LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. SAMBITO Giovanna – Consigliere –
Dott. SCOTTI Umberto L. G. C. – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25389/2015 proposto da:
Comune di Pieve di Cento, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio del Dott. Alfredo Placidi, rappresentato e difeso dall’avvocato Benedetto Graziosi, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
G.E., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in Roma, presso lo studio dell’avvocato Stefano Mungo, rappresentati e difesi dall’avvocato Stefano Onofri, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
e contro
Cooperativa Murri, già Cooperativa Edificatrice Comprensoriale Murri Soc. Coop. a r.l., in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo Studio di Gian Marco Grez, rappresentata e difesa dagli avvocati Elisabetta Poli e Gualtiero Pittalis giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
Comune di Pieve di Cento, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio del Dott. Alfredo Placidi, rappresentato e difeso dall’avvocato Benedetto Graziosi, giusta procura a margine del controricorso al ricorso incidentale;
– controricorrente al ricorso incidentale –
e sul ricorso successivo:
G.E., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in Roma, presso lo studio dell’avvocato Stefano Mungo, rappresentati e difesi dall’avvocato Stefano Onofri, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti successivi –
e contro
Cooperativa Murri, già Cooperativa Edificatrice Comprensoriale Murri Soc. Coop. a r.l., in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo Studio di Gian Marco Grez, rappresentata e difesa dagli avvocati Elisabetta Poli e Gualtiero Pittalis giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
A.G., + ALTRI OMESSI;
– intimati –
avverso la sentenza 1108/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 12/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 25/2/2020 dal Cons. Dott. MARCO MARULLI.
FATTI DI CAUSA
1. Con distinti ricorsi proposti in via autonoma il Comune di Pieve di Cento e gli assegnatari aventi causa dalla cooperativa Murri impugnano l’epigrafata sentenza della Corte d’Appello di Bologna che, a definizione della controversia tra essi insorta circa l’assunzione dell’obbligo di prestare il conguaglio a compensazione delle spese di acquisizione previsto dalla L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 35, commi 8 e 12, ha confermato la decisione di primo grado nel capo in cui questa aveva respinto la pretesa del Comune di veder ricomprese nelle spese di acquisizione, alla cui corresponsione era stata condannata la cooperativa, anche le spese legali sostenute nel corso dei pregressi giudizi incoati dagli espropriati; e l’ha invece riformata, accogliendo l’appello della cooperativa, nel capo in cui la sentenza appellata aveva respinto la domanda a manleva di questa nei confronti degli assegnatari.
Motivando il duplice assunto la Corte d’Appello ha tra l’altro osservato, respingendo il gravame del Comune, che “le spese legali appaiono una variabile meramente ipotetica, che non dipende necessariamente dalla procedura di esproprio, ma dalla eventualità di una iniziativa giudiziaria, i cui costi l’ente espropriante è in grado di evitare o di controllare con la gestione della controversia”; e quanto al gravame della cooperativa, invece accolto, che “l’art. 5, dei singoli contratti con i quali la società cooperativa aveva proceduto all’assegnazione degli alloggi, nel prevedere che “le assegnazioni sono fatte ed accettate… con i diritti e gli obblighi derivanti dalla citata convenzione-cessione con il Comune di Pieve di Cento”, faceva riferimento a tutti gli obblighi derivanti dalla convenzione incluso anche l’obbligo di versare all’ente espropriante il corrispettivo corrispondente ai costi di acquisizione delle aree”.
Per la cassazione di detta sentenza ricorrono ora il Comune di Pieve di Cento con un solo motivo, gli assegnatari con sei motivi e la cooperativa in via incidentale con un solo motivo.
