LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11166-2014 proposto da:
L.F., con domicilio eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato L.F.;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
EQUITALIA SUD SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 67/2013 della COMM.TRIB.REG. di BARI, depositata il 21/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/12/2019 dal Consigliere Dott. FASANO ANNA MARIA.
RITENUTO
CHE:
L.F. impugnava, con distinti ricorsi, due rigetti dell’istanza di condono proposta ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 12, riferiti a tasse automobilistiche, anni di imposta 1993 e 1994, per un importo di Euro 1062,00, denunciando l’illegittimità degli provvedimenti per difetto di motivazione e per l’intervenuta prescrizione delle pretese.
La Commissione Tributaria Provinciale di Bari, con sentenza n. 81/09/11, previa riunione, rigettava i ricorsi, ritenendo infondata l’eccezione di prescrizione.
La decisione veniva appellata innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia che, con sentenza n. 67/13/13, dichiarava in parte inammissibile l’appello (per omessa indicazione dei motivi di gravame) e in parte non fondata l’impugnazione, non ritenendo maturata la prescrizione del diritto dell’Amministrazione finanziaria.
Il contribuente propone ricorso per la cassazione della sentenza, svolgendo cinque motivi. L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso. Equitalia Sud S.p.A. non ha svolto difese.
CONSIDERATO
CHE:
1.Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Commissione Tributaria Regionale avrebbe erroneamente dichiarato inammissibile l’appello per omessa deduzione dei motivi a sostegno della richiesta di riesame della sentenza impugnata. Il ricorrente argomenta che i motivi di appello manifestavano, chiaramente, la volontà dell’appellante di censurare la sentenza di primo grado, per non avere dichiarato la decadenza dell’Amministrazione finanziaria nel recupero delle somme ritenute ancora dovute per intervenuta prescrizione e per non avere accertato che il contribuente, in sede di presentazione dell’istanza di condono, si era attenuto alle disposizioni normative ed alle indicazioni del Concessionario per la riscossione delle imposte. Si conclude sostenendo che, ove il giudice di appello avesse fatto corretta applicazione dell’art. 342 c.p.c., avrebbe accertato l’ammissibilità della domanda formulata sub A) nelle conclusioni dell’atto di appello, essendo state sufficientemente spiegate le ragioni dell’illegittimità degli atti impugnati, in riferimento all’irregolare procedimento di formazione dei ruoli esattoriali, all’intervenuta prescrizione delle tasse automobilistiche e all’ingiusta applicazione di interessi e sanzioni.
2.Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 953 del 1982, art. 5, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione delle parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in quanto i giudici di appello avrebbero sbrigativamente affermato che l’invio dell’avviso di liquidazione non era previsto per il mancato pagamento delle tasse automobilistiche, con la conseguenza che non poteva essere invocato il termine di prescrizione triennale. Si afferma che, ove la Commissione avesse ricostruito correttamente l’intera vicenda tributaria ed il momento in cui era stata redatta la contestata istanza di rottamazione dei ruoli (21 marzo 2003), avrebbe evidentemente accertato che, in occasione della notifica degli impugnati atti di diniego (22 dicembre 2009 e 7 gennaio 2010), era ormai maturata la prescrizione triennale dei diritti dell’Amministrazione Finanziaria, a norma del D.L. n. 953 del 1982, art. 5.
3. Con il terzo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2944 c.c. e delle norme che disciplinano l’accertamento e l’addebito dei tributi, nonchè il mancato esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione delle parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), atteso che i giudici di appello non avrebbero svolto alcun accertamento sulla legittimità della pretesa dell’Amministrazione finanziaria, omettendo di esaminare i seguenti fatti decisivi della controversia che erano stati prospettati dal ricorrente ed oggetto di discussione tra le parti, ed in particolare che: a) non erano stati validamente notificati i relativi avvisi di liquidazione attinenti i tributi degli anni 1993 – 1994; b) non erano state validamente notificate le rispettive cartelle esattoriali concernenti ruoli degli anni 2000 e 2001; c)l’Amministrazione finanziaria e l’Agente di Riscossione dei tributi, su cui incombeva l’onere della prova, non avevano ritualmente documentato di avere notificato gli atti indicati sub a) e sub b), non potendosi considerare idonei, per superare la predetta eccezione, l’esibizione di documenti informatici prodotti dalle controparti, atteso che da tali documenti non risultava nè il luogo di notifica, nè la persona che aveva ritirato l’atto. Si conclude affermando che, ove la Commissione Tributaria Regionale avesse esaminato tali punti decisivi della controversia, avrebbe concluso per l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione decennale, non sussistendo atti interruttivi.
