LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 884-2013 proposto da:
C.C., elettivamente domiciliata in ROMA VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO SINOPOLI, rappresentata difesa dall’avvocato BRUNO SIMECNI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE PROVINCIALE DI UDINE, UFFICIO CONTROLLI;
– intimata –
Nonchè da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE PROVINCIALE DI UDINE, UFFICIO CONTROLLI, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente incidentale –
contro
C.C.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 80/2012 della COMM. TRIB. REG. di TRIESTE, depositata il 26/09/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/10/2019 e del 15/04/2020 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.
RILEVATO
che:
Con sentenza n. 80/09/12, depositata il 26 settembre 2012, notificata il 25 ottobre 2012, la Commissione tributaria regionale (CTR) del Friuli-Venezia Giulia rigettò, previa riunione, gli appelli principali proposti dalla sig.ra C.C. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 202/02/2010 della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Udine, dichiarando assorbita ogni altra questione proposta dall’Ufficio con appello incidentale avverso la succitata sentenza.
La vicenda traeva origine dall’impugnazione di avvisi di accertamento notificati dall’Ufficio, con i quali, relativamente agli anni d’imposta 2003 e 2004, era rettificato, con metodo sintetico, il reddito dichiarato dalla contribuente sulla base dei seguenti elementi presuntivi di reddito: pagamento di premi assicurativi; titolarità (100%) di casa di abitazione di 100 mq; possesso, per il 20%, di autoveicolo immatricolato nel 2001 di HP 17; possesso (100%) di imbarcazione motorsailer di 17 metri di lunghezza, anno 1981.
Notificato previamente alla contribuente l’invito al contraddittorio ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, ex art. 5, effettivamente espletato quest’ultimo come da verbale del 24 giugno 2008 senza che il procedimento di accertamento con adesione andasse a buon fine, l’Ufficio aveva quindi notificato i summenzionati avvisi di accertamento, ai quali era succeduto l’avvio della riscossione mediante notifica della cartella di pagamento riferita a ciascuna annualità d’imposta per l’intero importo di quanto ritenuto dovuto in base agli avvisi di accertamento notificati, sul presupposto, da parte dell’Ufficio, che gli accertamenti medesimi fossero divenuti definitivi perchè solo tardivamente impugnati.
La CTR, rigettata l’eccezione d’inammissibilità dell’appello della contribuente, con riferimento all’eccepita tardività del gravame, ritenendo che nella controversia dovesse trovare applicazione il termine “lungo” di un anno secondo la formulazione dell’art. 327 c.p.c. applicabile ratione temporis, rigettò nel merito le doglianze dell’appellante principale, ritenendo che non avesse offerto prova idonea a superare la presunzione di redditività legata al possesso dei summenzionati beni indice, ritenendo assorbita ogni altra questione dedotta dall’Ufficio con l’appello incidentale avverso la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della CTR la contribuente ha proposto ricorso principale per cassazione affidato a quattro motivi, cui resiste l’Amministrazione finanziaria con controricorso e ricorso incidentale, affidato a sua volta a tre motivi.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la sentenza impugnata omesso di pronunciare relativamente alla domanda, proposta con il ricorso in appello, volta ad accertare la validità della definizione delle sanzioni mediante il versamento entro il termine previsto per la proposizione di ciascun ricorso, degli importi di Euro 4.821,75 per l’anno 2003 e di Euro 5.076,75 corrispondenti alla misura di 1/4 delle sanzioni rispettivamente irrogate con ciascuno dei due avvisi di accertamento notificati, nonchè in ordine alla domanda di annullamento dell’iscrizione a ruolo emessa sul presupposto della definitività dei due accertamenti.
2. Con il secondo motivo la ricorrente principale lamenta violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 17, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, quanto al mancato riconoscimento della definizione agevolata delle sanzioni secondo le modalità riportate nel precedente paragrafo.
3. Con il terzo motivo la contribuente denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 15, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, assumendo parte ricorrente che, avendo il giudice d’appello riconosciuto l’ammissibilità dei ricorsi introduttivi, come già fatto dal giudice di prime cure, la CTR, in applicazione della succitata norma, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, secondo cui “Le imposte, i contributi ed i premi corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio ma non ancora definitivi sono iscritti a titolo provvisorio dopo la notifica dell’atto di accertamento per la metà degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati”, avrebbe dovuto annullare l’iscrizione a ruolo fondata sul diverso presupposto della definitività degli accertamenti, ciò che non ha fatto, incorrendo, quindi, secondo la ricorrente principale, l’impugnata pronuncia nel vizio denunciato in rubrica.