Tutte le parti replicano ai ricorsi contra se con controricorso. Memoria degli assegnatari ex art. 380-bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Premesso che per il principio di unicità del giudizio di impugnazione tutte le impugnazioni relativamente alla medesima sentenza che siano proposte successivamente alla notificazione della prima, dovendo essere proposte in via incidentale nel medesimo processo per mezzo dell’atto, nel giudizio di cassazione, contenente il controricorso, ancorchè proposte in via autonoma ed indipendentemente dalla forma assunte, si convertono in controricorso (Cass., Sez. IV, 20/03/2015, n. 5695), va previamente osservato, nel riunire a mente dell’art. 335 c.p.c., il ricorso del Comune e quello degli assegnatari che, essendo stato il primo notificato il 23.10.2015 mentre il secondo consta essere stato notificato il 30.10.2015, il primo assume la veste di ricorso principale ed il secondo quella di ricorso incidentale, nessun impedimento, peraltro, frapponendosi per questo alla sua ammissibilità, essendone avvenuta la proposizione nei termini dell’art. 371 c.p.c..
3. In deroga, tuttavia, a questa gerarchia reputa il collegio che nella delibazione dell’odierna vicenda processuale occorra muovere in via prioritaria dal sesto motivo del ricorso incidentale degli assegnatari e dall’unico motivo del ricorso incidentale della cooperativa. Entrambi, assegnatari e cooperativa, lamentano concordemente che la Corte d’Appello, riconoscendo il diritto del Comune di Pieve di Cento ad essere tenuto indenne dei maggiori oneri derivanti dal contenzioso insorto tra questo e gli ex proprietari, abbia, tra l’altro, rigettato l’eccezione di prescrizione, opposta dalla cooperativa, e di seguito pure dagli assegnatari sul presupposto che il diritto dell’ente locale di pretendere il conguaglio reclamato era sorto o al momento della conclusione con i proprietari delle aree dei contratti di cessione bonaria ovvero in occasione della loro cessione in favore della cooperativa, dato che già in tali occasioni il Comune aveva riconosciuto il diritto al conguaglio dei proprietari.
Nel procedere nella direzione premessa va infatti considerato che, se conformemente ad uno stabile avviso di questa Corte il ricorso incidentale non condizionato, con cui vengano proposte questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito la cui decisione, secondo l’ordine logico e giuridico, debba precedere quella del merito del ricorso principale, va esaminato con priorità rispetto a quest’ultimo nel caso in cui il controricorrente incidentale, soccombente sulla pregiudiziale, risulti viceversa vittorioso nel merito, sorgendo in tal caso il relativo interesse in rapporto al fatto che la vittoria nel merito potrebbe essere resa incerta dalla sorte del ricorso principale (Cass., Sez. I, 31/10/2014, n. 23271), tanto più siffatto interesse è ravvisabile a fronte di una soccombenza anche nel merito del controricorrente incidentale, onde l’impugnazione del medesimo che faccia valere una pregiudiziale di rito o una preliminare di merito non sarebbe volta a rimuovere l’incertezza cagionata dal ricorso principale, ma a privare la domanda stessa del fondamento riconosciutole nei pregressi gradi di merito.
4. Pur se per questo da esaminarsi, dunque, con precedenza logica, la doglianza declinata in tal modo da entrambi i ricorrenti incidentali non merita tuttavia alcuna adesione.
La giurisprudenza di questa Corte – a cui si è riportato il decidente del grado e che il motivo non induce a rivedere – è da tempo orientata a credere, come ancora di recente ribadito, che “in tema di espropriazione di terreni per la realizzazione di alloggi di edilizia economica e popolare, il termine prescrizionale del diritto del Consorzio intercomunale di ottenere dai singoli assegnatari degli alloggi il rimborso delle somme spettanti al proprietario espropriato comincia a decorrere solo dal momento dell’effettivo pagamento della indennità dovuta a quest’ultimo, come rideterminata a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 1983, non potendo addebitarsi al titolare del diritto alcuna inerzia nelle more della nuova quantificazione del costo di acquisizione delle aree a seguito della sentenza medesima” (Cass., Sez. I, 12/04/2018, n. 9066). Il che del resto, come ben si è chiarito nel precedente di questa Corte a cui si è riportato il decidente del merito, è del tutto ragionevole poichè, risultando alla stregua della dichiarata incostituzionalità delle norme recate dalla L. 29 luglio 1980, n. 385, la misura dell’indennità regolata in base alla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39, salvo conguaglio, la determinazione di essa richiedeva un complesso procedimento di calcolo, di modo che, permanendo questa situazione di incertezza normativa il Comune non solo non sarebbe stato nella condizione di determinare autonomamente il conguaglio dovuto agli ex proprietari, e, conseguentemente, di chiederne il rimborso alla cooperativa concessionaria, ma neppure poteva essere imputato di inerzia per non aver sollecitamente agito nei confronti del concessionario prima ancora di acquisire la certezza della richiesta del conguaglio da parte degli ex proprietari, dalla quale soltanto il suo diritto avrebbe potuto trarre fondamento (Cass., Sez. I, 14/07/2006, n. 15973).
