Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.10763 del 05/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22433-2018 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO TREDICINE;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V. DELLA CROCE 44, presso lo studio dell’avvocato ERNESTO GRANDINETTI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5089/2018 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 23/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIANNACCARI ROSSANA.

FATTI DI CAUSA

M.G., già perito assicurativo fiduciario della Nuova Tirrena Assicurazioni (oggi Groupama Assicurazioni), adì il Giudice di Pace di Napoli per richiedere il pagamento di un corrispettivo ulteriore rispetto a quello corrispostogli per ogni singolo sinistro stradale dalla convenuta. Dedusse di aver esercitato ulteriori prestazioni rispetto alla stima del danno, come l’acquisizione di documentazione, l’attività di trattazione con il danneggiato per raggiungere l’accordo transattivo e la redazione dell’accordo.

La Groupama Assicurazioni preliminarmente eccepì l’improponibilità della domanda per abuso del processo, giacchè l’attore aveva proposto molteplici giudizi per ciascuna della attività svolte e nel merito ne chiedeva il rigetto, avendo l’attore accettato la predeterminazione forfettaria del compenso, già liquidato con fattura.

Il giudice di Pace accolse la domanda Interposto appello dalla Groupama s.r.l., con sentenza n. 5089//2018, pubblicata il 24.05.2018, il Tribunale di Napoli accolse l’appello, ritenendo che l’azione proposta dall’attore integrasse un illegittimo frazionamento del credito. Egli aveva agito proponendo centinaia di azioni aventi ad oggetto il pagamento di somme per prestazioni professionali nascenti dal medesimo rapporto ed aventi identità di petitum e causa petendi. Detto rapporto si era svolto in modo continuativo dal 1987 al 2012 ed era stato retribuito a forfait, indipendentemente dalla qualità del lavoro prestato e dal tempo impiegato, sulla base di un accordo accettato per facta concludentia.

Il Tribunale dichiarò inammissibile il disconoscimento della conformità agli originali delle copie prodotte dalla compagnia assicurativa, perchè avvenuto in modo generico, sia in relazione alle modalità di contestazione dei fatti processuali, sia per le modalità di contestazione della conformità all’originale della copia del documento. Infine, secondo il tribunale, l’attore non aveva prospettato alcun interesse meritevole di tutela tale da giustificare la proposizione di separati procedimenti, riconducibili ad un unico rapporto di durata intercorso con la compagnia assicurativa. Rilevò che il M., con la proposizione di una molteplicità di procedimenti inerenti il medesimo rapporto, aveva aggravato la posizione del debitore.

Il Tribunale rigettò la domanda, ritenendo che le parti avessero concluso un contratto, secondo il quale il compenso del M. era stato forfettariamente determinato in Euro 40,00 ed era stato dal medesimo accettato per un arco temporale rilevante, fino a quando il rapporto con la società assicurativa si era interrotto.

M.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. La Groupama Assicurazioni s.p.a. ha resistito con controricorso.

Il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di manifesta infondatezza del ricorso ed il Presidente ha fissato l’udienza camerale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, deducendo la violazione dell’art. 1181 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si contesta la decisione del Tribunale, che ha ravvisato nella pretesa creditoria un’ipotesi di frazionamento del credito, nonostante i diversi giudizi instaurati avessero una diversa causa petendi, costituita dalla prestazione svolta dal ricorrente in relazione al singolo sinistro, sicchè le domande proposte andrebbero intese non come frazione di un unico credito ma come crediti nascenti da incarichi relativi a diversi sinistri ovvero a rapporti professionali intercorsi con il medesimo debitore. L’unitarietà del rapporto obbligatorio – osserva il ricorrente – cui può essere ricollegata l’abusività del frazionamento implica infatti che la prestazione sia stata considerata unitariamente in sede contrattuale mentre, nella specie, si tratterebbe di incarichi distinti relativi a diverse perizie sulla base di un rapporto fiduciario e, quindi, non di un singolo credito ma di una pluralità di crediti facenti capo ad un unico rapporto obbligatorio.

Con il quinto motivo di ricorso, si deduce “l’erronea applicazione dei principi affermati dalle sezioni unite con le sentenze 23726/2007 e 4090/2017”, con riferimento alla assenza di unicità del rapporto in quanto l’oggetto dell’incarico sarebbe diverso in relazione ad ogni sinistro, con conseguente possibilità di inadempimento di un incarico ed adempimento dell’altro. L’assenza di unitarietà del rapporto giustificherebbe, dunque, le distinte azioni giudiziali proposte dal ricorrente per la liquidazione dei propri compensi professionali in relazione ad ogni singolo incarico e ciò anche al fine di sospendere i termini di prescrizione.

I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.

Secondo il costante orientamento di questa Corte di legittimità, le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benchè relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (principio affermato dalle sezioni unite con la sentenza n. 4090 del 16/02/2017 Rv. 643111 e poi richiamato in una serie di ordinanze emesse in una analoga vicenda di pretese avanzate da perito assicurativo: solo per citarne alcune, Sez. 2 -, Ordinanza n. 31012 del 28/12/2017 Rv. 647129; Sez. 2, Ordinanza n. 31013 del 2017; Sez. 2, Ordinanza n. 31014 del 2017; Sez. 2, Ordinanza n. 1356 del 2018; Sez. 2, Ordinanza n. 1355 del 2018; Sez. 2, Ordinanza n. 22449 del 2018).