4. Con il quarto motivo, infine, la ricorrente principale denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, degli artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la sentenza impugnata avrebbe violato le regole sul riparto dell’onere probatorio in caso di accertamento sintetico, escludendo che la prova contraria del contribuente idonea a superare la presunzione legale di redditività connessa al possesso ed alle relative spese relativamente al mantenimento dei beni indice di capacità contributiva potesse essere a sua volta fornita mediante presunzioni.
5. Con il primo motivo di ricorso incidentale l’Amministrazione finanziaria denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la CTR omesso di pronunciare sulla questione relativa all’inammissibilità per tardività degli originari ricorsi proposti avverso gli avvisi di accertamento notificati.
6. Con il secondo motivo di ricorso incidentale l’Agenzia delle Entrate denuncia nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentando l’erroneità della pronuncia impugnata laddove – non rilevando l’effetto preclusivo alla nuova istanza di cui al D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 2, di accertamento con adesione, della fase precedente che aveva visto espletato il contraddittorio a seguito d’invito formulato dall’Ufficio – non aveva statuito in ordine all’inammissibilità dei ricorsi avverso gli avvisi di accertamento notificati, non potendo trovare applicazione, nella fattispecie in esame, la sospensione del termine per la proposizione di ciascuna impugnazione, ai sensi del cit. decreto, ex art. 6, comma 3.
7. Con il terzo motivo di ricorso incidentale, infine, l’Amministrazione finanziaria denuncia nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 51 e dell’art. 327 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nella parte in cui la decisione impugnata ha rigettato l’eccezione, formulata dall’Ufficio, d’inammissibilità dell’appello proposto avverso la sentenza della CTP relativamente all’impugnazione della cartella di pagamento portante l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo di quanto dovuto in base ai prodromici avvisi di accertamento.
8. Quanto all’ordine di esame delle questioni oggetto rispettivamente dei motivi di ricorso principale ed incidentale, appare opportuno premettere alcune considerazioni riguardo al possibile nesso tra due diversi orientamenti espressi dalla giurisprudenza di questa Corte, che sembrano correre parallelamente.
8.1. Con riferimento al primo, si è affermato che le questioni di rito vertenti sulla carenza di potestas iudicandi di cui all’art. 382 c.p.c., comma 3, sono rilevabili d’ufficio anche in Cassazione, con il solo limite della formazione del giudicato interno (cfr. Cass. SU 9 febbraio 2012, n. 1912; Cass. SU 13 febbraio 2012, n. 1978; Cass. sez. lav. 8 agosto 2012, n. 14243; Cass. sez. 6-3, ord. 6 dicembre 2018, n. 31574).
8.2. In relazione, invece, al secondo dei due orientamenti in esame, si è affermato il principio secondo il quale il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito (si vedano Cass. SU, 6 marzo 2009, n. 5456; Cass. SU 25 marzo 2013, n. 7381; Cass. sez. 1, 6 marzo 2015, n. 4619; Cass. sez. 3, ord. 14 marzo 2018, n. 6138).
8.3. Ritiene la Corte che, nell’operare l’opportuno coordinamento tra i due principi come dinanzi esposti, il primo trovi applicazione solo se nessuna delle parti (ricorrente principale o ricorrente incidentale condizionato) sollevi la questione di rito di cui all’art. 382 c.p.c., comma 3 e nella sentenza impugnata non vi sia alcuna statuizione implicita o esplicita su di essa; con la conseguenza che essa, in difetto di giudicato interno, dovrà essere oggetto di rilievo d’ufficio da parte della Corte ed esaminata prioritariamente.
8.4. Qualora invece la questione di rito, anche quella destinata a sfociare nella pronuncia di cui all’art. 382 c.p.c., comma 3, sia stata oggetto di pronuncia esplicita o implicita, debitamente impugnata con il ricorso incidentale condizionato ad opera della parte totalmente vittoriosa nel merito, trova applicazione il secondo principio sopra esposto, dovendo quindi il ricorso incidentale condizionato essere esaminato solo successivamente al ricorso principale, restando pertanto assorbito in caso di rigetto di quest’ultimo.
8.5. Nella controversia in esame l’Amministrazione finanziaria, totalmente vittoriosa nel merito dinanzi alla CTR, ha proposto ricorso incidentale condizionato in ordine a duplice questione pregiudiziale di rito, la prima relativa all’inammissibilità originaria dei ricorsi proposti dalla contribuente avverso gli avvisi di accertamento per decorso del termine perentorio di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, oggetto di specifica eccezione sin dalle controdeduzioni depositate nel giudizio di primo grado dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Udine e di motivo di appello incidentale avverso la decisione sul punto sfavorevole all’Amministrazione resa dalla CTP, la seconda riguardante l’eccepita inammissibilità dell’appello principale riguardo alla decisione della CTP nella parte relativa al rigetto del ricorso proposto dalla contribuente avverso la cartella di pagamento ed il ruolo emessi per l’intero in ragione della ritenuta definitività da parte dell’Amministrazione degli avvisi di accertamento.