5.1. Ciò detto, venendo all’unico motivo del ricorso principale, con esso il Comune di Pieve di Cento censura l’impugnata statuizione d’appello – che ne ha rigettato il gravame in ordine all’estensione del riconosciuto suo diritto ad essere tenuto indenne dalle spese di acquisizione anche agli oneri difensionali sostenuti nei procedimenti relativi alle determinazione delle indennità dovute agli espropriati essendo, invero, errato, nell’ordine, sostenere che “l’obbligo di rimborsare al Comune tutti “i costi di acquisizione” delle aree PEEP (e non solo dell’indennità di esproprio) dovesse essere espressamente previsto nelle singole convenzioni”, affermare che i costi di acquisizione “comprenderebbero solo le poste indennitarie versate agli espropriati e non potrebbero essere estese alle altre spese sopportate dal Comune in ragione della procedura ablatoria, come le spese legali dei vari contenziosi sull’indennità”, dire che “i giudizi di determinazione indennitaria sono rispetto all’esproprio, iniziative solo “eventuali” e frutto di “scelte discrezionali del Comune” e sostenersi, ancora, che il Comune avrebbe dovuto “astenersi dal resistere giudizialmente alle pretese dei proprietari per minimizzare i costi processuali”.
5.2. Il motivo, così sinteticamente compendiato, è fondato e va pertanto accolto.
Questa Corte, occupandosi ex professo della questione (Cass., Sez. I, 18/05/2017, n. 12545), si è già data cura di disattendere nel caso specifico l’analoga tesi qui ora fatta propria dalla Corte decidente sulla considerazione che essa non si giustifica sul piano esegetico in ragione, primamente, della lettera legis, non contemplando il dettato della L. n. 865 del 1971, art. 35, commi 8 e 12, “alcune elemento di tale natura in grado di limitare l’estensione semantica del L. solo ad “alcune spese” della procedura, quali sarebbe nella logica della decisione il costo delle aree, e non piuttosto a “tutte le spese” della procedura”. Nondimeno, si osservava nell’occasione, che “il concetto di spesa fatto proprio dalla norma non è fruibile fuori dalla correlazione con quello di acquisizione e, più in generale, fuori dalla correlazione con il procedimento espropriativo nel suo complesso, sicchè esso ubbidisce, sullo sfondo delle molteplici vicende che ne possono interessare il corso, allo statuto tipico di una grandezza variabile, nel senso che così come può essere spesa ripetibile il solo costo delle aree allorchè la comunicazione della stima dell’indennità sia stata accettata dal proprietario, come nel caso della cessione volontaria, del pari dovranno ritenersi pure ripetibili i costi sostenuti dall’ente espropriante nel giudizio promosso a mente del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 54, l’uno e gli altri invero costituendo spesa sostenuta per l’acquisizione”; tanto più – vien fatto di dire oggi a fronte della specie in rassegna – se la determinazione delle indennità sia fatta oggetto come qui di una riserva conguaglio, fatalmente destinata a riflettere i diversi accidenti che si ricollegano all’istituto. Con ciò esprimendo un’opzione interpretativa che rinviene positivo sostegno anche nel noto argomento sviluppato dalla giurisprudenza di questa Corte e, con più continuità dal giudice amministrativo (Cons. Stato, Sez. IV, 19/03/2015, n. 1492; Cons. Stato, Sez. IV, 5/03/2015, n. 1117; Cons. Stato, Sez. V, 17/07/2014, n. 3809), circa il fatto che la L. n. 865 del 1971, art. 35, comma 12, intende garantire con disposizione inderogabile “il principio del perfetto pareggio economico” tra corrispettivo di concessione e costi di acquisizione delle aree, nella percezione del quale se, come si crede, il Comune ha l’obbligo di assicurare la copertura di tutti i costi di acquisto delle aree da destinare alla realizzazione dei piani di edilizia economica e popolare, con corrispondenza delle entrate ed uscite e rimborso, da parte degli assegnatari delle aree o loro aventi causa, di tutte le spese sostenute per l’acquisto delle aree medesime, è da escludere che le spese del giudizio di stima possano restare a carico dell’ente espropriante, in difetto risultandone non solo la compromissione del principio del pareggio, ma il sovvertimento delle ragioni ispiratrici a fondamento della norma.
