Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.11297 del 12/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28028/2016 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.A., C.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA BALDUINA 7, presso lo studio dell’avvocato CONCETTA TROVATO, che li rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5743/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 30/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/12/2019 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato CONCETTA TROVATO.

FATTI DI CAUSA

1. Il Ministero della Salute propone due motivi di ricorso per cassazione contro C.G. ed A., quali eredi di D.O., avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 5743/2016, del 14.9.2016, con la quale venivano accolte le richieste risarcitorie avanzate dai C., nella qualità di eredi della signora D., per il danno da contagio da HCV derivante alla stessa da emotrasfusioni effettuate nel ***** presso l’Ospedale *****, con contagio epatico accertato nel *****, HCV accertata nel *****, domanda di indennizzo ex lege n. 210 del 1992, proposta in data 26.10.2005 e domanda risarcitoria notificata il 25.9.2008, respingendo l’eccezione di prescrizione formulata dal Ministero.

2.Resistono i C. con controricorso illustrato da memoria.

3. La causa, dapprima veicolata per la trattazione in adunanza non partecipata della Sesta sezione civile (con proposta nel senso della manifesta infondatezza del ricorso), è stata da questa rimessa alla pubblica udienza della Terza Sezione con ordinanza interlocutoria n. 26048 del 2017, ravvisandosi l’opportunità di sottoporre alla decisione previa discussione in pubblica udienza, la questione della responsabilità del Ministero della salute per trasfusioni di sangue infetto praticate prima del ***** e della decorrenza della prescrizione in riferimento alla responsabilità extracontrattuale del Ministero per danni da emotrasfusioni.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il Ministero ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. e dei principi della responsabilità civile omissiva, nonchè l’erroneità della sentenza impugnata per aver dato per scontata la sussistenza del nesso di causalità tra la patologia epatica e il successivo decesso della D. e le trasfusioni risalenti al *****, data in cui non era stato ancora scoperto neppure il virus HBV. 2. Con il secondo motivo, denuncia la violazione del combinato disposto degli artt. 2935 e 2947 c.c., in ordine alla erronea individuazione, da parte della sentenza impugnata, della decorrenza iniziale della prescrizione quinquennale, fissata alla data di presentazione della domanda di indennizzo, piuttosto che al ***** o quanto meno al *****, date nelle quali era stata scoperta la sofferenza epatica cronica a carico della defunta sign. D..

3. I motivi sono entrambi infondati, in quanto la decisione impugnata è conforme ai principi già più volte affermati da questa Corte.

4. Quanto al primo motivo, relativo al fondamento della responsabilità del ministero e al nesso di causalità per patologie da contagio insorte prima della identificazione in sede scientifica delle varie epatopatie, va in questa sede ribadito, a proposito del danno da emotrasfusioni di sangue infetto, dalle quali possono essere derivate ai pazienti patologie epatiche di vario tipo e diversa gravità, il principio dell’unicità dell’evento lesivo, consistente nella lesione della integrità fisica della vittima, affermato già da Cass., S.U. n. 576/2008, secondo cui “in tema di patologie conseguenti ad infezione con i virus HBV (epatite B), HIV (AIDS) e HCV (epatite C) contratti a causa di assunzione di emotrasfusioni o di emoderivati con sangue infetto, non sussistono tre eventi lesivi, bensì un unico evento lesivo, cioè la lesione dell’integrità fisica (essenzialmente del fegato) in conseguenza dell’assunzione di sangue infetto; ne consegue che già a partire dalla data di conoscenza dell’epatite B – la cui individuazione spetta all’esclusiva competenza del giudice di merito, costituendo un accertamento di fatto – sussiste la responsabilità del Ministero della salute, sia pure col limite dei danni prevedibili, anche per il contagio degli altri due virus, che non costituiscono eventi autonomi e diversi, ma solo forme di manifestazioni patogene dello stesso evento lesivo” (conformi, ex multis, Cass. n. 17685/2011 e Cass. n. 5954/2014).

4. Va altresì ribadito quale sia il fondamento della responsabilità del Ministero della Salute per le patologie derivanti da somministrazioni di sangue infetto: la sua mancata osservanza dell’attività di controllo e prevenzione dei contagi connessi all’uso del sangue. Il Ministero della salute è tenuto ad esercitare un’attività di controllo e di vigilanza in ordine (anche) alla pratica terapeutica della trasfusione del sangue e dell’uso degli emoderivati, e risponde ex art. 2043 c.c., per omessa vigilanza, dei danni conseguenti ad epatite e ad infezione da HIV contratte da soggetti emotrasfusi, anche dopo l’emanazione della normativa di riferimento, in quanto è garante del suo rispetto (v. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 576; Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 584; da ultimo v. Cass., 29/8/2011, n. 17685, Cass. n. 1355 del 2014; Cass. n. 18520 del 2018; Cass. n. 1566 del 2019). L’obbligo del Ministero di prevenzione, programmazione, vigilanza e controllo deriva da una pluralità di fonti normative (analiticamente elencate, da ultimo da Cass. n. 18520 del 2018, da p. 4 a 7, alla cui minuziosa ricostruzione del quadro normativo si rinvia).

