LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5763-2019 proposto da:
DITTA INDIVIDUALE C.E., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MAURIZIO ESPOSITO ACCIARINI;
– ricorrente –
contro
L.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BAIAMONTI, 4, presso lo studio dell’avvocato ANDREA LIPPI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSIA VOSO;
– controricorrente –
contro
M.F.L., MGF COSTRUZIONI SOCIETA’ COOPERATIVA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 6931/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA GIANNACCARI.
RILEVATO
che:
– la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 2.11.2018 confermò la sentenza del Tribunale di Rieti, che aveva accolto la domanda proposta da L.P. nei confronti della la ditta individuale E.C., di M.F.L. e della società cooperativa MGF Costruzioni e, per l’effetto aveva dichiarato la risoluzione di contratti stipulati l’11.4.2006, il 9.9.2006 ed il 19.10.2006 tra l’attrice e, rispettivamente i singoli convenuti e della scrittura privata dell’8.11.2006 tra l’attrice e tutti i convenuti, oltre al risarcimento dei danni;
– l’attrice aveva esposto di aver concluso in data 11.4.2016 un contratto di appalto con la ditta Cesaroni avente ad oggetto la realizzazione di una piscina e, successivamente, in data 9.9.2006 e 19.10.2006, altri due contratti con M.F.L. e la società cooperativa MGF Costruzioni;
– in data 8.11.2006, la Lioce sottoscrisse un ulteriore accodo con il quale i convenuti essi si obbligarono ad eseguire le opere necessarie per la sanatoria, in quanto l’impianto era stato realizzato in assenza del permesso a costruire;
– la Corte d’appello rilevò che l’attrice aveva allegato, tramite la consulenza tecnica di parte, sia la presenza dei vizi che la causa dei medesimi ed accertò, sulla base della CTU che i difetti delle opere erano state causate dall’inadempimento della ditta Cesaroni agli obblighi scaturenti dai contratti; accertò altresì che anche le altre due ditte convenute avevano assunto i medesimi obblighi di sbancamento e consolidamento sia pur con distinti contratti e che si erano rese inadempienti alle obbligazioni assunte;
– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la ditta individuale C.E. sulla base di cinque motivi;
– ha resistito con controricorso L.P.;
– M.F.L. e la società cooperativa MGF Costruzioni non hanno svolto attività difensiva;
– il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di manifesta infondatezza del ricorso ed il Presidente ha fissato l’udienza;
– il ricorrente ha depositato memorie illustrative in prossimità dell’udienza;
Ritenuto che:
– con il primo motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti per erroneità della CTU, in quanto fondata sulla consulenza tecnica di parte;
– con il secondo motivo di ricorso, si deduce l’omesso di fatti decisivi per il giudizio in quanto la corte di merito avrebbe omesso di valutare che CTP sarebbe stata redatta dopo due anni a quattro mesi dai lavori effettuati dalle ditte e non sarebbero state adottate misure idonee alla conservazione dello stato originario dei luoghi, al fine dell’individuazione della responsabilità delle ditte apppaltatrici;
– con il terzo motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame della responsabilità delle altre ditte con cui la committente aveva stipulato distinti contratti;
– con il quarto motivo di ricorso, si deduce l’omessa individuazione della ditta esecutrice dei lavori di sbancamento e consolidamento;
– con il quinto motivo di ricorso, si deduce l’illegittimità della sentenza impugnata per aver omesso di individuare le tempistiche di lavorazione delle altre ditte;
– i motivi, che vanno trattati congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili;
– tutti i motivi denunciano il vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avverso la sentenza di appello, che ha confermato la sentenza di primo grado;
– nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cassazione civile sez. I, 22/12/2016, n. 26774; Cassazione civile sez. II, 10/03/2014, n. 5528);
– ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, le regole sulla pronuncia cd. doppia conforme si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto, cioè ai giudizi di appello introdotti dal giorno 11 settembre 2012;
– nella specie la decisione della corte di merito, nel confermare integralmente la sentenza del Tribunale, ha condiviso la valutazione sui fatti compiuta dal giudice di prime cure, in relazione alla ricostruzione dei fatti, con particolare riferimento all’adesione delle risultanze della CTU, di cui non viene condiviso il metodo e, conseguentemente, la ricostruzione del contributo causale al verificarsi dei vizi da parte delle altre ditte appaltatrici e della stessa committente;
i motivi di ricorso censura, peraltro attraverso il riesame delle risultanze probatorie, non consentite in sede di legittimità le conclusioni della CTU, che aveva formato oggetto delle censure svolte in grado di appello;
il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;
– le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile -2 della Corte di cassazione, il 13 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020