LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIUSTI Alberto – Presidente –
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 25244/2018 R.G. proposto da:
P.S., c.f. *****, rappresentato e difeso in virtù di procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato Niccolò
Pecchioli; elettivamente domiciliato in Roma, alla via Michele Mercati, n. 51, presso lo studio dell’avvocato Lorenzo Aureli.
– ricorrente –
contro
CONSIGLIO NAZIONALE degli PSICOLOGI della TOSCANA, c.f. ***** –
in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso in virtù di procura speciale in calce al controricorso dall’avvocato Vincenzo Farnararo; elettivamente domiciliato in Roma, alla via Boezio, n. 92, presso lo studio dell’avvocato Monica Scongiaforno.
– controricorrente –
avverso la sentenza della corte d’appello di Firenze n. 1191 –
18.4/28.5.2018;
udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 7 novembre 2019 dal consigliere Dott. Luigi Abete;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’avvocato Niccolò Pecchioli per il ricorrente;
udito l’avvocato Vincenzo Farnararo per il controricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. Con Delib. 3 novembre 2016, il Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Toscana irrogava al Dottor P.S., iscritto all’Ordine, la sanzione della radiazione dall’albo professionale per la violazione degli artt. 1, 2, 3, 5 e 7 del codice deontologico degli psicologi italiani ovvero, tra l’altro, per aver violato il dovere di mantenere un adeguato livello di preparazione e di aggiornamento professionale, per aver seguito e adoperato metodologie e strumentazione senza averne verificato il fondamento scientifico.
1.2. L’irrogazione della sanzione traeva origine dalla denuncia sporta al Consiglio da altra psicologa, la quale aveva riferito che il Dottor P. aveva sollecitato una sua paziente a “lasciare lavoro e famiglia per trasferirsi in Africa, quale reincarnazione di una donna africana; il tutto dopo averle passato un magnete sulla testa” (così ricorso, pag. 6).
Dal canto suo P.S., nel corso del procedimento disciplinare, aveva riferito di aver utilizzato non già un magnete ma un trasmutatore energetico, denominato “*****”.
2. P.S. ricorreva al tribunale di Firenze.
3. Con sentenza n. 37 del 29.9.2017 l’adito tribunale rigettava il ricorso.
Dava atto – tra l’altro – il tribunale che era stata riscontrata la divulgazione da parte del ricorrente delle “cinque leggi di Hamer”, alla cui stregua l’origine della malattia, pur oncologica, è sempre da correlare ad una “paura interna”.
4. Proponeva appello P.S..
Resisteva il Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Toscana.
Interveniva il procuratore generale presso la corte d’appello di Firenze.
5. Con sentenza n. 1191 dei 18.4/28.5.2018 la corte d’appello di Firenze rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.
6. Evidenziava la corte che l’eccezione pregiudiziale, concernente la mancata astensione in sede di procedimento disciplinare del presidente del Consiglio dell’Ordine, era immeritevole di seguito; che, da un canto, l’eccezione era stata sollevata tardivamente, unicamente in fase di impugnazione della sentenza del tribunale; che, d’altro canto, nel segno della restrittiva interpretazione dell’art. 3 del regolamento dell’Ordine, il presidente non si era espresso sulla vicenda disciplinare coinvolgente il Dottor P..
6.1. Evidenziava che l’eccezione di prescrizione, per un verso, non era stata in primo grado tempestivamente sollevata, per altro verso, era destituita di fondamento; che in particolare, a tal ultimo riguardo, la condotta rilevante era ancora in essere nell’anno 2016, sicchè, al cospetto di un illecito permanente, il termine di prescrizione neppure aveva iniziato il suo decorso.
6.2. Evidenziava, con riferimento al primo motivo di gravame, che l’appellante aveva rivendicato l’adesione alle teorie di Hamer, prive di fondamento scientifico, sicchè gli era senz’altro ascrivibile la violazione dell’art. 5 del codice deontologico, alla cui stregua è dovere etico, giuridico e professionale dello psicologo sottoporre i pazienti a terapie validate dalla comunità professionale e fondate su solide basi scientifiche.
6.3. Evidenziava, con riferimento al secondo motivo di gravame, da un lato, che l’appellante aveva ammesso l’uso del trasmutatore energetico, denominato “*****”, dall’altro, che il fondamento scientifico dell’uso di tale strumento non risultava – al di là di un non meglio precisato effetto “placebo” – in alcun modo verificato, nè il P. era stato in grado di darne spiegazione, sicchè appieno si giustificava l’ascritta violazione dell’art. 7 del codice deontologico.
