LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 36807-2018 proposto da:
M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato ENRICO LUBERTO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
TRENITALIA SPA, in persona dell’Institore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO OZZOLA, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1312/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 05/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE ALFONSINA.
RILEVATO
CHE:
la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale stessa sede, ha accolto il ricorso di Trenitalia s.p.a. rivolto a sentir dichiarare non spettante, in capo a M.A., dipendente con qualifica contrattuale di Capo tecnico specializzato – Livello D1, il superiore inquadramento nel Livello B – Quadro per avere lo stesso svolto le mansioni di “gestore – treno” per coprire carenze di organico per le esigenze dell’Alta velocità;
il lavoratore aveva dedotto che la durata dell’adibizione alle mansioni di Quadro per novantasei giornate era sufficiente a fargli acquisire il diritto all’inquadramento automatico nel livello superiore ai sensi dell’art. 2103 c.c.;
la Corte territoriale ha, di contro, accertato che l’appellato non aveva maturato il predetto diritto avendo svolto le superiori funzioni per un numero di giornate (trentatrè) insufficiente alla sua maturazione, atteso che, nelle restanti sessantatrè giornate la Società lo aveva chiamato a sostituire uno dei quattro gestori titolari, assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro;
la cassazione della sentenza è domandata da M.A. sulla base di un unico, articolato motivo, illustrato da successiva memoria;
Trenitalia s.p.a. ha resistito con tempestivo controricorso;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO
CHE:
con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, parte ricorrente contesta “Violazione dell’art. 1362 c.c.e s.s. e art. 21 CCNL 2002 e art. 27 CCNL 2012 – Omesso esame di un fatto decisivo prospettato dall’appellante”;
sostiene di essere stato utilizzato con assiduità nella superiore funzione sempre e solo per colmare esigenze di organico, contestando la distinzione operata dalla Corte d’appello fra giornate di sostituzione dei gestori titolari con diritto alla conservazione del posto di lavoro e gestori vicari che tale diritto non possiedono;
aggiunge che le assenze per riposo, essendo normalmente prevedibili, non rientrerebbero nella tipologia cui fa riferimento l’art. 2103 c.c., per concludere che qual si voglia giornata di adibizione alla qualifica di gestore – vuoi per supplire a carenze di organico, vuoi per sostituire colleghi in ferie o riposo settimanale sarebbero utili a far maturare il diritto al superiore inquadramento;
la Corte territoriale avrebbe, inoltre, omesso di approfondire aspetti decisivi proposti dall’odierno ricorrente, concentrando il suo esame su profili diversi da quelli dedotti;
il motivo non merita accoglimento;
per quanto riguarda il vizio prospettato quale violazione di legge, si rileva l’infondatezza della doglianza, atteso che, come questa Corte ha già da tempo affermato, la sostituzione di un lavoratore assente per ferie o per turni di riposo non dà luogo alla promozione automatica, la quale presuppone l’effettiva vacanza del posto;
“L’art. 2103 c.c. pone come presupposto della cosiddetta promozione automatica l’effettiva e sostanziale vacanza del posto ricoperto temporaneamente dal sostituto, quale condizione (non ricorrente nel caso della semplice pausa feriale e neppure, per esplicita previsione legale, nel caso previsto dagli artt. 2110 e 2111 c.c.) idonea a giustificare la modifica apportata, dalla automatica attribuzione per legge di un superiore inquadramento, alla organizzazione aziendale predisposta dal datore di lavoro nella sua veste di titolare dei poteri direttivi ed organizzativi nell’impresa. Consegue che l’ipotesi di sostituzione di altro lavoratore con diritto alla conservazione del posto, della quale, a norma dell’art. 2103 c.c., non può tenersi conto ai fini del compimento del periodo di assegnazione a mansioni superiori necessario per l’acquisizione del diritto alla promozione automatica, comprende anche quella in cui la sostituzione riguardi un lavoratore assente per ferie o per il godimento di turni di riposo, difettando anche in tali casi quella effettiva vacanza del posto che costituisce il presupposto dell’acquisizione della qualifica superiore.” (Così, Cass. n. 3581 del 2004 e n. 13940 del 2000);
nel caso in esame, la Corte territoriale ha accertato che la Società aveva istituito cinque posti di gestore treno per le esigenze delle “Frecce” e che in relazione ad una di queste cinque posizioni si era verificata una carenza di organico, alla quale si era provveduto nominando cinque vicari, fra i quali non compariva M.A.;
peraltro, secondo la Corte territoriale, era stato lo stesso lavoratore ad aver dato in giudizio la prova di avere – in misura prevalente – sostituito colleghi titolari, di tal che, mantenendo questi ultimi il diritto alla conservazione del posto di lavoro, l’adibizione alle superiori funzioni risultava priva del presupposto della carenza di organico, con la conseguenza dell’impossibilità dell’insorgenza del diritto al superiore inquadramento in capo all’odierno ricorrente;
quanto al vizio di motivazione, lo stesso, per com’è prospettato, esorbita dai parametri fissati dall’art. 360 c.p.c., n. 5 attualmente vigente, atteso che parte ricorrente non ha specificamente indicato qual è il fatto storico che non ha ricevuto “l’attenzione sollecitata” (p. 10 ric.), e, di conseguenza, non può provarne la decisività rispetto all’impianto decisorio rappresentato nella sentenza impugnata, limitandosi ad asserire genericamente che il Collegio avrebbe “…sviato il suo esame su altri aspetti assolutamente differenti da quelli proposti con ciò realizzando proprio l’ipotesi di un omesso esame su un fatto assumente carattere decisivo e prospettato dalla parte appellata”;
la doglianza si rivela, pertanto, un’inammissibile richiesta di riesame del merito, inibita in sede di legittimità;
in definitiva, il ricorso va rigettato;
le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore della Società controricorrente, che liquida in Euro 2.500,00 a titolo di compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 12 febbraio 2020.
Depositato in cancelleria il 14 luglio 2020
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