Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.11722 del 17/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1446/2019 proposto da:

M.M.S., rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi Migliaccio, giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Prefettura Di Salerno, in persona del Prefetto pro tempore;

– intimato –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di SALERNO, depositata il 10/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/01/2020 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza n. 595/2018 depositata il 10-07-2018 il Giudice di Pace di Salerno ha respinto il ricorso di M.M.S., cittadino del *****, avente ad oggetto l’impugnazione del decreto del Prefetto di Salerno, emesso in data 12/07/2016 e notificato in data 12/07/2016, che disponeva l’espulsione dal territorio nazionale dello straniero in quanto entrato in Italia sottraendosi ai controlli di frontiera. Il Giudice di Pace ha ritenuto inammissibile per tardività l’opposizione proposta in data 22-112016, ossia oltre il termine di sessanta giorni dalla notificazione del decreto di espulsione, avvenuta, a mani, in data 12-7-2016. Il Giudice di Pace ha ritenuto insussistente la nullità del decreto di espulsione, lamentata dall’espellendo perchè il decreto era stato tradotto in inglese, lingua veicolare, e non in bengalese. Ha rilevato che il ricorrente aveva scelto nell’atto di notifica del provvedimento l’inglese quale lingua in cui far tradurre gli atti, ha ritenuto che la lingua bengalese fosse una lingua rara e non radicata in Italia e nella Provincia di Salerno e che fosse pertanto plausibile l’attestazione dell’Amministrazione dell’impossibilità di predisporre un testo in quella lingua.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti della Prefettura di Salerno, che è rimasta intimata.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “error in iudicando in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e il cui esame avrebbe determinato un esito diverso della controversia”. Ad avviso del ricorrente, il Giudice di Pace ha omesso di verificare l’effettiva conoscenza dell’atto espulsivo da parte del destinatario, tale da permettergli l’esperimento tempestivo dei rimedi giurisdizionali. Inoltre era stato omesso l’esame del documento costituito dalla nota dello sportello del progetto I.A.R.A., da cui risultava che il ricorrente era inconsapevole di essere destinatario di un provvedimento di espulsione.

2. Con il secondo motivo lamenta “error in iudicando per violazione di legge (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 2, comma 6 e art. 13, comma 7, nonchè art. 12, comma 3, direttiva 2008/115/Ce) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”. Rileva che dai fogli consegnati al ricorrente non risulta traccia dell’asserita scelta della lingua inglese, a meno che il Giudice di Pace non si sia riferito all’ultimo capoverso del verbale di notifica del decreto di espulsione. Nel riportare le frasi di interesse, assume il ricorrente che la firma fosse relativa alla notificazione dell’espulsione su modello pre-compilato, e non alla scelta della lingua bengalese. Infine rileva che i dati statistici circa l’asserita minoritaria presenza di bengalesi nella Provincia di Salerno non erano stati allegati, nè prodotti, sicchè la motivazione del provvedimento impugnato sul punto era apodittica.

3. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.

3.1. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 153 c.p.c., comma 2, come novellato dalla L. n. 69 del 2009, il quale opera anche con riguardo al termine per proporre impugnazione, richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perchè cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà (Cass. S.U. n. 32725/2018). In particolare è stata affermata l’ammissibilità dell’istanza di rimessione in termini in riferimento alla decadenza dalla facoltà di proporre impugnazione per incolpevole decorso del termine per impugnare alla luce di una lettura costituzionalmente orientata dello stesso art. 184 bis c.p.c., maggiormente rispettosa dei principi costituzionali di effettività del contraddittorio e delle garanzie difensive (Cass. n. 177704/2010). Di conseguenza, l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 184 bis c.p.c., abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46 e sostituito dalla generale previsione di cui all’art. 153 c.p.c., comma 2, trova applicazione, alla luce dei principi costituzionali di tutela delle garanzie difensive e del giusto processo, non solo con riguardo alla decadenza dai poteri processuali interni al giudizio, ma anche a situazioni esterne al suo svolgimento, quale la decadenza dal diritto di impugnazione (Cass. n. 5946/2017).

Questa Corte ha altresì precisato che la parte è tenuta ad osservare il principio generale che impone alla stessa di attivarsi con immediatezza, dovendo essere l’iniziativa della parte tempestiva, da intendersi come immediata reazione al palesarsi della necessità di svolgere un’attività processuale ormai preclusa (Cass. n. 19290 del 2016 e Cass. S.U. n. 32735/2018 citata). Infine, la mancata traduzione del decreto di espulsione nella lingua propria del destinatario determina la nullità (non l’inesistenza) del provvedimento che, pur potendo essere fatta valere con l’opposizione tardiva, non è deducibile senza limiti di tempo, occorrendo a tal fine verificare se la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, abbia effettivamente determinato un’ignoranza sul contenuto dell’atto tale da impedirne l’identificazione e se, medio tempore, lo straniero non abbia comunque avuto adeguata conoscenza della natura dell’espulsione e del rimedio proponibile, nel qual caso è da tale momento che dovrà farsi decorrere il termine per la proposizione dell’opposizione tardiva fondata sull’intervenuta nullità (Cass. n. 17908/2010).

3.2. Nel caso di specie, il Giudice di Pace ha dichiarato inammissibile per tardività l’opposizione al decreto di espulsione, ritenendo così infondata l’implicita istanza di rimessione in termini dell’opponente, ha rilevato che quest’ultimo aveva scelto nell’atto di notifica del provvedimento l’inglese quale lingua veicolare ed ha ritenuto la lingua bengalese rara e non radicata in Italia e nella provincia di Salerno, in base ai dati statistici della Questura di Salerno.

Non ricorre, dunque, il vizio motivazionale denunciato, atteso che il Giudice di Pace ha esaminato i fatti di rilevanza, accertando in concreto la scelta, da parte dell’espellendo, della lingua inglese e la presenza assolutamente minoritaria nella Provincia di Salerno di cittadini bengalesi, con motivazione idonea (Cass. S.U. n. 8053/2014), e il suddetto apprezzamento di fatto, che può essere effettuato anche in via presuntiva, è incensurabile in sede di legittimità (Cass. n. 2953/2019 e Cass. n. 18123/2017 sul carattere fidefacente delle attestazioni sulla lingua conosciuta dallo straniero contenute nella relata di notificazione del decreto di espulsione).

Neppure ricorre la violazione di legge denunciata, non configurandosi, in base a quanto accertato dal Giudice di merito, quale assoluto impedimento all’impugnazione il motivo addotto dall’espellendo, il quale neppure ha adempiuto all’obbligo di attivarsi con immediatezza. Lo stesso ricorrente allega, infatti, di essersi rivolto allo SPRAR del Comune di Napoli per avere informazioni sulla propria posizione amministrativa solo dopo oltre tre mesi dalla notifica del decreto di espulsione.

4. In conclusione, il ricorso è rigettato, nulla dovendo disporsi circa le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata costituzione della Prefettura.

5. Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2020

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