Nel quadro di un disegno di ispirazione costituzionale diretto a promuovere l’accesso popolare alla proprietà dell’abitazione, la norma mira, infatti, a rendere possibile l’esercizio della potestà di esproprio in funzione dell’interesse collettivo che si lega nel caso specifico al perseguimento di più ampi obiettivi di promozione sociale identificabili nel consentire ai ceti meno abbienti, attraverso i protocolli operativi deputati dalla legge, l’acquisto della proprietà della casa di abitazione. “Su questo presupposto lo scambio che in base alla norma ha luogo tra ente espropriante, che esercita il potere di esproprio, e l’ente concessionario, che è tenuto a corrisponderne il prezzo mediante il pagamento di un corrispettivo commisurato alle spese di acquisizione, è regolato – e non potrebbe essere diversamente, discendendone altrimenti una lesione al principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge – secondo il principio finanziario del pareggio, di talchè ogni alterazione di questo equilibrio – che ha luogo segnatamente qui quando si pretende che le spese legali della procedura restino a carico dell’ente espropriante – sposta l’asse dell’intervento pubblico e lo dirotta verso finalità nella specie di natura assistenzialistica – che non trovano tutela nella previsione normativa”.
Ne discende che la preclusione al riguardo enunciata dal decidente del merito si rivela priva di fondamento e conseguentemente doverosa n’è la sua cassazione.
6.1. Con il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale gli assegnatari deducono la nullità dell’impugnata decisione d’appello, da un lato, perchè, essa contravvenendo al dettato dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 2, avrebbe indicato sia nell’intestazione che nel dispositivo il nominativo solo di quelli che tra di essi si erano costituiti nel giudizio, tralasciando di indicare gli assegnatari rimasti contumaci; dall’altro, perchè essa, sostenendo che il diritto del Comune a rimborso delle somme dovute a conguaglio in favore degli ex proprietari rampollava dalla convenzione con la cooperativa, piuttosto che direttamente dalla legge come affermato dal giudice di prime cure, non avrebbe spiegato le ragioni di questa sua diversa opinione, violando in tal modo l’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.
6.2. Entrambi i motivi – che si esaminano congiuntamente per unitarietà della censura – non meritano adesione.
6.3. Il primo è smentito dal contrario rilievo che “la mancata indicazione espressa della parte nella sentenza – non prescritta a pena di nullità dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 2, non ne determina la nullità per inidoneità al raggiungimento dello scopo ove l’atto abbia indicato un provvedimento intervenuto nel corso del processo il cui contenuto consenta di individuare “per relationem” la parte non indicata nella sentenza stessa, dovendosi ritenere, in applicazione dei principi di cui all’art. 156 c.p.c., commi 2 e 3, che quest’ultima, pur carente di un requisito formale, sia idonea ad assicurare il soddisfacimento dello scopo a cui è preposta l’indicazione delle parti”. E poichè nella specie dalla lettura della sentenza si evince incontrovertibilmente – e tanto più alla luce dell’integrazione del contraddittorio a cui ha proceduto la Cooperativa Murri nei confronti degli assegnatari rimasti contumaci e tali ancora dichiarati nel giudizio di appello – che essa abbia inteso estendere il proprio dictum anche a costoro utilizzando la generica locuzione “assegnatari degli alloggi” oppure facendo richiamo, con riferimento alla posizione della cooperativa alla “domanda di condanna dei terzi chiamati a tenerla indenne della somme che fosse condannata a pagare al Comune di Pieve di Cento”, la doglianza si rivela di breve momento, risultando altrimenti esplicito l’intendimento del decidente di pronunciare riguardo a tutti gli assegnatari chiamati in giudizio e soddisfatto perciò lo scopo sotteso alla denunciata violazione formale.