6.4. Evidenziava, con riferimento al terzo motivo di gravame, che l’appellante non aveva fornito indicazione di fonti di aggiornamento adeguate al settore cui ineriva la sua specializzazione di “psicoterapeuta”.
7. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso P.S.; ne ha chiesto sulla scorta di sei motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.
Il Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Toscana ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.
8. Il ricorrente ha depositato memoria.
Del pari ha depositato memoria il controricorrente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
9. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 111 Cost., comma 2, in combinato disposto con l’art. 158 c.p.c.; la violazione dell’art. 1, comma 4, in combinato disposto con l’art. 3, comma 1, lett. e), del regolamento disciplinare dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, approvato con Delib. G/687 11 ottobre 2008; la violazione dell’art. 112 c.p.c., ovvero l’inosservanza del principio di corrispondenza tra “chiesto” e “pronunciato”.
Deduce che ha errato la corte di merito a disconoscere che il presidente dell’Ordine avrebbe dovuto astenersi per aver espresso pubblicamente un giudizio critico in ordine alla “cinque leggi di Hamer”, l’adesione alle quali è oggetto della contestazione disciplinare a suo carico.
Deduce che il presidente dell’Ordine avrebbe viepiù dovuto astenersi, atteso che la contestazione disciplinare correlata alla pretesa sua adesione alle “leggi di Hamer” è stata formulata ex officio.
Deduce, in relazione all’asserita tardiva formulazione dell’eccepita omessa astensione, che la corte di merito non ha tenuto conto del rilievo formulato, ossia che unicamente in sede di predisposizione dell’atto di appello aveva appreso delle dichiarazioni pubbliche del presidente dell’Ordine, sicchè non aveva potuto esperire tempestiva istanza di ricusazione.
10. Il primo motivo di ricorso va respinto.
11. Va in primo luogo condivisa l’affermazione della corte di merito circa la tardiva proposizione della pregiudiziale eccezione correlata alla mancata astensione del presidente del Consiglio dell’Ordine.
Al riguardo va innanzitutto ribadito, ancorchè il procedimento disciplinare da cui è scaturita la res litigiosa de qua agitur non è, a rigore, un procedimento giurisdizionale, l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale, qualora non sia stata proposta, ai sensi dell’art. 52 c.p.c., istanza di ricusazione, il vizio relativo alla costituzione del giudice per la violazione dell’obbligo di astensione non può essere dedotto quale motivo di nullità della sentenza ex art. 158 c.p.c. (cfr. Cass. 29.3.2007, n. 7702, ove si soggiunge che l’art. 111 Cost., nel fissare i principi fondamentali del giusto processo, ha demandato al legislatore ordinario di dettarne la disciplina anche attraverso gli istituti dell’astensione e della ricusazione, sancendo, come ha affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 387 del 1999), che – in considerazione della peculiarità del processo civile, fondato sull’impulso paritario delle parti – non è arbitraria la scelta del legislatore di garantire l’imparzialità – terzietà del giudice solo attraverso gli istituti dell’astensione e della ricusazione; Cass. 11.9.2017, n. 21094).
Al riguardo va altresì recepito, a fronte della giustificazione addotta dal ricorrente circa la tardiva proposizione dell’eccezione pregiudiziale, il rilievo del controricorrente secondo cui controparte ben avrebbe dovuto dimostrare “l’incolpevolezza della tardiva conoscenza” e non limitarsi ad una mera asserzione in tal senso (cfr. controricorso, pag. 7). Ciò tanto più che lo stesso P.S. ha assunto (cfr. memoria, pag. 3) che l’esternazione datata 8.4.2016 del presidente dell’Ordine “contro l’utilizzo della diagnostica hameriana” era stata in qualche modo “ispirata” dal confronto che in precedenza, in data 30.3.2016, egli ricorrente aveva avuto con la commissione deontologica.
