LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22430-2012 proposto da:
F.E., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA FARNESE 101, presso lo studio dell’avvocato MARCO BECCIA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO AQUINO, giusta procura in calce;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– resistente –
avverso la sentenza n. 81/2012 della COMM. TRIB. REG. di ROMA, depositata il 20/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/01/2020 dal Consigliere Dott. FRACANZANI MARCELLO MARIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato AQUINO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato PELUSO che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Il contribuente era attinto da avviso di accertamento per l’anno di imposta 2003, con rettifica del reddito a fini Irpef derivante da plusvalenza da cessione di 1/4 dell’intera proprietà di un terreno di 1.000,00 mq sito in agro di Pomezia. L’atto impositivo era motivato per relationem sulla rimodulazione del valore del terreno venduto ai fini dell’imposta di registro. Insorgeva il contribuente protestando trattarsi di liquidazione di imposta non definitiva -anzi, tempestivamente impugnata – e comunque insuscettibile di provare il reale prezzo di vendita, argomentando con diverse circostanze la dimostrazione del corrispettivo ricevuto da ritenersi veritiero. Il giudice di prossimità apprezzava le ragioni della parte contribuente, valorizzando l’argomento per cui l’Ufficio non aveva adeguatamente controdedotto alle giustificazioni del privato.
2. Nel frattempo, il giudizio di impugnazione della maggior imposta di registro esitava in una pronuncia di cessazione della materia del contendere per aver il contribuente versato la maggior somma richiesta. Oltre che sul prezzo dichiarato dall’acquirente, anche su tale circostanza, l’Amministrazione finanziaria interponeva appello, argomentando sul comportamento concludente del privato, sicchè ormai essendo definitivo il valore del bene ai fini dell’imposta di registro, per legittima presunzione se ne doveva dedurre la ripresa a tassazione anche a fini Irpef sulla base dello stesso (maggior) valóre. In tal senso di pronunciava il giudice dell’impugnazione, richiamandosi anche all’orientamento di questa Suprema Corte.
Ricorre per cassazione il contribuente, affidandosi a quattro motivi, mentre il patrono erariale si è riservato di spiegare difese in udienza.
In prossimità dell’udienza la parte contribuente ha depositato memoria, significando che l’analogo giudizio vertente tra l’Agenzia ed altra comproprietaria venditrice aveva visto la cassazione con rinvio della sentenza gemella a quella qui all’esame.
RAGIONI DELLE DECISIONE Vengono proposti quattro motivi di ricorso.
1. in ossequio ai principi enucleati dalle Sezioni Unite di questa Corte, nell’ordine di esame dei motivi occorre privilegiare quello di più pronta decisione, dal cui esito può dipendere la soluzione dell’intera controversia. Nel caso all’esame il motivo “più liquido” è sicuramente il secondo ove si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione dell’art. 2697 c.c., lamentandosi violato il riparto sull’onere probatorio, poichè la plusvalenza da cessione di immobile non potrebbe fondarsi su di un riferimento automatico al maggior valore determinato ai fin dell’imposta di registro.
2. Seppurè questa Corte ha costantemente affermato come nella fase di accertamento di una plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, l’Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via presuntiva sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, restando a carico del contribuente l’onere di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato col valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrando di aver in concreto venduto ad un prezzo inferiore (così Cass. n. 4057/2007, poi ribadita in Cass. n. 21020/2009, Cass. n. 18705/2010), non di meno, successivamente è intervenuta una norma di interpretazione autentica. Più precisamente, alla luce del principio secondo cui nell’accertamento delle imposte sui redditi, “il D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3 – che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva – esclude che l’Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini di altra imposta commisurata al valore del bene, posto che la base imponibile ai fini IRPEF è data non già dal valore del bene, ma dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Il riferimento contenuto nella detta norma all’imposta di registro ed alle imposte ipotecarie e catastali svolge una funzione esemplificativa, volta esclusivamente a rimarcare la ratio della norma incentrata sulla non assimilabilità della differente base impositiva (valore) rispetto a quella prevista per l’IRPEF (corrispettivo)” (Cfr. Cass. n. 19227/2017, Cass. n. 12265/2017). Il motivo è quindi fondato ed assorbente.
In definitiva, il ricorso è fondato e merita accoglimento.
P.Q.M.
La Corte in accoglimento del secondo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per il Lazio, in diversa composizione, cui demanda anche la definizione delle spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020