6.4. Il secondo, oltre a non trovare l’assenso delle carte, dato che la Corte d’Appello ha chiarito il proprio assunto al riguardo osservando che, benchè previsto in astratto dalla legge, “in concreto il diritto dell’ente espropriante al rimborso dei costi di acquisizione non poteva che essere originato dalla conclusione della convenzione con le società concessionarie”, all’uopo operando anche la trascrizione della corrispondente norma convenzionale, è smentito dal palese difetto di conferenza cassatoria della deduzione, essendo intuitivamente del tutto indifferente ai fini dell’osservanza della prescrizione asseritamente violata che se una motivazione esiste – e sono gli stessi ricorrenti, ancorchè denunciandone lo scostamento rispetto a quella utilizzata dal giudice di primo grado a darne, con riguardo alla sentenza che ne occupa, atto – e se perciò è reso chiaro l’iter logico-argomentativo della decisione, il modo in cui – e quindi gli argomenti a tal fine utilizzati e vale a dire nella specie la qualificazione giuridica dell’azione proposta dal Comune – il giudice è pervenuto alla formazione del proprio convincimento.
7.1. Il terzo motivo del ricorso incidentale proposto dagli assegnatari lamenta la violazione della L. n. 865 del 1971, art. 35 e art. 1339 c.c., poichè la Corte d’Appello, enunciando il convincimento che il diritto azionato dal Comune fosse riflesso – si intende omisso medio – di un obbligo convenzionale assunto dagli assegnatari, non avrebbe considerato al contrario che, discendendo esso direttamente dalla legge, non sarebbe risultato applicabile l’art. 1339 c.c., non essendovi alcuna clausola negoziale affetta da nullità in ragione della quale si dovesse provvedere all’integrazione ex lege di clausole imperative.
7.2. Il motivo è affetto da palpabile inammissibilità risultando eccentrico rispetto alla ragionamento decisorio sviluppato dal decidente del grado che in nessun passaggio del proprio argomentare ha fatto appello alla norma sopra richiamata, non essendovi per vero alcuna ragione che lo spingesse in questa direzione.
Ed invero come fatto palese dalla motivazione il giudice d’appello, pur prendendo le distanze dal convincimento al riguardo da quello di primo grado, ha spiegato che il diritto del Comune, benchè mutuato dalla legge, era stato nella specie oggetto di esplicita enunciazione dal momento che “l’art. 5 dei singoli contratti con i quali la società cooperativa aveva proceduto all’assegnazione degli alloggi, nel prevedere che “le assegnazioni sono fatte ed accettate… con i diritti e gli obblighi derivanti dalla citata convenzione-cessione con il Comune di Pieve di Cento”, faceva riferimento a tutti gli obblighi derivanti dalla convenzione incluso anche l’obbligo di versare all’ente espropriante il corrispettivo corrispondente ai costi di acquisizione delle aree”. Chiarendo in tal modo che l’obbligo in questione era già stato previsto in sede di convenzione è del tutto ovvio – e così del resto ha mostrato di regolarsi la Corte d’Appello – che agli obblighi convenzionali si sia appellato il decidente per accogliere la domanda di rimborso del Comune senza bisogno di evocare la previsione dell’art. 1339 c.c., non essendovi per vero alcuna clausola negoziale rispetto alla quale la norma predetta potesse trovare nella specie applicazione. Onde la censura si appunta su un profilo estraneo al ragionamento decisorio e conseguente n’è perciò la sua espunzione dal giudizio.
8.1. Il quarto motivo di ricorso incidentale degli assegnatari allega la violazione degli artt. 1362,1363,1364 e 1367 c.c., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo poichè la Corte d’Appello, nel rivendicare la decisività della previsione contenuta nel richiamato art. 5 di ogni convenzione, avrebbe violato i citati criteri ermeneutici, non avrebbe tenuto conto che la richiamata norma convenzionale non chiariva quali fossero gli “obblighi” assunti dagli assegnatari e non avrebbe potuto ritenere che tra i medesimi rientrasse anche quello di far fronte al conguaglio preteso dal Comune.
