LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28787/2012 R.G. proposto da P.O., rappresentato e difeso dall’Avv. Piergiorgio Finocchiaro, unitamente e disgiuntamente all’Avv. Pietro Paternò
Raddusa, presso il cui studio, in Roma, via Monte Santo n. 15, è
elettivamente domiciliato;
– ricorrente –
CONTRO
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la stessa domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 424/34/11 della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Sez. distaccata di Catania, Sez. XXXIV, depositata il 26 settembre 2011 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 19 novembre 2019 dal Consigliere Andreina Giudicepietro.
RILEVATO
CHE:
1. il Sig. P.O. ricorre con cinque motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 424/34/11 della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, depositata il 26/11/2011 e non notificata che, in controversia relativa all’impugnazione della cartella di pagamento n. *****, realativa a Irpef, Addizionale, Regionale e Comunale, Iva e Irap, per gli anni di imposta 2002 e 2003, e alle sanzioni per l’anno 2006, sulla base di due avvisi di accertamento e di un atto di contestazione, rigettava l’appello del contribuente, confermando la sentenza di primo grado della Commissione Tributaria Provinciale di Catania;
2. secondo i Giudici di appello, non ci sarebbe stata prova del difetto di notifica degli avvisi di accertamento e dell’atto di contestazione in esame, nè della mancata sottroscrizione degli atti impositivi da parte del Capo dell’Ufficio, in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42;
3. a seguito del ricorso, l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;
4. il ricorso è stato fissato per la Camera di Consiglio del 19 novembre 2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;
5. il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
CHE:
1.1. Preliminarmente l’eccezione di inammissibilità del ricorso va disattesa, in quanto il ricorso risulta inoltrato per la notifica in data 10/12/2012, mediante consegna all’Ufficiale giudiziario, come risulta dal timbro apposto sul frontespizio del ricorso stesso;
inoltre, la notifica all’Agenzia delle entrate del ricorso per cassazione avverso la sentenza di una Commissione Tributaria Regionale può legittimamente effettuarsi presso gli uffici periferici dell’Agenzia delle entrate medesima (Cass. 22889/06);
nel caso di specie, il ricorso (oltre che spedito alla sede centrale dell’agenzia delle Entrate in Roma) risulta consegnato dall’Ufficiale Giudiziario presso la Direzione provinciale di Catania in data 10/12/2012, cioè entro il termine lungo per l’impugnazione che scadeva appunto in quella data (entro un anno e 46 giorni dal deposito della sentenza del 24/10/2001, tenuto conto che il 9 dicembre era domenica);
parimenti va disattesa l’eccezione d’improcedibilità, in quanto, “in tema di ricorso per cassazione, la mancata richiesta di trasmissione, da parte del ricorrente, del fascicolo d’ufficio del giudice a quo, ex art. 369 c.p.c., non determina l’improcedibilità dell’impugnazione, ove l’esame di quel fascicolo non sia necessario per la soluzione delle questioni prospettate con quest’ultima” (Sez. 5, Sentenza n. 7621 del 24/03/2017);
nel caso di specie, il ricorrente risulta aver prodotto tutti gli atti sui quali il ricorso si fonda, tra i quali anche l’istanza di trasmissione del fascicolo processuale, ex art. 369 c.p.c., come precisato in memoria;
1.2. con il primo motivo di ricorso il contribuente censura la violazione dell’art. 2697 del c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n, 3);
secondo il ricorrente sussiste la violazione del suddetto articolo, perchè l’onere di provare che gli avvisi di accertamento erano stati spediti integralmente al contribuente, già muniti di sottoscrizione, incombeva esclusivamente sull’Agenzia delle Entrate che aveva emesso tali atti;
nello specifico, il contribuente deduce che l’Ufficio avrebbe dovuto produrre, già in primo grado, gli avvisi di accertamento in originale, unitamente alle relate di notifica, all’originale delle buste di spedizione e degli avvisi di ricevimento con l’indicazione del relativo numero di raccomandata, a fronte della contestazione sollevata dal contribuente;
1.3. il motivo è infondato e deve essere rigettato;
1.4. deve ritenersi che l’Ufficio abbia fornito la prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio degli avvisi di accertamento, che può avvenire anche mediante l’allegazione di fotocopie non autenticate, ove manchi idonea contestazione in proposito, poichè vale la regola generale posta dall’art. 2712 c.c., per la quale le copie fotografiche o fotostatiche hanno la stessa efficacia di quelle autentiche qualora detta conformità non sia disconosciuta dalla controparte, con contestazioni specifiche;
nel caso di specie, l’Agenzia ha prodotto le copie degli avvisi di ricevimento, dai quali si evince che la notifica degli atti impositivi, presupposto della cartella di pagamento, era avvenuta il 22 settembre 2006 a mani della moglie del contribuente, presso la residenza di quest’ultimo;
2.1. con il secondo motivo di ricorso il ricorrente censura l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo del giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5);
