LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18601-2019 proposto da:
M.S. O S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELE RIGAMONTI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 21/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte, rilevato che:
con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis S.M., cittadino del Bangladesh, ha adito il Tribunale di Milano – Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE, impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria;
il ricorrente proveniente da *****, musulmano wababi, di etnia bangla, aveva riferito di aver lasciato il proprio Paese, ove erano rimasti i genitori e un fratello minore, il 4/1/2016, dopo la morte di un altro fratello per incidente sul lavoro, che aveva determinato la chiusura della fabbrica; che ciò era avvenuto sia per la ricerca di un lavoro, sia per i contrasti ricorrenti con i musulmani sunniti con i quali vi erano periodicamente scontri e atti di violenza;
con decreto del 21/5/2019 comunicato il 23/5/2019, il Tribunale ha respinto il ricorso, ritenendo che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale e umanitaria; avverso il predetto decreto ha proposto ricorso S.M., con atto notificato il 14/6/2019, svolgendo unico motivo e l’intimata Amministrazione dell’Interno non si è costituita;
è stata proposta di trattazione in camera di consiglio non partecipata, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.;
con il motivo, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 e 11, perchè pur essendo stata fissata udienza non era stata ritenuta necessaria l’audizione del richiedente asilo pur essendo indisponibile la videoregistrazione dell’audizione;
il motivo è manifestamente infondato alla luce della giurisprudenza consolidata di questa Corte, poichè il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per mutare orientamento;
allorchè il richiedente impugna la decisione della Commissione territoriale in tema di protezione internazionale e la videoregistrazione del colloquio non sia disponibile, il giudice deve necessariamente fissare l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto che decide il ricorso per violazione del principio del contraddittorio, a nulla rilevando che l’audizione, nella specie, sia stata effettuata davanti alla Commissione territoriale in data anteriore alla consumazione del termine di 180 giorni dall’entrata in vigore del D.L. n. 13 del 2017, convertito nella L. n. 46 del 2017, essendo l’udienza di comparizione delle parti, anche in tale ipotesi, conseguenza obbligata della mancanza della videoregistrazione (Sez. 1, n. 32029 del 11/12/2018, Rv. 651982 – 01; Sez. 6 – 1, n. 17076 del 26/06/2019, Rv. 654445 – 01; Sez. 6 – 1, n. 14148 del 23/05/2019, Rv. 654198 – 01; Sez. 1, n. 10786 del 17/04/2019, Rv. 653473 – 01);
non rileva in contrario la circostanza che il ricorrente abbia omesso di prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato un pregiudizio per la decisione di merito, in quanto la mancata videoregistrazione del colloquio, incidendo su un elemento centrale del procedimento, ha palesi ricadute sul suo diritto di difesa (Sez. 1, n. 5973 del 28/02/2019,Rv. 652815 – 01);
viceversa, nel giudizio d’impugnazione, innanzi all’autorità giudiziaria, della decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza non consegue automaticamente anche quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale;
ne deriva che il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale solo se risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’audizione dello straniero (Sez. 1, n. 5973 del 28/02/2019, Rv. 652815 – 01; Sez. 1, n. 3029 del 31/01/2019, Rv. 652410-01; Sez. 6 – 1, n. 2817 del 31/01/2019, Rv. 652463-01; Sez. 6 – 1, n. 32073 del 12/12/2018, Rv. 652088 – 01);
nella fattispecie l’udienza è stata regolarmente fissata e non è stata ritenuta necessaria l’audizione, in assenza di introduzione di nuovi temi di indagine o di fatti nuovi che la imponessero;
infatti il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis deve essere letto in conformità al disposto dell’art. 46, par. 3, della direttiva 2013/32/UE nell’interpretazione offerta dalla Corte di giustizia UE: pertanto, ove il ricorso contro il provvedimento di diniego di protezione contenga motivi o elementi di fatto nuovi, il giudice, se richiesto, non può sottrarsi all’audizione del richiedente, trattandosi di strumento essenziale per verificare, anche in relazione a tali nuove allegazioni, la coerenza e la plausibilità del racconto, quali presupposti per attivare il dovere di cooperazione istruttoria (Sez. 1, n. 27073 del 23/10/2019, Rv. 656871 – 01);
ritenuto pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, senza condanna e spese in difetto di costituzione della parte intimata.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis, ove dovuto.
Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020