Al riguardo vanno inoltre reiterati, a fronte della prospettazione del ricorrente (cfr. memoria pag. 4) secondo cui la corte di merito ha omesso di pronunciarsi sull’allegata ragione di giustificazione circa la tardiva proposizione dell’eccezione pregiudiziale, l’insegnamento a tenor del quale il vizio di omessa pronuncia non è configurabile in linea generale con riferimento a questioni processuali ovvero ad eccezioni pregiudiziali di rito (cfr. Cass. 25.1.2018, n. 1876; Cass. 23.1.2009, n. 1701; Cass. 26.9.2013, n. 22083). Ed ulteriormente l’insegnamento a tenor del quale, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, il che non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (cfr. Cass. (ord.) 13.10.2017, n. 24155; cfr, Cass. 16.5.2012, n. 7653; Cass. 6.4.2000, n. 4317).
12. Va in secondo luogo condivisa l’interpretazione restrittiva dell’art. 3 del regolamento dell’Ordine degli Psicologi della Toscana – individuante quale ipotesi di astensione il caso in cui “sia stato manifestato pubblicamente il proprio parere sulle vicende oggetto del procedimento” – patrocinata dalla corte di merito alla stregua del rilievo per cui il presidente dell’Ordine si era espresso “in generale sulle teorie di Hamer”.
Tanto sulla scorta dell’insegnamento n. 27813 dell’11.6.2013 della seconda sezione penale di questa Corte – debitamente richiamato dal controricorrente (cfr. controricorso, pag. 8) – a tenor del quale non può integrare il motivo di ricusazione dell’avere il giudice espresso, fuori dall’esercizio delle funzioni giudiziarie, un parere sull’oggetto del procedimento, la formulazione di affermazioni del tutto generiche, prive di riferimenti anche superficiali al possibile esito del processo e secondo cui i motivi di astensione obbligatoria generale e, conseguentemente, di ricusazione, in quanto determinanti una deroga al principio del giudice naturale (art. 25 Cost.), vanno necessariamente considerati di stretta interpretazione.
Del tutto ingiustificati sono pertanto gli assunti del ricorrente (cfr. ricorso, pagg. 11 e 12) secondo cui la corte di merito non ha nè esplicitato le ragioni dell’operata interpretazione restrittiva dell’art. 3 del regolamento disciplinare nè tenuto conto dell’attitudine della patrocinata restrittiva interpretazione a pregiudicare i valori alla cui salvaguardia il dovere di astensione è prefigurato.
12.1. In pari tempo va appieno condiviso l’argomento del Consiglio controricorrente, secondo cui “ben è possibile desumere fatti di rilevanza disciplinare anche da dichiarazioni rese dall’incolpato in sede istruttoria” (così controricorso, pag. 8).
Cosicchè non assume valenza alcuna la circostanza per cui l’adesione alle “leggi di Hamer” non fosse stata oggetto dell’esposto inizialmente presentato a carico di P.S..
13. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 112 c.p.c.; la violazione dell’art. 2, comma 5, del regolamento disciplinare dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, approvato con Delib. G/687 11 ottobre 2008.
Deduce che, ai fini della formulazione delle contestazioni, l’Ordine ha utilizzato dei video relativi a conferenze tenute nel marzo e nel settembre del 2010; che dunque, allorchè gli è stata notificata in data 6.7.2016 l’apertura del procedimento disciplinare, il termine di prescrizione quinquennale degli illeciti ascrittigli era già venuto a compimento.
Deduce altresì che, contrariamente all’assunto della corte distrettuale, non ha valenza la circostanza per cui i video sono stati inseriti nel suo sito internet e sono stati rimossi soltanto nel 2016; che invero l’illecito via web si consuma nel momento dell’immissione in rete.
Deduce inoltre, in ordine all’asserita tardiva formulazione dell’eccezione di prescrizione, che la corte distrettuale non ha tenuto conto del rilievo all’uopo formulato nell’atto di appello, ovvero che aveva sollevato l’eccezione di prescrizione con la memoria difensiva depositata nel corso del procedimento disciplinare e poi con il ricorso proposto in primo grado al tribunale di Firenze.
14. Il secondo motivo di ricorso del pari va respinto.
14.1. Va condivisa l’affermata natura permanente dell’illecito disciplinare ascritto al ricorrente.
Se è vero che l’illecito permane fin quando perdura la situazione antigiuridica in cui si sostanzia, nel caso di specie si ha senza dubbio ragione della protrazione dell’illecito contestato, quanto meno in correlazione all’uso di metodologie e strumenti non riscontrate e non supportati scientificamente.
Al contempo non hanno valenza nel caso di specie le indicazioni giurisprudenziali frutto dell’elaborazione delle sezioni penali di questa Corte, richiamate dal ricorrente in ricorso (cfr. pag. 16) ed in memoria (cfr. pag. 5).
