LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21768-2018 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA, NICOLA VALENTE, EMANUELA CAPANNOLO, LUIGI CALIULO;
– ricorrente –
contro
D.S.S.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 44/2018 del TRIBUNALE di NOCERA INFERIORE, depositata il 12/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.
RILEVATO
Che:
Il Tribunale di Nocera Inferiore con la sentenza n. 44 del 2018, in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., aveva dichiarato che D.S.S. aveva diritto ad ottenere l’assegno di invalidità con decorrenza dal 1.1.2017 ed aveva condannato l’Inps al pagamento in suo favore si tale prestazione.
Avverso detta decisione l’Inps proponeva ricorso affidato a un motivo.
Il D.S. era rimasto intimato.
Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO
che:
1) Con unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 445 bis c.p.c., commi 6 e 7, dell’art. 115 c.p.c. e della L. n. 224 del 1984, artt. 1 e 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Rileva l’Inps che il tribunale aveva erroneamente riconosciuto il diritto alla prestazione, essendo, invece, il procedimento in questione, diretto al solo accertamento del requisito sanitario utile alla prestazione. Sosteneva, peraltro, che alcun accertamento era intervenuto sulla esistenza degli ulteriori requisiti, che, invece, avrebbero dovuto essere comunque presenti per il riconoscimento del diritto alla richiesta prestazione Questa Corte ha di recente chiarito che “Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonchè di pensione di inabilità e di assegno di invalidità ai sensi della L. n. 222 del 1984, la pronuncia emessa in esito al giudizio di cui all’art. 445 bis c.p.c., u.c., è per legge destinata a riguardare solo un elemento della fattispecie costitutiva (il c.d. requisito sanitario), sicchè quanto in essa deciso non può contenere un’efficace declaratoria sul diritto alla prestazione, che è destinata a sopravvenire solo in esito ad accertamenti relativi agli ulteriori requisiti socio-economici. (Cass. n. 27010/2018).
L’orientamento richiamato delinea i limiti del procedimento in questione ed i poteri del giudice, diretti all’accertamento del solo requisito sanitario. La scelta del legislatore ha infatti finalizzato il nuovo procedimento all’accertamento della sussistenza o meno delle condizioni medico-legali, lasciando all’Inps la gestione della successiva fase di concreto accertamento degli ulteriori requisiti socio economici strettamente connessi alla prestazione richiesta.
Il ricorso merita dunque accoglimento nel motivo relativo alla erronea declaratoria del diritto alla specifica prestazione, dovendosi quindi ritenere assorbita ogni ulteriore censura inerente la mancata valutazione della eccezione inerente l’assenza del requisito reddituale, non essendo, quest’ultima onere del giudice.
Chiarito il limite dell’accertamento reso dal giudice nel procedimento in questione, deve darsi atto che comunque la finalità di quest’ultimo era stata realizzata e conseguito positivamente l’oggetto della domanda originaria allorchè l’indagine peritale aveva accertato la sussistenza del requisito sanitario utile alla prestazione indicata dalla parte ricorrente. In ragione di ciò deve quindi accogliersi il ricorso di legittimità e cassare la sentenza nella parte in cui ha dichiarato la ricorrente meritevole della prestazione con condanna dell’Inps al pagamento della stessa, restando fermo il requisito sanitario accertato.
Attese le precedenti oscillazioni giurisprudenziali di merito e la recente pronuncia di legittimità, le spese del giudizio di legittimità devono essere compensate.
Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza con riguardo al motivo accolto, restando fermo l’accertamento del requisito sanitario.
Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2020