LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18441-2018 proposto da:
P.A., nella qualità di titolare della ditta individuale Servizi Edili di P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA SAN LORENZO IN LUCINA 4, presso lo studio dell’avvocato GORI GIOVANNI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MARITATO LELIO, DE ROSE EMANUELE, VITA SCIPLINO ESTER ADA, SGROI ANTONINO, MATANO GIUSEPPE, D’ALOISIO CARLA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5502/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’11 /02/ 2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCHESE GABRIELLA.
RILEVATO
Che:
la Corte di appello di Roma, pronunciando in relazione al giudizio iscritto con n. r.g. 5410 del 2014, respingeva il gravame proposto da P.A., in qualità di titolare della ditta indicata in epigrafe, avverso la decisione di primo grado che, a sua volta, aveva rigettato il ricorso avente ad oggetto gli esiti di un accertamento ispettivo dell’INPS. Con verbale del 13.2.2013, l’Istituto aveva contestato, al predetto P., la violazione dell’art. 97 CCNL edilizia artigianato, in relazione a lavoratori assunti senza regolare contratto di lavoro, e applicato la relativa sanzione;
avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione P.A., articolato in tre motivi;
ha resistito, con controricorso, l’INPS;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.
CONSIDERATO
Che:
con il primo motivo è dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di appello, al fine del richiesto accertamento di insussistenza di rapporti di lavoro irregolari, omesso di valutare la documentazione relativa ai rapporti facenti capo ai sigg.ri I.F., O.K., N.T. e M.T. e le dichiarazioni dai medesimi rese, con il secondo motivo è dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di appello, per l’accertamento delle mansioni espletate e la verifica del corretto inquadramento contrattuale dei lavoratori, omesso di valutare la documentazione relativa ai rapporti di lavoro facenti capo ai sigg.ri I.F., O.K., N.T. e M.T. e le dichiarazioni dai medesimi rese;
i due motivi possono esaminarsi congiuntamente per presentare analoghi profili di inammissibilità:
ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., il vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. “doppia conforme”, come nella fattispecie di causa. La disposizione è applicabile ratione temporis ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato dall’11 settembre 2012 (D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2); nel presente giudizio l’impugnazione è stata iscritta, come si ricava dallo storico di lite, nell’anno 2014;
in ogni caso, i motivi neppure indicano, nei termini rigorosi richiesti dal vigente testo del predetto art. 360 c.p.c., n. 5, il “fatto storico”, non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo, secondo gli enunciati di Cass., sez.un., nn. 8053 e 8054 del 2014 (principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici);
con il terzo motivo, è dedotta -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3- violazione e falsa applicazione dei contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro in relazione a quanto previsto dall’art. 97 CCNL Edilizia/artigianato;
anche il terzo motivo si arresta ad un rilievo di inammissibilità;
le censure si fondano sull’interpretazione di norme collettive; tuttavia, parte ricorrente non deduce il deposito integrale della copia del contratto collettivo (v. Cass., sez. un., n. 20075 del 2010), nè indica la sede processuale di rinvenimento di tale testo integrale (v. Cass., sez. un., n. 25038 del 2013); tali omissioni neppure sono superate dalla mera allegazione del deposito dell’intero fascicolo di parte del giudizio di merito (v. Cass. n. 4373 del 2010);
sulla base delle argomentazioni svolte, il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con le spese liquidate, in favore dell’INPS, come da dispositivo;
sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2020