8.6. Mentre sulla seconda la CTR si è certamente pronunciata in modo espresso, rigettando l’eccezione dell’Agenzia delle Entrate d’inammissibilità dell’appello principale della contribuente per tardività quanto alla decisione riguardante l’impugnazione della cartella di pagamento, più ardua è la verifica se sulla prima possa dirsi intervenuta da parte della CTR decisione quanto meno implicita di rigetto dell’appello incidentale proposto dall’Ufficio avverso la decisione della CTP, che aveva disatteso l’originaria eccezione d’inammissibilità degli originari ricorsi, separatamente proposti, avverso ciascuno degli avvisi di accertamento notificati alla contribuente dall’Amministrazione finanziaria.
8.6.1. In effetti la CTR, dopo avere parzialmente corretto il tiro riguardo a quanto affermato dalla CTP circa l’irregolarità della procedura di accertamento con adesione, rilevandone invece la piena validità, anzichè trarne le dovute conseguenze in relazione alla questione pregiudiziale di rito d’inammissibilità degli originari ricorsi proposti avverso gli avvisi di accertamento, è passata all’esame nel merito del ricorso principale in appello della contribuente, rigettandolo, impropriamente dichiarando assorbita “ogni altra questione proposta con l’appello incidentale”.
8.6.2. A giudizio della Corte, nell’esame del merito del ricorso principale in appello da parte della CTR deve ravvisarsi pronuncia implicita di rigetto del motivo di appello incidentale dell’Agenzia volto a far valere la pregiudiziale di rito dell’inammissibilità per tardività dei ricorsi proposti dalla contribuente avverso gli avvisi di accertamento notificati per gli anni 2003 e 2004, ciò restando confermato anche dalla lettera del dispositivo della sentenza della CTR, che si esprime tout court in tali termini: “rigetta gli appelli”, ciò portando a concludere che il giudice tributario d’appello abbia inteso rigettare in toto anche l’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate.
8.7. Alla stregua di quanto sopra osservato, consegue che le questioni pregiudiziali di rito dedotte dall’Amministrazione finanziaria con il ricorso incidentale condizionato dovranno essere esaminate, ove residui interesse, solo all’esito della decisione sul ricorso principale della contribuente.
9. Venendo quindi all’esame del ricorso principale, i primi due motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto connessi.
Con gli anzidetti motivi, come sopra esposti (paragrafi 1 e 2), la contribuente lamenta, con il primo, omessa pronuncia da parte della CTR sul motivo d’appello principale col quale la contribuente si era doluta del mancato riconoscimento della legittimità della definizione agevolata delle sanzioni in misura di 1/4 in relazione al disposto del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, comma 2, nella formulazione applicabile ratione temporis e, con il secondo, erroneità in diritto della decisione impugnata in relazione alla succitata disposizione ove si ritenga che sulla questione vi sia stata decisione implicita di rigetto.
9.1. I motivi sono inammissibili. Risulta fondata, infatti, l’eccezione sollevata dall’Amministrazione finanziaria nel proprio controricorso con riferimento alla novità della domanda subordinata concernente detta questione, in quanto introdotta per la prima volta in grado d’appello dalla contribuente, in contrasto con il divieto posto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 1, come è dato rilevare dalle stesse conclusioni del ricorso di primo grado quali riportate dalla contribuente che, nell’esposizione dei fatti di causa, riguardavano in primo grado la richiesta di annullamento nel merito degli atti impositivi, ovvero di riduzione del reddito rispetto a quello rettificato per gli anni in contestazione ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38.
10. Risulta invece fondato il terzo motivo del ricorso principale.
Nel momento in cui la CTR, pronunciando sul merito degli accertamenti, ha, disattendendo l’appello incidentale dell’Ufficio avverso la decisione di primo grado, sia pur implicitamente ritenuto che gli atti impositivi oggetto degli originari ricorsi da parte della contribuente non fossero divenuti definitivi per omessa impugnazione nei termini, avrebbe dovuto coerentemente ritenere fondata la doglianza della contribuente relativamente alla riscossione intrapresa per l’intero e non già secondo quanto previsto ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15, comma 1, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, per effetto del quale “Le imposte, i contributi ed i premi corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio ma non ancora definitivi sono iscritti a titolo provvisorio dopo la notifica dell’atto di accertamento per la metà degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati”.
