Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.12030 del 19/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22335-2018 proposto da:

AVIAPARTNER HANDLING S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 23, presso lo studio degli avvocati CARLO BOURSIER NIUTTA, ENRICO BOURSIER NIUTTA, che la rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

R.J.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2118/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 01/02/2018 R.G.N. 842/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/01/2020 dal Consigliere Dott. BLASUTTO DANIELA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CIMMINO ALESSANDRO che ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso, accoglimento del secondo motivo, assorbiti gli altri;

udito l’Avvocato ENRICO BOURSIER NIUTTA.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 2118/2017, in riforma della sentenza del Giudice del lavoro del locale Tribunale, accertava il diritto di R.J. al trasferimento del rapporto di lavoro in essere con WFS Ground Italy s.r.l. alla società appellata Aviapartners Handling s.p.a. con decorrenza dal 20 giugno 2016, con mansioni di operatore unico aeroportuale presso lo scalo di *****, inquadramento nel quinto livello e retribuzione globale di Euro 1.900,08 mensili. Condannava altresì la società alla riammissione in servizio dell’appellante e al pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate dalla data del trasferimento del rapporto di lavoro (20 giugno 2016) all’effettiva riammissione, oltre interessi e rivalutazione monetaria, detratto quanto percepito dall’altro datore di lavoro nel medesimo periodo, pari ad Euro 22.145,84.

2. La Corte di appello innanzitutto condivideva le censure dell’appellante in merito alla statuizione con cui il primo giudice aveva accolto l’eccezione di decadenza proposta dalla difesa della società. Osservava che il diritto azionato derivava dalla cosiddetta clausola sociale prevista dall’art. 25 parte generale e dall’art. H37 parte specifica c.c.n.l. di settore nell’ipotesi di trasferimento dei servizi tra operatori dell’attività di assistenza a terra e che pertanto, non solo non si verteva in un caso di trasferimento di azienda, rientrante nella L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 4, lett. c), ma neppure nella previsione di cui alla lett. d) della stessa norma. Precisava che il lavoratore non aveva rivendicato un rapporto di lavoro alle dipendenze di un soggetto diverso, ma aveva invocato l’obbligo, derivante alla contrattazione collettiva a carico dell’impresa subentrante, di assumere ex novo, a certe specifiche condizioni, il personale in forza presso il precedente aggiudicatario dell’appalto.

3. Quanto al merito, la Corte osservava che non era contestato in giudizio che l’appellata fosse subentrata alla datrice di lavoro dell’appellante negli appalti di servizi di assistenza a terra, nè che il lavoratore vi fosse addetto con l’inquadramento e la retribuzione indicata nel ricorso, nè infine che la convenuta non fosse tenuta al rispetto della c.d. clausola sociale (richiamata comunque espressamente negli accordi sindacali del giugno 2016). Rilevava che la società appellata aveva assunto solo in minima parte i cinquanta lavoratori che avrebbe dovuto assumere secondo l’accordo sindacale, a fronte degli ottantaquattro addetti nei servizi di assistenza a terra, e non aveva mai indicato in che modo avesse applicato i criteri oggettivi indicati all’art. H37 parte specifica c.c.n.l. di settore. Considerava che la società si era limitata ad affermare che il passaggio degli addetti era stato così ridotto, in quanto i dipendenti della precedente società appaltatrice, interpellati sul punto, avevano rinunziato all’assunzione presso la nuova aggiudicataria e che, con riguardo all’appellante, “tale decisiva circostanza” non era stata provata in giudizio dalla società, sulla quale incombeva il relativo onere probatorio, trattandosi di fatto modificativo o estintivo del diritto azionato.

4. Per la cassazione di tale sentenza la società Aviapartner Handling s.p.a. ha proposto ricorso affidato a cinque motivi.

5. R.J. è rimasto intimato;

6. La società ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 4, e art. 12 preleggi (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nella parte in cui la sentenza ha ritenuto non applicabile la disciplina della decadenza alla fattispecie in esame.

1.1. Oggetto della domanda era la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di un soggetto giuridico diverso dal titolare del contratto, ragion per cui avrebbe dovuto trovare piena applicazione il regime della decadenza previsto dal c.d. Collegato lavoro, che riguarda ogni caso in cui si chieda la costituzione o l’accertamento del rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per contestare l’affermazione secondo cui la società Aviapartner Handling non aveva provato il rifiuto opposto dal lavoratore appellante all’assunzione, circostanza invece pacifica in giudizio.

2.1. Lo stesso ricorrente aveva affermato che la convenuta, durante le trattative, aveva cercato di assumere direttamente e unilateralmente i lavoratori interessati al passaggio, tramite accordi individuali. Anche la convenuta, sia in primo che in secondo grado, aveva allegato che il R. aveva ricevuto il telegramma e rifiutato la proposta di assunzione allo stesso formulata.

