Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.12322 del 23/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33884-2018 proposto da:

L.C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FABIO LI CALSI;

– ricorrente –

contro

L.C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ETTORE DI VENTURA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1026/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 18/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

RILEVATO

che:

con atto di citazione ritualmente notificato, L.C.G. convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Agrigento, L.C.S. per accertare che il muro divisorio tra la sua proprietà e quella del convenuto era difforme all’atto di divisione per notar Pecoraro del 29.11.1988 e che il convenuto aveva invaso la sua proprietà;

espose di essere comproprietario con il L.C. di un fabbricato in Canicattì, consistente in un piano terra e quattro piani e che con il citato atto di divisione, gli erano stati attribuiti due locali al piano terra;

instauratosi il contraddittorio con la costituzione del convenuto, il Tribunale di Agrigento accolse la domanda, che qualificò come azione di regolamento di confine ed accertò lo sconfinamento del D.C. nella misura di mq 10,90, condannandolo ad abbattere la parete divisoria;

la Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 18.5.2018, accolse parzialmente l’appello del L.C. e determinò lo sconfinamento in mq 6,65, in misura inferiore rispetto alle statuizioni della sentenza di primo grado;

la corte di merito, qualificata l’azione proposta come regolamento di confine, fece riferimento all’atto di divisione 29.11.1988 ed all’atto di frazionamento del maggio del 1988, che, sebbene non richiamato espressamente nell’atto, era stato dato per presupposto dalle parti; aderì alle conclusioni di una delle due consulenze espletate nel giudizio di primo grado, sulla base del raffronto tra la situazione reale e quella derivante dalla denuncia di variazione catastale;

per quel che rileva nel giudizio di legittimità, compensò le spese del giudizio d’appello in considerazione del rigetto della domanda riconvenzionale di usucapione;

per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso L.C.S. sulla base di due motivi;

– ha resistito con controricorso L.C.G.;

– il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di manifesta infondatezza del ricorso;

– in prossimità dell’udienza camerale, il ricorrente ha presentato memoria illustrativa.

RITENUTO

che:

– con il primo motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell’360 c.p.c., comma, 1 n. 5, l’omesso esame della consulenza tecnica redatta dall’ing. G., che si sarebbe basata sull’atto di divisione del 29.11.1988, con il quale i condividenti si erano assegnate due quote pressochè uguali mentre la corte di merito aveva erroneamente aderito alla consulenza tecnica redatta dall’ing. L.; quest’ultima avrebbe ricostruito la volontà delle parti sulla base di una scrittura privata del 1983, tardivamente prodotta con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 5, come prova contraria e senza tener conto che nell’atto di divisione veniva dato atto che le quote dovevano essere di pari valore;

– nelle memorie, il ricorrente ribadisce l’erroneità e la contraddittorietà della motivazione, che, pur muovendo dall’inammissibilità della produzione della scrittura privata del 1983, antecedente all’atto di divisione del 1988, ne avrebbe poi recepito il contenuto;

– il motivo non è fondato;

indipendentemente dalla adozione di formule sacramentali o dall’esatta indicazione numerica delle ipotesi previste dall’art. 360 c.p.c. (ex multis Cassazione civile sez. II, 07/05/2018, n. 10862), i ricorrenti censurano la sentenza impugnata perchè la corte di merito non avrebbe tenuto conto, per la determinazione dei confini, del frazionamento allegato all’atto di divisione;

– per l’individuazione della linea di separazione fra fondi limitrofi, la base primaria dell’indagine del giudice di merito è costituita dall’esame e dalla valutazione dei titoli d’acquisto delle rispettive proprietà, integranti la fonte di prova sovrana in tema di regolamento di confini (Cass. Civ, 9 ottobre 2006, n. 21686; Cass. 15 novembre 2007, n. 23720);

