LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5129-2019 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE *****, in persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.
(S.C.C.I.) S.p.A. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, ESTER ADA VITA SCIPLINO;
– ricorrente –
contro
L.F., I.P., C.M.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 311/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 31/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 07/07/2020 dal Presidente Relatore Dott. LUCIA ESPOSITO.
RILEVATO
CHE:
La Corte d’appello di Ancona, in riforma della decisione di primo grado che aveva respinto con distinte sentenze le domande autonomamente avanzate da L.F., I.P. e C.M. avverso verbali di accertamento ispettivo loro notificati dall’Inps, in seno ai quali era stata calcolata la contribuzione previdenziale dai predetti dovuta e non versata per gli anni 2010-2014 in relazione al reddito di impresa derivante da partecipazione agli utili in società di capitali, annullava i predetti avvisi di addebito;
rilevava la Corte territoriale che, pur se il D.L. n. 384 del 1992, art. 3 bis faceva riferimento alla “totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF”, il rapporto previdenziale non poteva prescindere dalla sussistenza di un’attività, di lavoro dipendente o autonomo, che giustifichi la tutela corrispondente, sicchè doveva essere riferito esclusivamente all’impresa commerciale o artigiana in relazione alla quale l’assicurato era iscritto alla corrispondente gestione, con esclusione dell’assoggettamento a contribuzione a fini previdenziali di eventuali altri redditi di partecipazione;
avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’Inps sulla base di unico motivo;
le controparti non hanno svolto attività difensiva;
la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO
CHE:
con unico motivo i ricorrenti deducono, ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. 14 novembre 1992, n. 438, art. 3 bis di conv.ne con modificazioni del D.L. 19 settembre 1992, n. 384 e in connessione con la L. 2 agosto 1990, n. 233;
la questione sottoposta al vaglio di questa Corte attiene al fatto se il lavoratore autonomo, iscritto alla gestione previdenziale in quanto svolgente un’attività lavorativa per la quale sussistono i requisiti per il sorgere della tutela previdenziale obbligatoria, debba parametrare o meno il proprio obbligo contributivo a tutti i redditi percepiti nell’anno di riferimento, tenendo conto anche di quelli da partecipazione a società di capitali nella quale egli non svolge attività lavorativa;
trattasi di questione recentemente affrontata e risolta da Cass. 21540 del 20/8/2019, cui in questa sede si rinvia;
nella citata pronuncia è stato rilevato che il D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 3 bis convertito con modificazioni dalla L. 14 novembre 1992, n. 438, ha previsto che “A decorrere dall’anno 1993, l’ammontare del contributo annuo dovuto per l’soggetti di cui alla L. 2 agosto 1990, n. 233, art. 1,
è rapportato alla totalità dei redditi d’impresa denunciati aì finì
IRPEF per l’anno al quale i contributi stessi si riferiscono” e che con la nuova disposizione rileva “la totalità” dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF, non parlandosi più della sola attività che dà
titolo all’iscrizione alla gestione L. n. 233 del 1990, ex art. 1 con una formulazione che realizza un ampliamento della base imponibile contributiva;
è stato rilevato, altresì, che al fine di individuare quale sia il reddito di impresa rilevante ai fini contributivi, occorre per coerenza di sistema fare riferimento alle norme fiscali, e dunque in primo luogo al testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e che il suddetto D.P.R. contiene distinte disposizioni onde qualificare i redditi d’impresa rispetto ai redditi di capitale: i primi, a mente dell’art. 55 (nel testo post riforma del 2004) sono quelli che derivano dall’esercizio di attività imprenditoriale, mentre l’art. 44, lett. e) (nel testo post riforma del 2004) ricomprende tra i redditi di capitale gli utili da partecipazione alle società soggette ad IRPEG (ora IRES);
e poichè la normativa previdenziale individua, come base imponibile sulla quale calcolare i contributi, la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale e considerato che secondo il testo unico delle imposte sui redditi gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività
lavorativa, sono inclusi tra i redditi di capitale, ne consegue che questi ultimi non concorrono a costituire la base imponibile ai fini contributivi;
sulla base delle svolte argomentazioni, essendosi la Corte d’appello conformata ai suddetti principi, il ricorso va rigettato;
non si procede alla liquidazione delle spese processuali in assenza di svolgimento di attività difensiva ad opera delle parti intimate.
PQM
ta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 7 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2020