11. Viceversa è inammissibile il quarto motivo, col quale la ricorrente, sub specie del vizio di violazione o falsa applicazione delle norme di diritto quali sopra indicate (paragrafo 4), tende piuttosto – in difetto, peraltro, di censura in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nei limiti consentiti dalla formulazione di detta norma, applicabile ratione temporis, quale conseguita all’ultima riforma di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con modif., dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, sull’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito circa l’inidoneità delle prove offerte dalla contribuente a superare la presunzione di maggior reddito conseguente all’accertamento redditometrico – ad un’inammissibile rivalutazione nel merito delle prove quali esaminate dalla CTR.
Al riguardo, segnatamente con riferimento alla prima delle tre proposizioni rese dalla CTR oggetto del motivo di censura, laddove il giudice tributarlo d’appello afferma che la contribuente non ha provato che “l’elargizione da parte del padre avesse costituito un vero e proprio reddito per la contribuente piuttosto che non fosse stata impiegata per terzi, a nulla valendo, ovviamente, la mera dichiarazione manoscritta dell’erogante la somma”, deve rilevarsi, per un verso, di là dalla formulazione non particolarmente felice della stessa, che la CTR non abbia inteso affermare, come ipotizzato dalla ricorrente principale, che è mancata la prova della natura reddituale di detta somma, quanto piuttosto che è mancata la prova che detta somma sia stata utilizzata per sostenere le spese connesse ai beni indice oggetto di rilevazione con l’accertamento redditometrico, mentre, per altro verso, nel negare in sè valore di prova alla dichiarazione sottoscritta dal padre della contribuente, la CTR non ha affatto affermato, come sembra ritenere la contribuente, che la prova contraria all’accertamento basato sul possesso di beni indice incompatibile con il reddito dichiarato non possa essere a sua volta data con presunzioni, quanto piuttosto che la dichiarazione scritta di terzo, assunta nel processo tributario, è di per sè sola al più valutabile come elemento indiziario, che la CTR, evidentemente, con accertamento di fatto non impugnato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non ha ritenuto sufficiente ad integrare, in difetto di ulteriori elementi dotati dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, prova presuntiva idonea a superare la presunzione legale relativa di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, nella sua formulazione applicabile ratione temporis.
12. L’accoglimento, sia pur parziale, del ricorso principale nei termini sopra esposti, comporta la necessità di esaminare anche il ricorso incidentale condizionato dell’Amministrazione finanziaria in relazione a ciascuna delle questioni pregiudiziali di rito riproposte con detto ricorso incidentale condizionato.
13. Il primo motivo di ricorso incidentale condizionato è infondato e va rigettato.
Non sussiste, infatti, il denunciato vizio di omessa pronuncia, che, secondo il consolidato orientamento espresso da questa Corte, attiene solo ai casi relativi ad omissioni di pronuncia in ordine a questioni di merito (cfr., più di recente, Cass. sez. 1, 26 settembre 2013, n. 22083; Cass. sez. 2, ord. 25 gennaio 2018, n. 1876; Cass. sez. 3, 11 ottobre 2018, n. 25154).
14. Risulta, invece, fondato il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato, con il quale l’Amministrazione finanziaria denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6.
14.1. Avendo, infatti, la sentenza impugnata espressamente accertato, senza che ciò sia stato oggetto di contestazione alcuna da parte della ricorrente principale, che alcuna irregolarità procedurale si fosse verificata nel previo espletamento dell’accertamento con adesione secondo il disposto del decreto da ultimo cit., art. 5, avendo “inviato al contribuente regolare invito a comparire notificato il 24 gennaio 2008”, da ritenere, dunque, per espressa statuizione della CTR, contenente tutti gli elementi previsti dal menzionato D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5, comma 1, ne consegue che era preclusa alla contribuente la proposizione di (nuova) istanza di adesione ai sensi del cit. decreto, art. 6, comma 2, (cfr. Cass. sez. 5, ord. 20 dicembre 2017, n. 30577).
14.2. Ciò comporta che la contribuente medesima non poteva usufruire della sospensione del termine, ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, ex art. 6, comma 3, per la proposizione dell’impugnazione avverso gli avvisi di accertamento, che presupponeva che l’istanza formulata ai sensi del comma precedente fosse validamente espressa.
14.3. Di modo che, non trovando nella fattispecie in esame applicazione la sospensione del termine ai sensi del cit. D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 3, la CTR avrebbe dovuto accogliere l’eccezione d’inammissibilità degli originari ricorsi, notificati solo in data 5 febbraio 2009, avverso gli avvisi di accertamento impugnati, essendo stati i suddetti atti impositivi notificati il 29 luglio 2008, risultando così alla data di proposizione dei ricorsi il termine perentorio di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, abbondantemente decorso.