Invero, al di là della protratta presenza in rete, ancora nel 2016, dei video delle conferenze tenute in data 23.3.2010 e 16.9.2010, rileva, siccome ha posto in risalto il controricorrente, la circostanza per cui “l’utilizzazione dei metodi di Hamer su pazienti oncologici (…) è stata pacificamente ammessa dal Dott. P. nel corso del procedimento (disciplinare)” (così controricorso, pag. 10) e riconosciuta in chiave diagnostica, alla luce degli argomenti veicolati dagli ulteriori motivi di ricorso, pur in questa sede (cfr. ricorso, pagg. 19 – 20).
Cosicchè soccorre l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale il termine di prescrizione della sanzione disciplinare, da irrogarsi per un illecito deontologico di carattere permanente, decorre dal giorno in cui cessa la permanenza, in applicazione analogica dell’art. 158 c.p. (cfr. Cass. 28.9.2012, n. 16515).
14.2. La circostanza per cui l’eccezione di prescrizione è priva di fondamento, rende vana ogni disputa in ordine alla sua tempestiva proposizione.
Difatti, seppur se ne riconoscesse la tempestiva proposizione, permane impregiudicata l’attitudine dell’ulteriore ratio decidendi – ancorata alla infondatezza dell’eccezione preliminare in disamina – a “sostenere” in parte qua la decisione impugnata (cfr. Cass. 14.2.2012, n. 2108; Cass. (ord.) 11.5.2018, n. 11493).
15. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 24 Cost., la violazione dell’art. 112 c.p.c. e la violazione degli artt. 1, 2, 3, 5, ultimi due commi, e 7 del codice deontologico degli psicologi italiani.
Deduce che, contrariamente all’assunto della corte territoriale, non si configurano a suo carico comportamenti espressivi di scarsa conoscenza delle regole deontologiche.
Deduce segnatamente che la sua adesione alle teorie di Hamer “non è mai stata piena ed integrale” (così ricorso, pag. 19); che invero non ha mai confuso il piano diagnostico e quello terapeutico, tant’è che mai ha dato ai suoi pazienti indicazioni terapeutiche.
Deduce che l’art. 5, u.c., del codice deontologico richiede che lo psicologo impieghi non già metodologie formalmente accreditate dal punto di vista scientifico, ma metodologie delle quali possa indicare i riferimenti scientifici, qual è appunto il caso delle “cinque leggi di Hamer”, oggetto di ampio dibattito scientifico.
16. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 5, ultimi due commi, e 7 del codice deontologico degli psicologi italiani.
Deduce che, contrariamente all’assunto della corte di Firenze, i riferimenti scientifici relativi al “trasmutatore energetico *****” non sono per nulla generici e non verificati; che siffatto strumento è stato oggetto di molteplici test scientifici.
Deduce che in ogni caso l’utilizzo del “trasmutatore energetico” avviene senza garantire al paziente alcun beneficio o risultato positivo.
Deduce al contempo che ha adoperato “uno strumento per il quale aveva acquisito una adeguata previa conoscenza” (così ricorso, pag. 27) e che la norma deontologica non vieta al professionista l’uso di nuovi strumenti, ma gli impone di utilizzare gli strumenti nuovi con prudenza e coscienza.
17. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 1, del codice deontologico degli psicologi italiani.
Deduce che la corte di Firenze ha valutato il suo livello di preparazione professionale e di aggiornamento professionale prescindendo del tutto dalla copiosa documentazione allegata.
18. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1989, art. 26 e dell’art. 2, comma 3, del regolamento disciplinare dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, approvato con Delib. G/687 11 ottobre 2008.
Deduce che le imputazioni ascrittegli sono del tutto generiche ed astratte; che i fatti contestatigli non sono per nulla gravi nè lesivi della dignità e del decoro della professione; che la sua condotta non ha mai arrecato danno a chicchessia nè è stata fonte e ragione di pericolo.
Deduce quindi che la corte fiorentina ha immotivatamente ritenuta la sanzione inflittagli proporzionata a fatti asseritamente gravi nè ha tenuto conto della circostanza che mai in precedenza è incorso in sanzioni disciplinari.
