Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.14949 del 14/07/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36695-2018 proposto da:

R.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE ACACIE 13/15, presso il CENTRO CAF, rappresentato e difeso dall’avvocato DI GENIO GIANCARLO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI CLEMENTINA, MASSA MANUELA, CIACCI PATRIZIA;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 16/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE ALFONSINA.

RILEVATO

Che:

R.V., ha proposto ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 Cost. avverso il decreto di omologa del Tribunale di Roma il quale, all’esito del procedimento per ATP, ha accertato la sussistenza in capo allo stesso del requisito sanitario utile a beneficiare dell’indennità di accompagnamento, condannando I’Inps a rimborsare le spese legali in favore del difensore, dichiaratosi antistatario, per l’ammontare di Euro 900;

il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo; I’Inps ha depositato procura in calce al ricorso notificato;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

Che:

con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, parte ricorrente contesta “Violazione, falsa applicazione del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, anche in relazione al D.M. Giustizia 8 marzo 2018, n. 37, della L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 24, comma 1, del D.M. 5 ottobre 1994, n. 585 e della L. 7 novembre 1957, n. 1051”;

il ricorrente contesta la statuizione relativa alla condanna alle spese legali, fissate dal giudice del merito in Euro 900, deducendo che al momento della liquidazione (16 ottobre 2018) già vigeva il D.M. n. 55 del 2014 il quale fissava i nuovi scaglioni applicabili in base al valore della controversia;

lamenta, inoltre, vizio di motivazione per l’omessa indicazione del sistema di liquidazione adottato da parte del Tribunale;

il motivo merita accoglimento;

nel caso in esame, è accertato che il valore della controversia è pari ad Euro 12.800,00, di tal che la causa rientra nello scaglione fra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00, e, pertanto, il giudice del merito avrebbe dovuto tener conto delle fasi procedimentali (fase di studio; fase introduttiva del giudizio e fase istruttoria), con aggiunta dell’ulteriore 30 per cento, così come stabilito dal D.M. 8 marzo 2018, n. 37, applicabile ratione temporis alla fattispecie (in tal senso, per tutte, cfr. Cass. n. 32475 del 2019);

nel punto in cui contesta la violazione dei parametri minimi introdotti dal D.M. n. 55 del 2014, il motivo resta assorbito dalla statuizione di accoglimento della doglianza che invoca il vizio motivazionale, dedotto dal ricorrente per avere il Tribunale omesso di indicare il criterio legale adottato in merito alla statuizione sulle spese di lite;

in forza del principio di diritto costantemente enunciato da questa Corte (cfr. ex multis, Cass. n. 22232 del 03/11/2016 e, da ultimo Cass. n. 13977 del 23/05/2019), la mancanza della motivazione produce la conseguente nullità della pronuncia per difetto di un requisito di forma indispensabile;

ciò è quanto si è verificato nel caso in esame, ove dal decreto del Tribunale non è dato evincere a quale delle fasi processuali (e in quale misura) si riferisca l’importo liquidato al difensore, con conseguente impossibilità di verificare l’eventuale violazione dei minimi tariffari;

in definitiva, il ricorso è accolto e il decreto gravato è cassato con decisione della causa nel merito;

le spese di lite sono determinate in Euro 911 e sono liquidate in favore del difensore dichiaratosi antistatario, mentre quelle relative al presente giudizio sono compensate in ragione dell’esiguità dell’ammontare della somma;

in considerazione dell’accoglimento del ricorso, si dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio in Euro 911,00, disponendone la distrazione in favore del difensore dichiaratosi antistatario.

Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2020

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