Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.22335 del 15/10/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11394-2019 proposto da:

O.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMILIO FAA’ DI BRUNO 15, presso lo studio dell’avvocato MARTA DI TULLIO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI *****;

– intimato –

avverso la sentenza n. 628/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA NAZZICONE.

RILEVATO

– che la parte ricorrente ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma del 29 gennaio 2019, la quale ha dichiarato inammissibile l’impugnazione avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa città, a sua volta reiettiva del ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che non svolge difese il Ministero intimato;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO

– che il ricorso deduce: 1) violazione e falsa applicazione di “norme di diritto”, perchè la corte del merito non ha formulato idoneo percorso logico-argomentativo e non ha valutato tutti i fatti pertinenti;

2) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, avendo la corte del merito ritenuto il richiedente non credibile;

3) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e art. 4, esistendo nella specie i presupposti della protezione sussidiaria;

– che la sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile l’impugnazione, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., non avendo l’appellante rivolto critiche specifiche a punti della decisione di primo grado;

– che, pertanto, il ricorso è inammissibile, in quanto il motivo difetta di specificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., atteso che “L’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone che la parte, nel rispetto del principio di autosufficienza, riporti, nel ricorso stesso, gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale” (e multis, Cass. 30 settembre 2015, n. 19410; Cass. 10 novembre 2011, n. 23420);

– che non occorre provvedere sulle spese, non svolgendo difese l’intimato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

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