LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –
Dott. NOCELLA Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3459/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
Apprendo Società consortile a r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Torelli Roberto e Fischioni Giuseppe, con domicilio eletto presso il secondo in Roma via della Giuliana n. 32, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 32/30/11, depositata il 23 giugno 2011.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 novembre 2019 dal Consigliere Fuochi Tinarelli Giuseppe.
RILEVATO
Che:
L’Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento per l’anno 2003 nei confronti di Apprendo s.c. a r.l., svolgente attività di organizzazione di corsi di formazione professionale senza corrispettivo a carico degli utenti, finanziati con contributi pubblici da parte della Regione Piemonte, recuperando a tassazione l’Iva detratta dal consorzio sugli acquisti effettuati per la realizzazione dei corsi.
L’Ufficio rilevava, in particolare, che, trattandosi di contributi pubblici di natura liberale e non corrispettiva, le operazioni dovevano ritenersi fuori campo Iva, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 3, da cui la conseguente indetraibilità dell’Iva sugli acquisti operati con detti contributi; gli acquisti, inoltre, erano pertinenti ad operazioni non imponibili ai fini Iva.
Il ricorso della contribuente era accolto dalla CTP. La sentenza era confermata dal giudice d’appello.
L’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione con due motivi. Resiste Apprendo s.c. a r.l. con controricorso, poi illustrato con memoria.
CONSIDERATO
Che:
1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 e art. 112 c.p.c. per aver la CTR deciso in base a questione diversa da quella dedotta (il contributo erogato è fuori campo, sicchè l’Iva per gli acquisti conseguenti è indetraibile), omettendo di esaminare quella in effetti dedotta (gli acquisti operati erano non imponibili).
1.1. Il motivo è inammissibile.
La CTR, infatti, ha statuito su entrambi i profili dedotti, rilevando non solo l’irrilevanza dell’origine del contributo ai fini della imponibilità dei successivi acquisti per lo svolgimento delle attività di formazione professionale, ma anche che per detti acquisti, di cui era incontestata l’inerenza in funzione dei fini istituzionali del consorzio, non vi era alcun riscontro che fossero stati effettuati fuori dall’esercizio dell’impresa, con esplicito richiamo ai precedenti della Suprema Corte, così escludendo, in termini sintetici ma non meno chiari, che gli acquisti fossero, in quanto tali, esenti o, comunque, non imponibili.
E, del resto, come emerge dallo stesso avviso, riprodotto per autosufficienza, la stessa Agenzia pone un chiaro collegamento tra i due profili, fondandosi la stessa ricostruzione ivi operata sul presupposto del carattere di operazione fuori campo del contributo e del correlato asserito carattere di “prestazione di interesse generale” (e quindi esente) della tenuta dei corsi di formazione, oggetto, invece, dell’attività d’impresa.
2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 10 e 19, art. 2697 c.c., Dir. n. 77/388/CE, art. 17 L.R. Piemonte n. 63 del 1995, art. 11 per aver la CTR escluso che lo svolgimento dei corsi di formazione professionale fosse prestazione esente, avendo quale “unico introito somma esente o non imponibile” (ossia, il contributo pubblico).
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. La tesi espressa, in termini invero non del tutto lineari, fonda il collegamento impositivo tra l’originaria erogazione (che viene comunque ricondotta ad un’operazioni attiva non imponibile mentre essa, in quanto operazione fuori campo D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 2, perchè mera cessione di denaro, non assume un tale rilievo) e i successivi acquisti in virtù della mera circostanza che è dalla tenuta dei suddetti corsi che deriva la percezione del contributo stesso, solo accennando alla declinazione del (possibile) carattere non esente dei corsi D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 10, n. 20.
Tale prospettazione, invero, si discosta, in sè, dai precedenti di questa Corte, secondo i quali “l’attività avente ad oggetto la proposizione di corsi di formazione professionale rientra tra quelle commerciali, soggette all’imposta, e dà diritto, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, comma 2, alla detrazione dell’IVA assolta in rivalsa sugli acquisti dei beni e servizi utilizzati, a nulla rilevando l’eventuale erogazione di contributi pubblici a fondo perduto, atteso che la L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 10, si applica solo qualora il versamento eseguito dagli enti pubblici per l’esecuzione di corsi di formazione del personale s’inserisca in un rapporto sinallagmatico ed assuma natura di corrispettivo”, escluso, dunque, che, in tale evenienza, i contributi rilevino agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto (Cass. n. 12523 del 17/06/2015; v. anche Cass. n. 28046 del 30/12/2009).
2.3. Va dato atto, peraltro, che la questione, come già affermato da questa Corte con la sentenza n. 18631 del 23 marzo 2016, deve ritenersi definitivamente superata a seguito dello ius superveniens di cui al D.L. n. 210 del 2015, art. 10, conv. con modif. dalla L. n. 21 del 2016, ed in particolare dei commi da 2-ter a 2-sexies, inseriti dalla legge di conversione, disposizioni aventi efficacia retroattiva in quanto espressamente dichiarate di natura interpretativa (cd. interpretazione autentica).
2.4. In particolare, il comma 2-ter dispone: “Il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, comma 2, primo periodo, in relazione alle attività formative svolte dagli organismi di formazione professionale che percepiscono contributi pubblici, anche erogati ai sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 12, si interpreta nel senso che l’imposta sul valore aggiunto assolta sull’acquisto di beni e servizi è detraibile se i beni e servizi acquistati con tali contributi sono utilizzati per l’effettuazione di operazioni imponibili o che danno diritto alla detrazione”.
Il successivo comma 2-quater (inteso dagli interpreti come una sorta di “sanatoria”) dispone a sua volta: “Resta ferma la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta sugli acquisti di beni e servizi dagli organismi di formazione professionale utilizzati nella realizzazione di attività formative per l’acquisizione di una qualifica professionale, per le quali abbiano percepito contributi a fondo perduto, ai sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 12, sempre che la detrazione sia stata operata anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e che l’imposta non sia stata considerata dall’ente erogatore del contributo quale spesa ammessa al finanziamento”.
2.5. Ne deriva che, nel caso di specie, la detraibilità dell’Iva sugli acquisti di beni e servizi afferenti i corsi di formazione professionale effettuati dal consorzio, discende, per un verso, dal fatto che l’assenza di sinallagmaticità tra i contributi pubblici e le prestazioni rese costituisce dato incontroverso, e, dall’altro, che non risultano ricorrenti le condizioni soggettive di esenzione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 20, come sostituito dalla L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 8, lett. b, integrato dal D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 14, comma 1, lett. b), n. 4, in base al quale sono operazioni esenti dall’Iva “le prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da ONLUS”.
3. Il ricorso va pertanto rigettato.
La concreta definizione della questione in forza dello ius superveniens giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020