3. Il terzo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per avere la sentenza trascurato di considerare che la società WFS non aveva licenziato il R., per cui mancava uno dei presupposti richiesti per il perfezionamento della fattispecie in esame.

3.1. La costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’operatore subentrante si innesta nel solco della fattispecie complessa che presuppone la cessazione del rapporto di lavoro alle dipendenze del precedente operatore per effetto del recesso datoriale, presupposti insussistenti nella specie.

4. Il quarto motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) per non avere la sentenza esaminato il contenuto dell’accordo intercorso tra la società e le OO.SS. in merito alle condizioni alle quali sarebbe dovuta avvenire l’assunzione.

4.1. Le parti avevano concordato le modalità e le condizioni di assunzione dei dipendenti che sarebbero stati assunti dall’impresa subentrante, prevedendo una diversa parametrazione del livello di inquadramento e dell’orario di lavoro e le modalità di riconoscimento dei livelli retributivi in precedenza goduti. Il personale inquadrato nel quarto livello sarebbe stato assunto con il riconoscimento del quinto livello e i dipendenti inquadrati nel terzo livello sarebbero stati assunti con il quarto. Il personale part-time al 62% (come il R.) sarebbe stato riproporzionato al 60%.

5. Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2056 e 1223 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1) per avere la Corte di appello erroneamente condannato la società ricorrente al pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate dal lavoratore con riferimento al medesimo periodo in cui il R. aveva continuato a lavorare alle dipendenze della WFS.

5.1. Null’altro poteva rivendicare il lavoratore dalla società subentrante, avendo già percepito gli emolumenti spettanti. A tutto voler concedere, la società avrebbe dovuto assumerlo alle condizioni concordate con le organizzazioni sindacali.

6. Il ricorso è infondato.

7. Quanto al primo motivo, va premesso che la fattispecie in esame riguarda un’ipotesi di trasferimento di servizi tra operatori dell’attività di assistenza a terra in materia aeroportuale. Con accertamento in fatto, neppure contestato, la Corte di appello ha escluso, sulla base dell’interpretazione degli atti, che si vertesse in un’ipotesi di trasferimento di azienda. Ha poi ritenuto che la fattispecie non potesse neppure essere ricondotta nell’alveo applicativo di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 4, lett. d), in quanto il lavoratore non aveva contestato la legittimità del rapporto di lavoro con WFS Ground Italy s.p.a., nè aveva denunciato un fenomeno interpositorio, ma aveva invocato l’obbligo, derivante dalla contrattazione collettiva, a carico dell’impresa subentrante nel servizio, di assumere, alle condizioni previste dall’accordo sindacale, il personale in forza presso la precedente aggiudicataria del servizio.

7.1. Innanzitutto, trattandosi di una limitazione temporale per l’esercizio dell’azione giudiziaria, la norma oggetto di esame ha carattere di eccezionalità, per cui si impone un’interpretazione particolarmente rigorosa della fattispecie di chiusura prevista all’art. 32, comma 4, lett. d) citato.

7.2. In caso del passaggio, con nuova assunzione, dei lavoratori dal precedente datore di lavoro, appaltatore di servizi, al diverso datore di lavoro nuovo appaltatore, il lavoratore non rivendica un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal “titolare del rapporto”, come recita la norma oggetto di esame, perchè il lavoratore non pone in discussione la legittimità o la validità del precedente rapporto nè la validità della sua cessazione o della sua modificazione. Quando non si è in presenza di alcuna azione diretta a contrastare fenomeni interpositori o comunque di contitolarità del rapporto di lavoro, ma si tratta di un semplice avvicendamento previsto da accordi collettivi, in presenza di specifiche condizioni, con l’obbligo dell’impresa subentrante di assumere ex novo il personale in forza presso l’impresa cessante, non trova applicazione la regole dettate dall’art. 32, comma 4, lett. d) citato.

Nell’ipotesi di cambio di gestione dell’appalto con passaggio dei lavoratori all’impresa nuova aggiudicatrice, la conseguente azione per l’accertamento e la dichiarazione del diritto di assunzione del lavoratore presso l’azienda subentrante non è assoggettata al termine di decadenza di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, non rientrando nella fattispecie di cui alla lett. c), riferita ai soli casi di trasferimento d’azienda, nè in quella di cui alla lett. d) del medesimo articolo; l’art. 32 citato presuppone, infatti, non il semplice avvicendamento nella gestione, ma l’opposizione del lavoratore ad atti posti in essere dal datore di lavoro dei quali si invochi l’illegittimità o l’invalidità con azioni dirette a richiedere il ripristino del rapporto nei termini precedenti, anche in capo al soggetto che si sostituisce al precedente datore, o ancora, la domanda di accertamento del rapporto in capo al reale datore, fondata sulla natura fraudolenta del contratto formale.