secondo il ricorrente la sentenza impugnata sarebbe illegittima per contraddittoria ed insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rappresentato dall’inesistenza, per mancanza di sottoscrizione da parte del Capo dell’Ufficio, dei due avvisi di accertamento e dell’atto di contestazione relativi alla cartella di pagamento impugnata;
con il terzo motivo di ricorso il ricorrente censura la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3);
secondo il contribuente la sentenza sarebbe illegittima perchè l’art. 42 in esame, ai fini della validità e dell’esistenza degli avvisi di accertamento richiede proprio la sottoscrizione da parte del Capo dell’Ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato;
nel caso in questione, infatti, gli avvisi di accertamento sarebbero stati inviati al contribuente senza la prescritta autorizzazione da parte del Capo dell’Ufficio;
inoltre, l’ultima pagina di tali atti riporta una data di sottoscrizione successiva rispetto alla data in cui sono stati protocollati ai fini della spedizione e, quindi, già tale documentazione dimostrerebbe che, in assenza di controprova dell’Ufficio, tali atti sono stati spediti al contribuente privi di sottoscrizione;
2.2. i motivi, da esaminare congiuntamente perchè connessi, sono inammissibili;
2.3. invero, gli stessi hanno ad oggetto l’omesso rilievo, da parte del giudice di appello, della nullità degli atti impositivi per la carenza della sottoscrizione del Capo dell’Ufficio;
deve, però, rilevarsi che il vizio di nullità degli atti impositivi, per l’omessa sottoscrizione, andava fatto valere dal contribuente negli ordinari termini di impugnazione, cosa che pacificamente non si è verificata nel caso di specie;
3.1. con il quarto motivo, il ricorrente censura la nullità della sentenza per omessa pronuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4);
secondo il ricorrente la sentenza sarebbe nulla per omessa pronuncia su due dei motivi di gravame formulati nell’atto di appello: 1) invalidità della notifica degli avvisi di accertamento e dell’atto di contestazione per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. b-bis); 2) avvenuta definizione dei periodi di imposta in esame per effetto del condono di cui alla L. n. 289 del 2002;
la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia si sarebbe, infatti, pronunciata soltanto sulla questione relativa all’inesistenza e invalidità dell’atto di contestazione e degli avvisi di accertamento, senza pronunciarsi sulle eccezioni su indicate dal contribuente e che, in questa sede, si ripropongono;
con il quinto motivo di ricorso il ricorrente censura la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. b.bis) e della L. n. 890 del 1982, art. 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3);
secondo il ricorrente la sentenza ha violato le norme sopra indicate perchè nel retro dei tre avvisi di ricevimento prodotti dall’Ufficio in I grado risulta che tali atti sono stati consegnati a “familiare convivente moglie”, ma l’Agenzia delle Entrate non aveva inviato l’ulteriore raccomandata prescritta ai sensi delle norme violate;
in forza di tali disposizioni, quindi, la notifica degli avvisi di accertamento e dell’atto di contestazione sarebbe invalida per mancato invio della lettera raccomandata informativa, con la conseguente invalidità della successiva cartella di pagamento e dei relativi ruoli;
3.2. i motivi, da esaminare congiuntamente perchè connessi, sono infondati e vanno rigettati;
3.3. la C.T.R., infatti, ha implicitamente rigettato le doglianze riguardanti l’asserita mancata prova della spedizione della comunicazione di avvenuta notifica, ritendo che l’Ufficio avesse dimostrato l’avvenuta rituale notifica degli atti impositivi;
a ciò si aggiunga che, in caso di notificazione a mezzo posta dell’atto impositivo, eseguita direttamente dall’Ufficio finanziario (o dal concessionario), come nel caso di specie, si applicano le norme concernenti la consegna dei plichi raccomandati, in quanto le disposizioni di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, concernono esclusivamente la notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario;
ne consegue che, in caso di notifica dell’avviso di accertamento direttamente a mezzo del servizio postale, non va redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento, che, ove contenente le informazioni necessarie, costituisce prova dell’avvenuta notifica ed essa si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dalla persona abilitata a ricevere l’atto (in questo caso la moglie, familiare convivente), senza che si renda necessario l’invio della raccomandata al destinatario;
infine, da quanto riportato nello stesso ricorso del contribuente, l’eccezione relativa all’avvenuta presentazione dell’istanza di condono risulta avanzata per la prima volta in appello, in maniera inammissibile, in violazione del divieto posto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57;
comunque, l’eccezione relativa al condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9, preclusivo di attività di accertamento da parte dell’Ufficio, doveva essere proposta in sede di impugnazione degli avvisi di accertamento e non in sede di impugnazione della cartella di pagamento, fondata su avvisi divenuti ormai irrevocabili;
per quanto fin qui detto il ricorso va complessivamente rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida un Euro 15.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020