19. Il terzo, il quarto, il quinto ed il sesto motivo di ricorso sono strettamente connessi; invero si risolvono tutti essenzialmente nella censura, correlata a profili diversi, del giudizio “di fatto” cui la corte d’appello ha atteso (“è mancata la la benchè minima attività istruttoria circa il modo, le ragioni ed i limiti in base ai quali (…) divulga le teorie di Hamer”: così ricorso, pag. 17; “si legge nella qui impugnata sentenza (…) (che) avrebbe utilizzato strumenti e metodologie che non conosce e comunque privi di qualsivoglia validazione scientifica”: così ricorso, pag. 26; “la sentenza impugnata (…), anzichè esaminare la copiosa documentazione versata in atti (…), ha (…) (esaurito) l’accertamento con la sola trascrizione di una dichiarazione (…)”: così ricorso, pag. 28; “la sanzione, a fronte non del danno ma appunto del solo presunto pericolo, avrebbe dovuto essere debitamente proporzionata in senso riduttivo”: così ricorso, pag. 31).
In tal guisa i mezzi de quibus si qualificano in relazione alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Del resto è propriamente il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054).
I motivi anzidetti dunque possono essere tutti congiuntamente disaminati; i motivi anzidetti comunque vanno tutti respinti.
20. Previamente si rappresenta quanto segue.
Il giudizio di appello ha avuto inizio nel corso del 2017.
La statuizione d’appello ha in toto confermato la statuizione del tribunale.
Conseguentemente si applica ratione temporis al caso di specie la previsione di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata con ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” (cfr. Cass. 18.12.2014, n. 26860, secondo cui l’art. 348 ter c.p.c., comma 5, non si applica ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione anteriormente all’11.9.2012). Si tenga conto che nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. Cass. 22.12.2016, n. 26774).
21. In ogni caso si rappresenta quanto segue.
Per un verso è da escludere recisamente che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte – e tra le quali non è annoverabile il semplice difetto di sufficienza della motivazione – possa scorgersi in relazione alle motivazioni – dapprima riferite – cui la corte di Firenze ha ancorato il suo dictum.
Per altro verso è da escludere che la corte di Firenze abbia omesso la disamina del fatto decisivo oggetto della controversia de qua, più esattamente del complesso dei “fatti”, cui sono ancorati i contestati profili di responsabilità.
Per altro verso ancora l’iter motivazionale che sorregge l’impugnato dictum risulta in toto ineccepibile e sul piano della correttezza giuridica e sul piano della congruenza logico – formale.
22. A tal ultimi riguardi si impongono le seguenti puntualizzazioni.
23. Il terzo mezzo di impugnazione non è per nulla specifico ed “autosufficiente” nella parte in cui censura il giudizio di irrilevanza ed inammissibilità (cfr. sentenza d’appello, pag. 5) dell’invocata prova per testimoni (cfr., tra le altre, Cass. 19.3.2007, n. 6440).
24. Allorquando, con il terzo mezzo di impugnazione, prospetta il vizio di omessa pronuncia (cfr. pag. 20), il ricorrente in verità si duole per l’asserito mancato esame di argomentazioni difensive. E tuttavia siffatta doglianza neppure è riconducibile al paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. 14.6.2017, n. 14802; Cass. (ord.) 13.8.2018, n. 20718).
25. Il ricorrente censura l’asserita, erronea valutazione delle risultanze di causa (“in realtà, come si evidenzia dagli stralci delle trascrizioni (…)”: così ricorso, pag. 26; “se la Corte fiorentina avesse esaminato questa documentazione, (…)”: così ricorso, pag. 28; “quali sono e dove sono le persone convinte (…) dell’inutilità dei metodi di cura tradizionali e portati a conseguenze molto gravi?”: così ricorso, pag. 30; “se davvero (…) è stato responsabile di un comportamento così potenzialmente lesivo, (…) perchè il Consiglio, nello svolgimento del suo compito istituzionale di sorveglianza, non è intervenuto prima (…)?”: così ricorso, pag. 32).
E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, c.p.c. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).
26. La corte distrettuale ha dato conto dell’indubbia proporzione tra gli addebiti contestati e l’irrogata sanzione (cfr. sentenza d’appello, pagg. 9 – 10).
Segnatamente ha specificato che i fatti ascritti all’appellante erano di certo contrari alla dignità ed al decoro professionale e che, in considerazione della risonanza che avevano avuto, erano stati valutati con la dovuta severità.
27. In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
28. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, P.S., a rimborsare al controricorrente, Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020