicata all’avv. Emanuela Preiti, difensore costituito degli appellanti, attuali ricorrenti, in data 8 maggio 2018, mentre il ricorso è stato notificato a mezzo PEC in data 10 ottobre 2018, ben oltre il termine di sessanta giorni stabilito dall’art. 348 ter c.p.c.;

che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e i ricorrenti condannati, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna parte controricorrente, in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 12 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 28 maggio 2020

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