Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.11822 del 18/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 679/2015 R.G. proposto da:

SOCIETA’ ITALIANA COSTRUZIONI APPALTI MANUTENZIONI – SICAM S.rl., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Marinucci Gian Lorenzo ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Via Cola di Rienzo n. 212;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F.: *****), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: *****), presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi 12, è domiciliata;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3053/01/14 della Commissione tributaria Regionale di Roma, depositata il 13/05/2014;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’08/01/2020 dal Consigliere Pepe Stefano;

udite le conclusioni scritte rassegnate dal Procuratore Generale della Repubblica Dott. Giacalone Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udite le conclusioni rassegnate dall’Avv. Marinucci Gian Lorenzo per la ricorrente e dall’Avv. Valenziano Emanuele per la resistente.

RITENUTO IN FATTO

1. Con avviso di rettifica e liquidazione, notificato alla SICAM s.r.l. il 24/06/2009, l’Agenzia dell’entrate chiedeva il pagamento di maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale, per un importo complessivo di Euro 15.575,15 relativamente all’atto notarile del 29/07/2008 con il quale la contribuente aveva acquistato due immobili.

2. La SICAM s.r.l. impugnava l’avviso sul rilievo che questo si fondava esclusivamente sui valori OMI, senza tener conto della perizia tecnica redatta tre anni prima in occasione dell’acquisto dei medesimi beni da parte del dante causa della contribuente, nonchè delle reali condizioni di questi ultimi.

3. La CTR, con la sentenza n. 3053/01/14, depositata il 13/05/2014, confermava la sentenza di primo grado e, per l’effetto, rigettava il ricorso proposto dalla contribuente.

4. Avverso tale sentenza la SICAM s.r.l. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

5. L’intimata Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione, ai soli fini della partecipazione all’udienza pubblica di discussione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51 e della legge comunitaria n. 88 del 2009, avendo la CTR ritenuto legittimo l’avviso seppure fondato esclusivamente sui dati OMI non avendo, peraltro, la contribuente fornito elementi sui quali poter giungere ad una diversa valutazione degli immobili.

2. Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza della CTR in quanto, in violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n 5, avrebbe omesso l’esame su un fatto decisivo per il giudizio afferente alla dedotta peculiare caratteristica degli immobili che incideva sul loro reale valore tanto da non renderli assimilabili alle tipologie assunte come riferimento dall’Agenzia dell’entrate; valore, peraltro, emerso anche dalla depositata perizia di parte redatta tre anni prima della compravendita oggetto di accertamento.

3. I motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente stante la loro connessione, sono fondati.

La ricorrente sottopone all’attenzione di questa Corte l’avviso di rettifica con il quale l’Amministrazione ha provveduto a rideterminare, sulla base delle tabelle OMI, il valore degli immobili oggetto di compravendita. In particolare, le censure si incentrano sul difetto di motivazione del suindicato avviso non essendo all’uopo sufficiente il richiamo alle indicate tabelle.

Il D.P.R. n. 131 del 1986 (Approvazione del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), all’art. 52 (Rettifica del valore degli immobili e delle aziende), ai commi 2 e 2 bis, prevede che l’avviso di rettifica deve contenere “l’indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti in esso descritti, degli elementi di cui all’art. 51 in base ai quali è stato determinato, l’indicazione delle aliquote applicate e del calcolo della maggiore imposta, nonchè dell’imposta dovuta in caso di presentazione del ricorso” e che “la motivazione dell’atto deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. L’accertamento è nullo se non sono osservate le disposizioni di cui al presente comma”.

L’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento di maggior valore se da un lato mira a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale fase contenziosa e, quindi, a consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa così da porlo in condizione di prestare acquiescenza o di dare avvio ad apposito ricorso giurisdizionale, dall’altro, deve fondarsi su presunzioni gravi precise e concordanti.

Questa Corte, con indirizzo condiviso dal Collegio, ha precisato che: “In tema di accertamento dei redditi di impresa, in seguito alla sostituzione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 ad opera della L. n. 88 del 2009, art. 24, comma 5, che, con effetto retroattivo, stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell’Unione Europea, ha eliminato la presunzione legale relativa (introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 3, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006) di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore normale degli stessi (così ripristinando il precedente quadro normativo in base al quale, in generale, l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta “anche sulla base di presunzioni semplici, purchè siano gravi, precise e concordanti”). L’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI, ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti” (Cass. n. 9474 del 2017).

Il principio è applicabile anche all’imposta di registro, con effetto retroattivo, stante la finalità di adeguamento al diritto dell’Unione Europea (Cass. n. 11439 del 2018).

Il riferimento alle stime effettuato sulla base dei valori OMI, per aree edificabili del medesimo comune, non è, quindi, idoneo e sufficiente a rettificare il valore dell’immobile tenuto conto che il valore dello stesso può variare in funzione di molteplici parametri quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico, nonchè lo stato delle opere di urbanizzazione (Cass. n. 18651 del 2016; Cass. n. 11439 del 2018).

La CTR non si è uniformata a tali principi nella parte in cui ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento fondato esclusivamente, ai fini della rettifica del valore degli immobili oggetto di compravendita, sui valori OMI.

In difetto di ulteriori elementi forniti dall’Agenzia delle entrate tale atto non è idoneo, in quanto non congruamente motivato, ad indicare il valore venale in comune commercio dei beni, dovendosi peraltro rilevare che la contribuente ne ha contestato la determinazione da parte dell’Ufficio sul rilievo della reale natura e caratteristica degli immobili, nonchè del loro valore per come risultante da un precedente atto di compravendita avvenuto tre anni prima di quello oggetto di rettifica. (Cass. n. 21813 del 2018).

Il ricorso va, pertanto, accolto, e la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va accolto il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente.

5. Le spese di lite dei gradi di merito, in ragione del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni oggetto di causa, rispetto all’epoca della introduzione della lite, vanno interamente compensate tra le parti, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente.

Le spese di lite dei gradi di merito vanno interamente compensate tra le parti, mentre la soccombente va condannata al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.000,00 per compensi oltre spese forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2020

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