LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20429-2015 proposto da:
B.P., rappresentato e difeso da sè stesso, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 318, presso lo studio dell’Avvocato VITTORIO CAPPUCCILLI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, in persona del Ministro pro tempore, MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
– DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO DI CAMPOBASSO, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12;
– controricorrenti –
nonchè contro B.R. S.R.L.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 229/2014 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 20/01/2015 R.G.N. 59/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. Con la pronuncia del 12.3.2012 il Tribunale di Campobasso ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla R.B. srl e da B.P. (così corretto il nome erroneamente nel testo riportato come R.) con il quale era stata impugnata l’ordinanza n. 184 del 2010 della Direzione Provinciale del lavoro di Campobasso che aveva irrogato loro sanzioni amministrative a seguito dell’accertamento di violazioni in materia di orario di lavoro di cui ai verbali ispettivi n. 10127 e 10128/05.
2. La Corte di appello di Campobasso, con la sentenza n. 229/2014, ha respinto i gravami proposti dalla R.B. srl e da B.P. rilevando la correttezza della decisone di primo grado, quanto all’originaria opposizione della società, per essere stata presentata il 15/44005 oltre il termine di gg. 30 di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 22, decorrenti dall’8.9.2005, data di notifica del verbale e vertendosi in una materia regolata dalla citata L. n. 689 del 1981, art. 35; quanto, invece, all’opposizione presentata da B.P., ha condiviso la conclusione del giudice di prime cure circa l’assunto che la mancata audizione dell’interessato in sede amministrativa non comportava la nullità del provvedimento, riguardando il giudizio di opposizione il rapporto e non l’atto, di talchè l’incolpato avrebbe potuto prospettare in sede giudiziale gli stessi argomenti che avrebbe potuto sostenere in sede amministrativa.
3. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il solo Avv. B.P., difensore di se stesso, affidato a due motivi, illustrati con memoria.
4. Il Ministero del lavoro e delle Politiche sociali e la Direzione Territoriale del lavoro di Campobasso hanno resistito con controricorso tardivo, cui hanno però fatto seguire il deposito di atto di costituzione ai soli fini di partecipare all’udienza di discussione.
5. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost. e dell’art. 420 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che la mancata audizione dell’interessato, che ne aveva fatto richiesta in sede amministrativa, non comportasse la nullità dell’ordinanza impugnata.
3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 c.p.c. e dell’art. 420 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere la Corte di merito preso in considerazione le eccezioni di incompetenza per materia, sollevate nei gradi di merito, omettendo di pronunciarsi sulla richiesta di trasmissione degli atti al giudice civile.
4. Preliminarmente deve evidenziarsi che, qualora il fascicolo di ufficio della fase di merito non sia indispensabile ai fini della decisione, è irrilevante che non risulti allegato agli atti del processo, nonostante il deposito della istanza della relativa trasmissione, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3 (Cass. n. 10665 del 2006; Cass. n. 5819 del 2019).
5. Nella fattispecie in esame, l’esame degli atti contenuti nel fascicolo di ufficio, in mancanza di una espressa indicazione di parte ricorrente, non è indispensabile ai fini della decisione dei motivi formulati dal ricorrente, sicchè l’istanza di acquisizione del predetto fascicolo, ribadita con la memoria ex art. 380 bis c.p.c., può essere disattesa.
6. Per ragioni di pregiudizialità logico-giuridica deve essere scrutinato dapprima il secondo motivo.
7. Esso è infondato.
8. Da un lato, infatti, va sottolineato che, dopo la riforma del cd. “giudice unico”, la ripartizione delle funzioni tra giudici del medesimo ufficio giudiziario (nel caso de quo tra giudice civile e giudice del lavoro) non pone una questione di competenza in senso proprio, attenendo invece alla ripartizione degli affari all’interno dell’ufficio (cfr. Cass. n. 24139 del 2014).
9. Dall’altro, deve darsi atto che l’argomentazione della Corte di merito, relativamente al fatto che le questioni riguardanti l’adeguamento del rito non comportano mai nullità assolute, ma possono essere fatte valere come motivo di gravame ove abbiano determinato un pregiudizio processuale, è conforme al consolidato orientamento di legittimità (Cass. n. 1448 del 2015; Cass. n. 19942 del 2008) secondo cui l’omesso mutamento del rito (da quello speciale del lavoro a quello ordinario e viceversa) non determina “ipso iure” l’inesistenza o la nullità della sentenza ma assume rilevanza invalidante soltanto se la parte che se ne dolga in sede di impugnazione indichi lo specifico pregiudizio processuale concretamente derivatole dalla mancata adozione del rito diverso, quali una precisa ed apprezzabile lesione del diritto di difesa, del contraddittorio e, in generale, delle prerogative processuali protette della parte.
10. Nella fattispecie, la Corte territoriale, con un accertamento adeguatamente motivato e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità, ha in sostanza escluso tale lesione nei confronti del ricorrente.
11. Anche il primo motivo è infondato atteso che la decisione della Corte territoriale, in tema di mancata audizione dell’incolpato che ne abbia fatto richiesta in sede amministrativa, a conclusione del procedimento amministrativo L. n. 689 del 1981, ex art. 18, è conforme all’orientamento di legittimità secondo cui tale omissione non comporta la nullità del provvedimento in quanto, riguardarlo il giudizio di opposizione il rapporto e non l’atto, gli argomenti a proprio favore che l’interessato avrebbe potuto sostenere in sede di audizione dinanzi all’autorità amministrativa ben possono essere prospettati in sede giurisdizionale (Cass. n. 21146 del 2019; Cass. n. 11300 del 2018).
12. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
13. Nulla va disposto in ordine alle spese di lite, essendo il controricorso tardivo e non avendo i resistenti, oltre al deposito della procura difensiva ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione, svolto ulteriore attività difensiva.
14. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 9 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020