LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30292-2018 R.G. proposto da:
ASSESSORATO REGIONALE DELL’ISTRUZIONE E DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELLA REGIONE SICILIANA, in persona dell’Assessore pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
BOMBARA MARINELLA, rappresentata e difesa dall’avvocato Zumbo Vito ed elettivamente domiciliata in Roma, Via Delle Milizie 9, presso lo studio dell’avvocato Luberto Enrico;
– controricorrente –
contro
ENAIP ENTE ACLI ISTRUZIONE PROFESSIONALE DI MESSINA;
B.A.F.;
L.G.M.V.;
C.C.;
ENAIP ENTE ACLI ISTRUZIONE PROFESSIONALE REGIONE SICILIA;
ENTE NAZIONALE ACLI ISTRUZIONE PROFESSIONALE IMPRESA SOCIALE;
– intimati –
avverso l’ordinanza del Tribunale di Messina, depositata il 16/04/2018;
letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli artt. 376 e 380-bis c.p.c.;
letti il ricorso e il controricorso;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16 luglio 2020 dal Consigliere Dott. D’Arrigo Cosimo. RITENUTO B.M. sottoponeva a pignoramento, ai sensi degli artt. 543 ss. c.p.c., le somme dovute dall’Assessorato Regionale dell’Istruzione e della Formazione Professionale della Regione Siciliana al debitore esecutato ACLI Istruzione Professionale di Messina. Il terzo pignorato rendeva dichiarazione negativa.
Il giudice dell’esecuzione, all’esito del sub-procedimento di contestazione della dichiarazione del terzo ex art. 549 c.p.c., pronunciava ordinanza di assegnazione. Avverso la stessa, l’Assessorato proponeva opposizione agli atti esecutivi. Il giudice dell’esecuzione fissava l’udienza di comparizione delle parti innanzi a sè, assegnando all’opponente un termine perentorio per la notifica del ricorso all’opposta e al debitore esecutato. All’udienza, rilevato che non vi fosse prova dell’avvenuta notifica del ricorso, dichiarava improcedibile l’opposizione.
Avverso tale ordinanza l’Assessorato ha proposto opposizione per un unico motivo. Successivamente, il medesimo ente ha notificato un secondo ricorso per cassazione, peraltro di non identico tenore, in “rinnovazione della notificazione”.
La Bombara ha resistito con controricorso. Le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva.
Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e, conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.
CONSIDERATO
In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.
Va rilevato, anzitutto, che l’Avvocatura dello Stato ha proceduto alla notificazione di due distinti ricorsi che, pur avendo a grandi linee il medesimo contenuto, non sono perfettamente identici. Per espressa dichiarazione dell’Ente ricorrente, il secondo atto si sostituisce al primo, a causa di un vizio di notificazione di quest’ultimo. Sennonchè, il secondo ricorso non rappresenta una mera rinnovazione della notificazione, in quanto parzialmente divergente nel contenuto dal primo atto, nè può valere come autonoma impugnazione, perchè è stato tardivamente notificato ben oltre il termine di cui all’art. 327 c.p.c. Pertanto, il primo ricorso è inammissibile a causa della sussistenza di quel vizio di notificazione al quale la stessa Avvocatura dello Stato ha inteso porre rimedio con il secondo ricorso; e questo è inammissibile perchè tardivo.
Vi è pure un’ulteriore ragione preliminare di inammissibilità.
A prescindere dalla formula definitoria, con il provvedimento impugnato il giudice dell’esecuzione ha chiuso innanzi a sè la fase sommaria dell’opposizione, senza liquidare le spese e senza fissare un termine per l’introduzione del giudizio di merito.
Orbene, qualora il giudice dell’esecuzione, con il provvedimento adottato all’esito della fase sommaria dell’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, ometta di fissare il termine per l’introduzione del giudizio di merito, la parte interessata – vi sia, o meno, provvedimento sulle spese – può chiederne al giudice la relativa fissazione, con istanza ai sensi dell’art. 289 c.p.c., ovvero può introdurre o riassumere di sua iniziativa il giudizio di merito, sempre nel termine previsto dalla citata norma, restando comunque esclusa l’esperibilità contro l’irrituale provvedimento del ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7. In mancanza della proposizione dell’istanza di integrazione ovvero dell’autonoma introduzione del giudizio di merito nel termine fissato dall’art. 289 c.p.c., si determina l’estinzione del processo, ai sensi dell’art. 307 c.p.c., comma 3, (Sez. 3, Sentenza n. 22033 del 24/10/2011, Rv. 620286 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 5060 del 04/03/2014, Rv. 630644 – 01).
Solo per completezza è opportuno aggiungere che l’Assessorato si duole, in sostanza, della circostanza che non gli sia stato comunicato dalla cancelleria il decreto con il quale il giudice dell’esecuzione fissava la comparizione delle parti innanzi a sè assegnando all’opponente un termine perentorio per la notificazione del ricorso; e sostiene che tale omissione non era idonea a far decorrere il termine assegnatogli con il menzionato decreto, talchè il ricorso non poteva essere dichiarato improcedibile per omessa notificazione dello stesso nel predetto termine.
La questione è stata recentemente risolta da questa Corte, che sul punto ha affermato il principio di diritto secondo cui, in tema di opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi, il decreto con il quale il giudice dell’esecuzione fissa davanti a sè l’udienza per la fase sommaria, assegnando un termine perentorio per la notificazione del ricorso e dello stesso decreto all’opposto, non è soggetto a comunicazione, a cura della cancelleria, al ricorrente, sicchè ove quest’ultimo lasci scadere il termine perentorio fissato, incorre nella declaratoria di inammissibilità dell’opposizione, senza potere beneficiare della rimessione in termini (Sez. 3, Sentenza n. 11291 del 12/06/2020, Rv. 658098 – 01).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.
Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, a carico della parte impugnante e soccombente, di un ulteriore importo pari al contributo unificato già dovuto per l’impugnazione proposta.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 16 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2020