Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.12411 del 24/06/2020

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2904-2019 proposto da:

AUTOTRASPORTI M. DI M.T. E C. SNC, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati KATIA GAVIOLI, ERNESTO BUSNE’;

– ricorrente –

contro

C.T.C. SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore pro tempore e del curatore speciale nominato in sostituzione del liquidatore in conflitto di interessi, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIANGIACOMO PORRO 8, presso lo studio dell’avvocato ANSELMO CARLEVARO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO DI TORO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1838/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 24/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

CONSIDERATO

che:

Autotrasporti M. di M.T. e C. s.n.c. ha proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo, nei confronti di C.T.C. S.r.l. in liquidazione e avverso la sentenza n. 1838/2018, della Corte di appello di Torino, pubblicata il 24 ottobre 2018, che ha rigettato l’appello principale proposto dall’attuale ricorrente nonchè l’appello incidentale proposto dall’attuale controricorrente, avverso la sentenza del Tribunale di Cuneo, con la quale era stata accolta la domanda, avanzata da C.T.C. S.r.l. nei confronti Autotrasporti M. di M.T. e C. s.n.c., di condanna al pagamento della somma di Euro 261.700,60, oltre accessori e spese, a titolo di canoni scaduti relativi al contratto di locazione ad uso commerciale del capannone sito in *****, stipulato in data 3 gennaio 2011 e cessato il 21 giugno 2016;

C.T.C. S.r.l. in liquidazione ha resistito con controricorso;

la proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

RILEVATO

che:

con l’unico motivo, rubricato “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – Omessa valutazione della documentazione comprovante la sussistenza del credito vantato e la risoluzione contrattuale”, si sostiene che la Corte territoriale avrebbe omesso totalmente di prendere posizione sul terzo motivo di appello e, in particolare, di valutare la documentazione prodotta in atti, sia per fondare il credito azionato ex adverso sia per fondare l’intervenuta risoluzione del contratto di locazione alla data del 1 gennaio 2014, “limitandosi ad argomentare sulla base della ricevuta di risoluzione dell’Agenzia delle Entrate”;

considerato che:

il motivo è inammissibile;

ed invero, detto motivo, relativo a censure motivazionali veicolate espressamente ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è inammissibile ex art. 348-ter c.p.c., u.c.;

nell’ipotesi di cd. “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5, applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012 (si evidenzia che, nella specie, l’atto introduttivo del giudizio di appello è sicuramente successivo alla predetta data, essendo stata appellata la sentenza di primo grado n. 188/18 in data 8 marzo 2018), la parte ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo riformulato dal D.L. n. 83 cit., art. 54, comma 3 ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012), deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 10/03/2014, n. 5528); nel caso all’esame, tale onere non risulta essere stato assolto dalla ricorrente;

inoltre, il motivo in parola è inammissibile pure per difetto di specificità, non essendo stato riportato, in ricorso, il tenore letterale del terzo motivo di appello, di cui si lamenta l’omesso esame, con conseguente pretesa omessa valutazione di documentazione (Cass., 20/08/2015, n. 17049);

infine, per mera completezza, va evidenziato che, dalla sentenza impugnata, risulta che il predetto motivo di gravame è stato esaminato (v. p. 5 della sentenza), avendo la Corte di merito espressamente evidenziato di trattare congiuntamente, per mera comodità espositiva, il terzo e il quinto motivo di appello e di tanto la ricorrente non sembra esservi avveduta, sicchè la censura sarebbe, al riguardo, comunque, infondata;

ritenuto che:

alla luce di quanto sopra evidenziato, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472