Nel caso in esame il Tribunale ha accertato che il M. aveva svolto attività continuativa, quale perito della società assicurativa, per oltre venticinque anni ed era stato remunerato in maniera uniforme e costante, indipendentemente dal contenuto concreto della prestazione, tanto che le fatturazioni emesse erano del medesimo importo e conformi all’importo forfettario stabilito. Detta circostanza era indice dell’accettazione di uno schema negoziale concordato, sicchè tutte le pretese azionate trovano applicazione nella medesima fonte, ovvero nell’accordo quadro, nè il ricorrente aveva dedotto l’esistenza di elementi di fatto idonei a diversificare le prestazioni di volta in volta eseguite e tali da giustificare una trattazione separata. Il generico interesse del ricorrente ad ottenere un sollecito accertamento di ciascuna pretesa, a causa dell’interruzione dei rapporti professionali con la società assicuratrice, non poteva giustificare il frazionamento senza che fossero evidenziate le specificità dei singoli casi, specie considerando che, come accertato dal giudice di merito, le singole pretese erano fondate su presupposti comuni, quindi suscettibili di esser trattati ed istruiti in un unico processo senza alcun oggettivo aggravio della posizione processuale del ricorrente.

Il ricorso si limita a contrapporre un’alternativa ricostruzione del fatto relativamente al concreto interesse al frazionamento, richiamando il rischio che il credito potesse prescriversi, senza, tuttavia, specificare nè la decorrenza, nè la scadenza della prescrizione, nè ha evidenziato l’esistenza di elementi di fatto idonei a diversificare le prestazioni, tali da giustificare una trattazione separata delle sue pretese creditorie.

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce l’omessa, erronea ed insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo in quanto il Tribunale ha ritenuto genericamente contestata la copia della documentazione prodotta dalla società convenuta. Sostiene di avere prontamente e ritualmente disconosciuto la documentazione determinando così l’impossibilità di attribuire efficacia alla copia non autentica e rileva la mancata proposizione, da parte della Compagnia convenuta, dell’istanza di verificazione di scrittura privata.

Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.

Come ripetutamente affermato da questa Corte, la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (v. Sez. 2 -, Sentenza n. 27633 del 30/10/2018 Rv. 651376; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 29993 del 13/12/2017 Rv. 646981; Sez. 3, Sentenza n. 10326 del 13/05/2014 Rv. 630907 in motivazione; Sez. 3, Sentenza n. 7775 del 03/04/2014 Rv. 629905; v. altresì Cass. n. 28096/09, nonchè Cass. n. 14416/13).

Nel caso di specie, il Tribunale ha affermato che la contestazione aveva riguardato tutta la documentazione prodotta in copia dalla compagnia assicuratrice ed il ricorrente non aveva indicato in quali parti la copia dei documenti prodotti differisse dall’originale. Prive di rilievo sono le osservazioni relative al soggetto firmatario del contratto, perchè attinenti al contenuto del documento.

Col terzo motivo il ricorrente denunzia l’errore del Tribunale nel ritenere valido il documento del 18.9.2006, con il quale veniva stabilito il compenso forfettario per ogni sinistro, indipendentemente dall’attività svolta e osserva che quello del 18.10.2010 è successivo rispetto alla data in cui erano state effettuate le attività per cui veniva chiesto il compenso e quindi è irrilevante. Evidenzia l’abuso della posizione dominante della compagnia, che avrebbe liquidato il compenso forfettario, includendo prestazioni non rientranti in quelle concordate, come le trattative con i clienti, la definizione ed il pagamento dei sinistri. Rileva che non vi era mai stata una accettazione concordata e osserva che un eventuale accordo sarebbe stato nullo per violazione della L. n. 287 del 1990, artt. 2 e 3. Sotto tale profilo, il ricorrente denuncia l’omessa e/o insufficiente motivazione su un fatto controverso, nonchè la violazione dell’art. 112 c.p.c., della L. n. 166 del 1992 e della L. n. 287 del 1990, artt. 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il motivo è infondato.

In disparte l’inammissibilità del disconoscimento delle produzione della documentazione, il giudice d’appello ha fondato la decisione su una serie di elementi fattuali, dai quali ha desunto che le numerose pretese creditorie erano riconducibili al medesimo rapporto. L’effettivo perfezionamento dell’accordo volto a regolare le condizioni economiche tra le parti è questione che attiene al merito ed il relativo accertamento appare sorretto da argomentazioni logiche, intellegibili e non contraddittorie, con conseguente insussistenza del denunciato vizio di motivazione (Cass. s.u. 8053/2014) Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione della L. n. 172 del 2017, art. 19 quaterdecies, in materia di equo compenso per prestazioni di avvocati, applicabile anche agli altri professionisti, che deve essere commisurato alla quantità e qualità del lavoro svolto, al contenuto ed alle caratteristiche della prestazione, sicchè l’importo di Euro 40,00 per ogni perizia sarebbe in contrasto con detto decreto e le convenzioni con le quali veniva riservata la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto e le prestazioni aggiuntive sarebbero nulle anche qualora fossero state oggetto di apposita trattativa.

Il motivo è inammissibile, perchè dedotte per la prima volta nel giudizio di legittimità.

Il giudizio di cassazione ha, per sua natura, la funzione di controllare la difformità della decisione del giudice di merito dalle norme e dai principi di diritto, sicchè sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche nuove questioni di diritto, qualora, come nel caso in esame postulino indagini e accertamenti di fatto (riguardo ai presupposti applicativi della L. n. 287 del 1990, artt. 2 e 3) non compiuti dal giudice di merito (Cass. 15196/2018; Cass. 25683/2018; Cass. 26906/2016). In ogni caso l’eventuale nullità dell’accordo non impediva di configurare un abusivo frazionamento dei crediti azionati separatamente, una volta accertata l’unicità del fatto generatore e del rapporto sostanziale su cui essi si basavano.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 350,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2 della Corte di cassazione, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020

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