4.Con il quarto motivo si denuncia violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 11 e 5, del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 10 e 23 e della L. n. 289 del 2012, art. 12, in quanto i giudici di appello, dopo aver affermato che la tassa automobilistica costituisce un’entrata di competenza Regionale, hanno respinto la domanda subordinata per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2 (per illegittima applicazione di sanzioni ed interessi moratori) in quanto l’appellante aveva inteso avvalersi di un condono inapplicabile nei confronti di tributi di competenza della Regione Puglia. Il ragionamento formulato dai giudici non sarebbe corretto, non essendo stato svolto nessun accertamento sulla definizione agevolata della vicenda tributaria e sulle norme che consentivano l’accesso a tale beneficio.
5.Con il quinto si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in quanto i giudici di appello avrebbero condannato l’appellante al pagamento delle spese e competenze di lite nella misura di Euro 500,000 in favore dell’Agenzia delle entrate e di Euro 250, 00 in favore della società Equitalia Sud S.p.A., pur sussistendo giusti motivi per compensare le spese del procedimento di appello, in considerazione della peculiarità della vicenda, dei precedenti giurisprudenziali citati dall’appellante, nonchè delle argomentazioni esposte nell’atto di impugnazione.
6. Il Collegio rileva che, in applicazione del principio processuale della “ragione più liquida” (che trova fondamento nella interpretazione costituzionalmente conforme dell’art. 276 c.p.c., in relazione alle disposizioni degli artt. 24 e 111 Cost., dovendo la tutela giurisdizionale risultare effettiva e spedita per le parti del giudizio) la causa può essere decisa esaminando il quarto motivo di ricorso, in quanto questione assorbente e di più agevole e rapido scrutinio, senza che sia necessario esaminare tutte la altre (Cass. SS.UU. n. 26242 del 2014, Cass. n. 2909 del 2017; Cass. n. 2853 del 2017). Dal rigetto del quarto motivo di impugnazione consegue l’assorbimento delle restanti censure per difetto di interesse.
6.1. A tale fine, va premesso che il contribuente ha impugnato, con l’atto introduttivo della lite, i provvedimenti di diniego della domanda di condono proposta ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 12, con riferimento a tassa automobilistica per gli anni 1993 e 1994.
a) Secondo l’indirizzo ampiamente condiviso da questa Corte: “La definizione agevolata ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 12 è inapplicabile alle tasse automobilistiche quali tributi trasferiti alle Regioni, del D.Lgs. 1 gennaio 1993, n. 504, ex art. 23” (Cass. n. 12254 del 2017), la cui definizione agevolata è condizionata all’emanazione di un provvedimento del legislatore regionale della L. n. 289 del 2002, ex art. 13, o, comunque, disciplinata dal D.L. n. 282 del 2002, art. 5 quinquies, convertito in L. n. 27 del 2003 (Cass. n. 6693 del 2017). Questa Corte, infatti, ha costantemente affermato che la L. n. 289 del 2002, art. 12 è applicabile esclusivamente con riferimento a cartelle esattoriali relative ad IRPEF ed ILOR (Cass. n. 20746 del 2010; Cass. n. 11669 del 2016) o ad IRAP (Cass. n. 21416 del 2016), incluse in ruoli emessi da uffici statali ed affidati ai concessionari del servizio nazionale della riscossione: sicchè la norma non può dirsi applicabile con riferimento a cartelle relative a tasse automobilistiche.
b) A decorrere dal 1 gennaio 1993, il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 23, comma 1, ha attribuito alle regioni a statuto ordinario l’intera tassa automobilistica, disciplinata dal T.U. approvato con D.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39 e successive mod., che ha assunto contestualmente la denominazione di tassa automobilistica regionale, da ritenersi secondo il giudice delle leggi (Corte Cost. n. 288 del 2012): “Tributo proprio derivato della Regione”: sicchè, in assenza di uno specifico provvedimento del legislatore statale, la definizione agevolata della tassa automobilistica era condizionata all’emanazione di un provvedimento in tal senso del legislatore regionale ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 13.
In ogni caso, una definizione agevolata delle cartelle relative a tasse automobilistiche era stata disposta da una apposita norma dettata dal D.L. n. 282 del 2002, art. 5 quinquies.
Ne consegue che, secondo quanto stabilito dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 13, comma 1 e 3, i tributi locali e le tasse automobilistiche anno 1993 e 1994 erano già non erariali, in quanto trasferiti alle Regioni dal 1 gennaio 1993, del D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 23, con la conseguenza che il “condono” era rimesso alla volontà legislativa regionale.
Nella specie, non risulta dai fatti di causa che, con riferimento agli anni di imposta 1993 e 1994, la Regione Puglia ha emanato una legge che regolamenta il condono, nonchè l’esclusione o la riduzione dei relativi interessi o sanzioni, pertanto correttamente i giudici di appello hanno ritenuto non applicabile il beneficio fiscale, trattandosi di una disposizione esclusivamente riferita ai tributi statali.
7. In definitiva, va rigettato il quarto motivo di ricorso e dichiarati assorbiti i restanti. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte soccombente al rimborso delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 500,00 oltre spese forfetarie ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2019.
Depositato in cancelleria il 12 giugno 2020
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