5. Può in questa sede ribadirsi, dando continuità ai principi ivi espressi, quanto in analoga fattispecie recentemente affermato da Cass. n. 1566 del 2019, che in caso di patologie conseguenti ad infezione da virus HBV, HIV e HCV, contratte a seguito di emotrasfusioni o di somministrazione di emoderivati, sussiste la responsabilità del Ministero della salute anche per le trasfusioni eseguite in epoca anteriore alla conoscenza scientifica di tali virus e all’apprestamento dei relativi test identificativi (risalenti, rispettivamente, agli anni *****), atteso che già dalla fine degli anni ‘60 era noto il rischio di trasmissione di epatite virale ed era possibile la rilevazione (indiretta) dei virus, che della stessa costituiscono evoluzione o mutazione, mediante gli indicatori della funzionalità epatica, gravando pertanto sul Ministero della salute, in adempimento degli obblighi specifici di vigilanza e controllo posti da una pluralità di fonti normative speciali risalenti già all’anno 1958, l’obbligo di controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni e gli emoderivati fosse esente da virus e che i donatori non presentassero alterazione della transaminasi.

6. Il secondo motivo sottopone la questione della corretta individuazione del momento ultimo di exordium praescriptionis per la proposizione della domanda risarcitoria.

7. Va in questa sede ribadito il principio consolidato secondo il quale il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto per contagio da emotrasfusioni una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre dal giorno in cui tale malattia venga percepita – o possa essere percepita usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche – quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, cioè dal giorno in cui la vittima sia in grado di tracciare la riconducibilità causale della malattia alla sua causa scatenante, e quindi ai possibili responsabili (in questo senso, da ultimo, Cass. n. 24164 del 2019; Cass. n. 2789 del 2019, Cass. n. 33169 del 2018, Cass. n. 13745 del 2018, Cass. n. 22045 del 2017).

8. E’ ben vero che il dies a quo della prescrizione non può essere identificato, unitariamente e per tutti i soggetti che hanno subito il contagio, nel giorno della presentazione della domanda per la corresponsione dell’indennizzo, in quanto esso costituisce solo il momento ultimo di decorrenza iniziale del termine di prescrizione, in corrispondenza del quale è ragionevole attendersi che il soggetto contagiato, proprio perchè si è attivato a richiedere l’indennizzo, disponga delle necessarie informazioni per ricondurre causalmente il contagio verificatosi all’evento scatenante.

9. Però, una volta dimostrata dalla vittima la data di presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell’indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992, spetta alla controparte dimostrare che già prima di quella data il danneggiato conosceva o poteva conoscere, con l’ordinaria diligenza, l’esistenza della malattia e la sua riconducibilità causale alla trasfusione. La prova può esser data anche per mezzo di presunzioni semplici, sempre che il fatto noto dal quale risalire a quello ignoto sia circostanza obiettivamente certa e non mera ipotesi o congettura, pena la violazione del divieto del ricorso alle “praesumptiones de praesumpto” (Cass. n. 17421 del 2019).

10. La corte d’appello si è uniformata a questi principi, là dove ha ritenuto che la prospettazione del Ministero, secondo la quale il dies a quo andava collocato nel *****, quando la D. per la prima volta fu affetta da una patologia epatica, o al più tardi nel *****, quando la D. risultò aver contratto l’HCV, epoca in cui il rischio di contagio da trasfusioni di sangue era ormai ben noto, non fosse suffragata da elementi specifici, relativi al soggetto danneggiato, alle informazioni alle quali quello avesse avuto accesso ed alle sue personali vicende e cognizioni, sulla base delle quali poter presumere una piena consapevolezza della malattia e dei dati rilevanti per l’instaurazione del giudizio ad un momento precedente a quello della proposizione della domanda di indennizzo.

11. Il ricorso va pertanto rigettato, risultando l’accertata responsabilità del Ministero della Salute per danni da emotrasfusioni effettuate, nel caso di specie, nel *****, conforme ai principi sopra enunciati.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis e comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico della parte ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 7.800,00 per compensi, oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2020

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