8.2. Il motivo è inammissibile in entrambe le allegazioni.
Lo è nella denuncia dell’errore ermeneutico, giacchè è ben noto che l’accertamento della volontà negoziale a cui procede il giudice avanti al quale si lamenta la violazione delle norme di interpretazione costituisce attività riservata al decidente di merito e concreta un apprezzamento di fatto ordinariamente incensurabile in cassazione, se non per vizio di motivazione, nei limiti in cui esso sia ancora denunciabile in sede di legittimità (Cass., Sez. II, 13/08/2018, n. 20718) o per violazione dei predetti criteri di ermeneutica, postulando, tuttavia a questo fine, che siano esattamente specificati i canoni che in concreto si assumano violati ed, in particolare, il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass., Sez. III, 28/11/2017, n. 28319). E lo è del pari nella denuncia del vizio motivazionale, poichè è altrettanto noto che, alla stregua della riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, è solo l’omesso esame di un fatto decisivo che abbia formato oggetto di discussione tra le parti che rende la sentenza suscettibile di cassazione a mente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sicchè, ove non sia ravvisabile un’anomalia motivazionale costituzionalmente rilevante, l’omessa o insufficiente motivazione in ordine al fatto, quando esso sia stato – come incontestabilmente avvenuto qui – esaminato, sottrae l’impugnata decisione alla dispiegata censura.
9.1. Il quinto motivo del ricorso incidentale degli assegnatari lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., dato che la Corte d’Appello, nel confermare l’assunto del primo giudice, ancorchè facendo leva sul contenuto degli accordi intercorsi con i singoli assegnatari, aveva fondato il proprio convincimento concernente la totalità degli interessati su un unico rogito prodotto in giudizio riguardante solo alcuni di essi, onde riguardo agli altri la domanda di manleva sarebbe rimasta perciò indimostrata.
9.2. Il motivo è infondato poichè non si accorda con la realtà processuale scrutinata dal decidente d’appello. La Corte d’Appello, nel muovere dalla considerazione che “in concreto” il diritto azionato dal Comune non poteva trarre titolo che dalle convenzioni intercorse tra questo e le cooperative concessionarie, ha pure chiarito, onde argomentarne l’efficacia nei confronti di tutti gli assegnatari, che l’obbligo in questione era stato riprodotto anche nei rogiti di assegnazione, figurando esso, come si è ricordato sopra, nell’art. 5 di essi; e, nel far ciò, si è riferita all’art. 5 “dei singoli contratti con i quali la società cooperative avevano provveduto all’assegnazione degli alloggi” in favore dei diversi assegnatari, mostrando in tal modo di ritenere che, impregiudicata la fondatezza in fatto dell’odierna asserzione dei ricorrenti, tutti i rogiti di assegnazione contenessero la medesima clausola.
9.3. Del resto l’obiezione non esaurisce l’intero argomentare della Corte d’Appello, perchè quand’anche fosse veritiera, andrebbe osservato che il convincimento da essa enunciato si vale anche dell’ulteriore considerazione sviluppata con ragionamento a contrario secondo cui “non vi sarebbe ragione, anche alla luce della natura e delle finalità proprie delle cooperative appellanti, quali cooperative edilizie, che le stesse dovessero accollarsi oneri diversi ed ulteriori rispetto a quelli degli assegnatari degli alloggi”. Considerazione che essendo rimasta prive di repliche nelle deduzioni impugnatorie degli assegnatari vale a sottrarre l’impugnato deliberato dalla censura qui sollevata (Cass., Sez. I, 18/09/2006, n. 20118).
10. In conclusione va accolto il ricorso principale e vanno respinti i ricorsi incidentali della Cooperativa e degli assegnatari.
La sentenza impugnata va perciò cassata nei limiti del ricorso accolto e la causa va rinviata al giudice a quo per un nuovo giudizio.
Alla liquidazione delle spese di ex art. 385 c.p.c., comma 3, provvederà il giudice del rinvio.
Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrenti incidentali, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PQM
Accoglie il ricorso principale e cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Bologna che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Respinge i ricorsi incidentali.
Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti incidentali, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 25 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2020
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