Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1145 del 20/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27634-2018 proposto da:

L.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TOMMASO SALVINI 55, presso lo studio dell’avvocato CARLO D’ERRICO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ELENA LIVIOTTI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MONZA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ORTIGARA 3, presso lo studio dell’avvocato MICHELE AURELI, rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI PAGANELLI;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza R.G. 4739/17 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 24/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PORRECA PAOLO.

CONSIDERATO

che:

l’avvocato L.M. conveniva in giudizio il Comune di Monza chiedendo la condanna al risarcimento dei danni subiti per una caduta occorsa mentre camminava lungo una piazza di proprietà dell’ente locale e causa del cedimento del manto stradale;

il Tribunale, davanti al quale resisteva il Comune, accoglieva la domanda limitando il risarcimento all’invalidità temporanea;

la Corte di appello dichiarava inammissibile il gravame a norma dell’art. 348 bis c.p.c., condividendo le conclusioni del giudice di prime cure;

avverso la prima e anche la seconda decisione ricorre per cassazione L.M. articolando complessivamente tre motivi corredati da memoria;

resiste con controricorso il Comune di Monza che ha altresì domandato la condanna della controparte a norma dell’art. 96 c.p.c..

RILEVATO

che:

con il primo motivo si prospetta la violazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, poichè il Tribunale, con motivazione apparente, avrebbe insufficientemente motivato rispetto a tutte le risultanze istruttorie, in specie omettendo di dar conto dei dubbi del consulente medico d’ufficio in ordine alla quantificazione delle lesioni fisiche riferibili all’evento, discostandosi dal riconoscimento, ad opera dello stesso, di un’invalidità permanente dell’1%, ragionevolmente imputabile al sinistro in termini probabilistici;

con il secondo motivo si prospetta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, poichè il Tribunale avrebbe errato omettendo di riconoscere il danno patrimoniale da mancato guadagno, risultante dall’istruttoria e coerente con la professione di avvocato del deducente, quantificabile riferendosi al reddito minimo riconosciuto dalla Cassa forense per l’esercizio continuativo, prevalente ed effettivo della professione;

con il terzo motivo si prospetta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento all’ordinanza della Corte di appello, poichè il collegio di secondo grado avrebbe erroneamente liquidato le spese processuali in oltre 4.600,00 Euro oltre accessori, superando i parametri massimi stabiliti dal D.M. n. 55 del 2014, in relazione a una somma liquidata a titolo risarcitorio di 720,00 Euro;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

Rilevato che:

il ricorso è improcedibile posto che la parte ha dichiarato di aver avuto comunicazione dell’ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., senza depositarla nei termini di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2 (Cass., Sez. U., 15/05/2018, n. 11850);

in ogni caso, l’impugnazione sarebbe stata tardiva a mente dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3, secondo periodo, stando alla dichiarazione del ricorrente di aver ricevuto la comunicazione dell’ordinanza d’inammissibilità dell’appello il 24 aprile 2018 (pag. 3, ultimo capoverso, dell’atto in parola), posto che il ricorso per cassazione è stato notificato il 21 Settembre 2018;

la norma appena richiamata smentisce la tesi sostenuta in memoria in ordina all’inidoneità della comunicazione in parola a far decorrere il termine d’impugnazione;

non sussistono i presupposti soggettivi per la condanna a norma dell’art. 96 c.p.c..

PQM

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali di parte controricorrente liquidate in Euro 800,00, Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% di spese forfettarie e accessori.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2020

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