LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20522-2019 proposto da:
D.A., elettivamente domiciliato in Milano via Lorenteggio n. 24 presso lo studio degli avv.ti MASSIMO CARLO SEREGNI, e TIZIANA ARESI, che lo rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 413/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata l’08/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/07/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.
RILEVATO
CHE:
1. La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza pubblicata l’8 marzo 2019, dichiarava inammissibile l’appello proposto da D.A.K., cittadino della *****, avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Brescia aveva rigettato l’opposizione avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che, a sua volta, aveva rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);
2. La Corte d’Appello evidenziava che a fronte dell’eccezione svolta dal ministero dell’interno circa la tardività dell’appello l’appellante non aveva fornito prova della comunicazione ad opera della cancelleria dell’ordinanza impugnata. Allo stato degli atti dunque l’eccezione doveva ritenersi fondata in quanto l’atto d’appello, redatto con citazione, risultava accettato dal sistema per la notifica il 6 dicembre 2016 mentre risultava in atto che l’ordinanza impugnata era stata comunicata a cura della cancelleria alla procura della Repubblica ministero il 3 novembre 2016, pertanto in assenza della produzione richiesta all’appellante, doveva ritenersi che anche la comunicazione a quest’ultimo era stata effettuata contestualmente. Il deposito dell’appello era avvenuto il 17 dicembre 2016, di conseguenza sia avuto riguardo alla notifica dell’appello che al deposito dello stesso era comunque decorso il termine di 30 giorni di cui all’art. 702 quater c.p.c.
3. D.A.K. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di due motivi di ricorso.
4. Il Ministero dell’interno ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione dell’art. 702 bis c.p.c. e dell’art. 2697 c.c.
Il ricorrente ritiene che in mancanza della prova della comunicazione dell’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. da parte della cancelleria deve considerarsi il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c.
L’onere della prova circa la comunicazione dell’ordinanza doveva essere dato dall’avvocatura dello Stato e, pertanto, la sentenza della Corte d’appello costituirebbe una falsa ed erronea applicazione dell’art. 702 bis e dell’art. 2697 c.c.
1.1 Il primo motivo di ricorso è infondato.
Questa Corte ha già ritenuto che in presenza di un’eccezione di tardività dell’impugnazione il ricorrente ha l’onere di provare la tempestività della stessa e, per usufruire del termine lungo ex art. 327 c.p.c., ha l’onere di allegare sia l’assenza di comunicazione (potendo quest’ultima avvenire lo stesso giorno della pubblicazione), sia la mancanza di notificazione (ex plurimis Sez. 3, Ord. n. 20852 del 2018).
Nella specie parte ricorrente non ha dedotto nel ricorso che il provvedimento impugnato non era stato comunicato dalla cancelleria. La Corte d’Appello ha evidenziato anche che l’appellante oltre a non allegare la mancata comunicazione non ha fornito alcuna prova della stessa. Tale adempimento sollecitato espressamente dalla Corte d’Appello è rimasto inadempiuto e, dunque, correttamente quest’ultima ha ritenuto tardiva l’impugnazione.
In tale situazione, infatti, si deve ritenere che non sia stata allegata e dimostrata la tempestività dell’impugnazione, che incombeva al ricorrente provare, dipendendo la comunicazione da attività dell’ufficio a quo e non della controparte (in motivazione Sez. 6-3, Ord. n. 2594 del 2016).
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8.
Il ricorrente entra nel merito della vicenda, ritenendo che la Corte d’Appello di Brescia non abbia motivato sulle vicende vissute dal ricorrente nel paese di transito, in particolare la Libia.
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5 e 14.
La vicenda narrata richiedente dovrebbe essere valutata ai sensi del citato D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e, dunque, dovrebbe essere ritenuta pienamente suffragata da coerenza interna e quindi credibile. Inoltre, non sono state acquisite ulteriori informazioni sui paesi di origine e di transito e la situazione della ***** corrisponde a quella prevista dall’art. 14, lett. c) citato decreto. Infine può essere concesso il permesso di soggiorno per motivi umanitari.
4. I restanti secondo e terzo motivo sono inammissibili.
Il rigetto del primo motivo comporta l’inammissibilità dei restanti motivi di merito, in quanto la Corte d’Appello si è limitata a dichiarare inammissibile perchè tardiva l’impugnazione, senza entrare in alcun modo nel merito delle questioni.
5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
6. Non è luogo alla liquidazione delle spese in quanto il Ministero dell’Interno si è costituito con un controricorso di mero stile, senza svolgere effettiva attività difensiva.
7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 14 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020
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