– Ai sensi dell’950 c.c. è ammissibile qualsiasi altro mezzo di prova per la determinazione del confine tra due fondi; tuttavia, qualora si tratti di fondi appartenenti originariamente come unico appezzamento ad un solo proprietario, deve necessariamente farsi riferimento agli atti di frazionamento allegati ai contratti di vendita o di divisione, quando dalle misure ivi contenute possono essere desunti elementi idonei ad individuare con esattezza la linea di confine tra le due proprietà (Cassazione civile sez. II, 24/08/1994, n. 7498; Cass. 8327/1997);

– ove, poi, i dati sul confine desumibili dai tipi di frazionamento non siano tra loro concordanti, e gli acquisti siano stati effettuati in tempi diversi, la linea confinaria dovrà identificarsi, nella carenza di altri elementi di certezza, in quella desumibile dal tipo di frazionamento allegato al titolo di acquisto, ed in questo richiamato, anteriormente formatosi e trascritto (Cassazione civile sez. II, 13/01/2006, n. 512; Cassazione civile sez. II, 17/05/2001, n. 6770)

– nel caso di specie, la corte di merito si è uniformata ad i principi di diritto elaborati da questa Corte nella determinazione del confine di un fondo originariamente unico, avendo preso in considerazione il titolo di proprietà e l’atto di frazionamento del maggio 1988, che, sebbene non allegato al titolo, è stato posto alla base dell’atto di divisione;

– nell’interpretazione dell’atto di divisione, da cui correttamente muove l’indagine per stabilire il confine, il giudice di merito ha accertato che, pur in assenza di uno specifico richiamo dell’atto di frazionamento, di esso le parti avrebbero tenuto conto, attraverso l’inequivoco richiamo dei dati catastali delle quote da attribuire;

– l’intenzione delle parti è stata ricostruita nel senso che, dividendo i beni sulla base del frazionamento presentato dal solo di D.C., lo abbiano dato per presupposto e quindi implicitamente richiamato;

– contrariamente dalla tesi sostenuta dal ricorrente, nessun ingresso, ai fini della prova, ha avuto la scrittura privata concluso tra le parti nel 1983, perchè tardivamente prodotta, come testualmente risulta dalla sentenza impugnata;

– del resto, lo stesso ricorrente non contesta che la corte abbia correttamente fatto riferimento all’utilizzo dell’atto di frazionamento (pag.6) ma critica l’adesione alle risultanze di una CTU svolta in primo grado che, secondo l’apprezzamento del giudice di merito, era la più conforme all’atto di frazionamento, posto alla base dell’atto di divisione;

– il vizio motivazionale non è, quindi, afferente all’omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio, ma attiene alla valutazione di altra consulenza, di cui il giudice di merito ha tenuto conto ma di cui ha disatteso le risultanze, sulla base dell’interpretazione del titolo di proprietà e della ricostruzione delle intenzioni delle parti, che avevano fatto riferimento ai dati catastali contenuti nell’atto di frazionamento;

– la corte di merito ha esaminato le due consulenze svolte in primo grado ed ha condiviso le risultanze della CTU dell’ing L., con motivazione conforme al diritto, sicchè il dedotto vizio motivazionale è insussistente;

– con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 91 c.p.c., poichè la corte di merito avrebbe omesso di provvedere in o in ordine alle spese del giudizio di primo grado ed alle spese di CTU;

– il motivo non è fondato;

– in tema di regolamento delle spese di lite, qualora una sentenza d’appello riformi parzialmente una decisione di primo grado che aveva accolto la domanda o le domande, condannando alle spese la parte convenuta, così concretandosi la pronuncia di secondo grado nel rigetto parziale dell’unica domanda o nel rigetto di alcune domande, la conferma nel resto delle statuizioni della sentenza impugnata può essere intesa come una implicita valutazione, da parte del giudice d’appello, dell’insussistenza di idonee ragioni per compensare in tutto od in parte le spese, in tal modo giustificandosi che esse restino a carico della parte convenuta (ex multis Cassazione civile sez. lav., 14/01/2019, n. 602);

nella specie, la statuizione delle spese del giudizio di primo grado e quelle di CTU risulta implicitamente confermata;

– il ricorso va pertanto rigettato;

– le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso-principale) a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-2 della Corte di cassazione, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2020

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