LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22200-2018 proposto da:
T.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CARMEN BORGESE;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MANUELA MASSA, NICOLA VALENTE, LUIGI CALIULO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 131/2018 del TRIBUNALE di PALMI, depositata il 08/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.
RILEVATO
CHE:
Il Tribunale di Palmi con sentenza n. 131/2018, resa in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., aveva rigettato la domanda di T.F. diretta al riconoscimento del requisito sanitario utile per ottenere l’assegno di invalidità.
Il tribunale aveva ritenuto, all’esito delle indagini peritali svolte nella fase dell’accertamento e chiarite dal ctu anche in sede di giudizio ordinario, che, pur accertate le patologie denunciate, non fossero presenti le condizioni per la assistenza continua.
Avverso tale decisione T.F. proponeva ricorso affidato a due motivi cui resisteva l’Inps con controricorso Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO
CHE:
1) Con il primo motivo è denunciato il difetto di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5), per essersi, il tribunale, acriticamente adeguato alle risultanze della ctu, motivandone in modo generico la condivisione.
Il motivo è inammissibile sulla base delle seguenti motivazioni.
La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (SU Cass. n. 8053/2014). I principi posti evidenziano le ipotesi in cui è riscontrabile il vizio denunciato, da escludersi nel caso di specie, ove il tribunale ha dato conto della propria valutazione richiamando le patologie riscontrate e condividendo, ragionatamente, le conclusioni della consulenza tecnica svolta (sul punto anche Cass. n. 7983/2014).
2) Con il secondo motivo è dedotta la mancata valutazione di circostanze relative a fatti decisivi della controversia (ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5), per non aver, il tribunale considerato la certificazione sanitaria attestante patologie quali la ipertensione arteriosa, per la quale il ctu aveva minimizzato i disturbi, nonchè la lombosciatalgia.
Il motivo risulta inammissibile.
Parte ricorrente censura l’elaborato peritale ed in particolare si duole della mancata considerazione di talune patologie, ma non inserisce nel ricorso il contenuto della ctu cui muove le critiche, così incorrendo nel difetto di specificità del motivo.
Peraltro, nel caso in esame, al di là della indicazione formale dei vizi denunciati, parte ricorrente rileva, in sostanza, l’errata valutazione di merito svolta dal tribunale proponendo una differente interpretazione dei fatti del processo e richiedendo, in concreto, una nuova valutazione degli stessi non consentita in sede di legittimità. Deve a riguardo rilevarsi che il tribunale ha valutato entrambe le patologie sancendone la non idoneità al raggiungimento della soglia invalidante e dunque giungendo, con riguardo al caso concreto, al giudizio di assenza delle condizioni utili per la prestazione richiesta.
Il motivo è pertanto complessivamente inammissibile Il ricorso deve essere rigettato.
Nulla per le spese di lite in ragione della dichiarazione di esenzione ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020