Correttamente, dunque la Corte territoriale ha ritenuto riconducibile la fattispecie nell’alveo dei principi di cui a Cass. n. 13179 del 2017 (conf. Cass. n. 13648 del 2019).

8. Il secondo motivo è inammissibile, in quanto non può ritenersi coerente e pertinente al decisum, con particolare riguardo al fatto ritenuto decisivo dalla Corte territoriale.

8.1. Difatti, mentre la circostanza che parte ricorrente ritiene pacifica attiene ad un’offerta di assunzione, non meglio precisata, che sarebbe stata prospettata al lavoratore nel contesto di trattative individuali intercorse tra le parti, deve viceversa ritenersi che il fatto decisivo cui allude la sentenza impugnata (pag. 6 sent.), ritenuto non dimostrato da parte convenuta, fosse riferito ad una proposta di assunzione conforme ai termini dell’accordo sindacale. Il nucleo fondamentale su cui la sentenza si fonda è appunto costituito dal riconoscimento della violazione delle disposizioni contrattuali che regolano l’attivazione della c.d. clausola sociale nell’ipotesi di passaggio dei servizi di assistenza a terra da un operatore all’altro.

L’articolazione del passaggio motivazionale che ha interessato tale punto rende evidente che, non avendo l’appellante mai eccepito di non essere tenuta al rispetto della c.d. clausola sociale (cui comunque era tenuta, secondo l’accertamento di fatto compiuto nella sentenza impugnata), la mancata assunzione del numero complessivo dei lavoratori interessati dalla procedura presupponeva una proposta conforme ai termini dell’accordo e non una qualsivoglia proposta difforme, la quale non avrebbe avuto l’effetto liberatorio per coloro che non l’avessero accettata, come l’attuale resistente.

8.2. Di conseguenza, la circostanza decisiva non può che essere costituita dal rifiuto di una proposta conforme all’accordo, della cui esistenza la società – – che vi era onerata – non aveva fornito la prova in giudizio, come riferito dalla Corte territoriale.

9. Il terzo motivo è infondato.

9.1. Nel caso in cui, in forza di un accordo collettivo, sia previsto un sistema di procedure idonee a consentire l’assunzione dei lavoratori alle dipendenze dell’impresa subentrante in un appalto, la tutela nei confronti dei datore di lavoro cessionario si aggiunge a quella apprestata a favore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro cedente (cfr. Cass. n. 29922 del 2018, v. pure Cass. n. 12613 del 2007, 4166 del 2006). In altri termini, la domanda svolta da un lavoratore nei confronti dell’impresa subentrante per far valere i diritti derivanti dalle previsioni contrattuali che prevedano determinate garanzie di assunzione resta del tutto autonoma da eventuali impugnative che lo stesso lavoratore possa proporre nei confronti della ex datrice di lavoro, precedente appaltatrice del servizio.

10. Il quarto motivo è inammissibile, in quanto investe interpretazione delle clausole contrattuali operata dalla Corte territoriale senza tuttavia entrare nella disamina delle stesse clausole, che non vengono neppure trascritte. Nè è dedotta la violazione dei canoni di ermeneutica sotto il profilo della violazione di legge.

10.1. Sin dalla più risalente giurisprudenza della Corte, poi costantemente ribadita, è stato affermato che, ove si censuri l’interpretazione di una norma contrattuale, il ricorrente è tenuto a riportare nel ricorso per cassazione il testo della regolamentazione pattizia del rapporto diversamente non ponendosi il giudice di legittimità in condizione di svolgere il suo compito istituzionale e dandosi luogo all’inammissibilità del motivo ex art. 366 c.p.c., nn. 3 e 4 (cfr. tra le tante, Cass. n. 9079 del 2003, 15279 del 2003).

11. Anche il quinto motivo è inammissibile. La Corte d’appello ha detratto l’aliunde perceptum dal trattamento spettante e il motivo di ricorso non chiarisce quale sia il differenziale, ma soprattutto non illustra le ragioni per le quali esso sarebbe errato una volta che nel giudizio è stato stabilito – con statuizione non validamente contestata, come già detto con riferimento ai precedenti motivi – che la sentenza impugnata ha attribuito il trattamento spettante alla stregua di quanto pattuito in sede sindacale. L’assunto di erronea applicazione di tale accordo resta, anche per quanto attiene al quantum, del tutto generico e basato su affermazioni apodittiche.

12. In conclusione, il ricorso va rigettato. Nulla va statuito in ordine alle spese del giudizio di legittimità, essendo R.J. rimasto intimato.

13. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (v. Cass. S.U. n. 23535 del 2019).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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