Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.12164 del 22/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 34371/2018 proposto da:

F.N., elettivamente domiciliato in Bolzano, alla via Carducci, n. 11, presso lo studio dell’avv. Alessandro Fabbrini, che lo rappresenta e difende in virtù di nomina e procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto n. 939/2018 del Tribunale di Trento depositato il 15/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/11/2019 dal Consigliere relatore Macrì Ubalda.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Trento ha rigettato la domanda del ricorrente di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione sussidiaria e di protezione umanitaria, confermando le conclusioni della Commissione territoriale di Verona in data 18 gennaio 2018, che aveva ritenuto la storia narrata dal F. priva di coerenza e credibilità.

Il ricorrente aveva dichiarato di essere originario del Ghana e di aver ucciso accidentalmente un giovane durante la battuta di caccia, di essere fuggito a causa delle minacce e persecuzioni e di essere giunto in Italia tramite la Libia.

Il ricorrente chiede la cassazione del decreto del Tribunale di Trento sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è costituito.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, con riferimento all’inattendibilità del racconto. Lamenta, in particolare, che il Tribunale non aveva valutato ai fini della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), che era fuggito in Libia nel 2011 dove era rimasto per lungo tempo prima di arrivare in Italia.

Con il secondo deduce la violazione, falsa ed errata applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, art. 3 Convenzione dei diritti dell’uomo e art. 2 Cost., ai fini del diniego della protezione umanitaria. Evidenzia la violazione dei diritti umani in Ghana e in Libia ove aveva completato un nuovo inserimento. Ricorda di essere padre di due figli piccoli, nati in Italia, dalla moglie connazionale che pure abitava in Italia. Insiste sulla tutela dell’unità familiare. Evidenzia l’inapplicabilità del D.L. n. 113 del 2018, al presente procedimento e conclude chiedendo la cassazione del decreto con rinvio ed in subordine l’accoglimento dell’istanza, almeno con riguardo al permesso umanitario, il tutto con vittoria delle spese.

Il ricorso è fondato e tutta la motivazione va rivista alla luce dei seguenti rilievi: a) a pagina 2 del decreto il Tribunale ha affermato che la domanda del ricorrente era fondata ed andava accolta nei limiti di cui alla parte motiva, mentre invece è seguita una motivazione di rigetto; b) il racconto non è stato ritenuto credibile, con riferimento ad alcuni dettagli, ma non è stato ritenuto specificamente inattendibile rispetto al transito in Libia; c) non è stata approfondita la permanenza in Libia e quindi non è stata considerata la condizione di vulnerabilità; d) non è stata valutata adeguatamente la situazione di radicamento familiare in Italia, ai fini della comparazione richiesta dalla legge (Cass., Sez. U, n. 29459 del 13/11/2019).

S’impone pertanto la cassazione con rinvio del decreto impugnato per consentire al Tribunale di Trento, in diversa composizione, di apprezzare tutti gli elementi sopra indicati ai fini della decisione.

P.Q.M.

La Corte cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Trento in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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