15. Ugualmente è fondato il terzo motivo del ricorso incidentale condizionato.
15.1. La CTR ha rigettato espressamente l’ulteriore questione pregiudiziale di rito dell’inammissibilità dell’appello per eccepita tardività, sul presupposto che, essendo stati già riuniti in primo grado i giudizi aventi ad oggetto rispettivamente le impugnazioni dei due avvisi di accertamento e quella della cartella successivamente notificata, dovesse trovare applicazione, quanto alla verifica della tempestività dell’appello principale proposto dalla contribuente con unico atto avverso la sentenza della CTP di Udine n. 202/02/2010, il termine lungo di un anno, in ragione dell’instaurazione in data 5 febbraio 2009 dei giudizi concernenti l’impugnazione degli avvisi di accertamento, a nulla rilevando che l’impugnazione in primo grado avverso la cartella di pagamento fosse stata proposta in data 29 ottobre 2009.
15.2. Tale statuizione muove da un presupposto erroneo e cioè che il processo di appello fosse da ritenere formalmente e sostanzialmente unico. In realtà in primo grado era stata disposta la riunione di tre giudizi separatamente proposti, i primi due, proposti entrambi in data 5 febbraio 2009, avverso gli avvisi di accertamento, ed il terzo avverso la cartella ed il ruolo emessi dall’Agenzia delle Entrate con i quali era intrapresa la riscossione per l’intero importo dovuto in ragione della ritenuta definitività, da parte dell’Amministrazione, degli atti impositivi in quanto tardivamente impugnati.
15.3. Non vi è dubbio, quindi, che l’appello principale della contribuente avverso la decisione ad essa sfavorevole nel merito riguardo al giudizio d’impugnazione della cartella integrasse causa scindibile rispetto a quelle concernenti l’impugnazione degli avvisi di accertamenti.
15.4. Ciò comporta che, essendo stato il relativo giudizio proposto in primo grado in data 29 ottobre 2009, deve trovare applicazione riguardo a quest’ultimo l’art. 327 c.p.c., comma 1, nella sua formulazione conseguente alla modifica apportata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 17, che ha ridotto il termine c.d. “lungo” d’impugnazione da un anno a sei mesi, in virtù della stessa legge, art. 58, comma 1, secondo cui tale disposizione si applica ai giudizi instaurati dopo la data (4 luglio 2009) della sua entrata in vigore.
15.5. Ne consegue l’inammissibilità per tardività dell’appello principale della contribuente, proposto con ricorso notificato il 27 ottobre 2011, limitatamente all’impugnazione della decisione della CTP, depositata il 30 novembre 2010, nella parte relativa al rigetto del ricorso di primo grado avverso la cartella di pagamento.
16. L’accoglimento del ricorso incidentale condizionato dell’Amministrazione finanziaria in relazione a ciascuna delle questioni pregiudiziali di rito poste con il secondo e terzo motivo di ricorso comporta, in relazione al secondo motivo, la declaratoria d’inammissibilità degli originari ricorsi avverso gli avvisi di accertamento, trattandosi di cause che non potevano essere proposte, stante il decorso del termine perentorio d’impugnazione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21; nonchè, in ordine al terzo motivo, il rilievo dell’inammissibilità dell’appello relativamente all’impugnazione proposta avverso la decisione della CTP quanto al rigetto del ricorso avverso la cartella di pagamento ed il ruolo, con conseguente cassazione senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., comma 3, della sentenza impugnata, perchè la causa non poteva essere iniziata con riferimento all’impugnazione degli originari avvisi di accertamento, nè proseguita relativamente al giudizio vertente sull’impugnazione della cartella di pagamento e del ruolo, ciò vanificando l’accoglimento del terzo motivo del ricorso principale.
17. Stante la complessità delle questioni in rito affrontate, possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito, ponendosi a carico della contribuente, soccombente riguardo alle pregiudiziali di rito poste dal ricorso incidentale condizionato dell’Amministrazione, le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
PQM
Accoglie il ricorso principale in relazione al terzo motivo, dichiarati inammissibili il primo, secondo e quarto.
Accoglie il ricorso incidentale in relazione al secondo e terzo motivo, rigettato il primo, e cassa la sentenza impugnata.
Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito e condanna la ricorrente principale al pagamento in favore della controricorrente e ricorrente incidentale delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 ottobre 2019 e, a seguito di riconvocazione, il 15 aprile 2020.
Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020