LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4649/2016 proposto da:
R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI PRISCILLA 60, presso lo studio dell’avvocato LUCILLA LAURONI, rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO TRIPODI;
– ricorrente –
contro
B.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 23, presso lo studio dell’avvocato MICHELA NATALE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE MAZZOTTA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 294/2015 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 16/10/2015 r.g.n. 1718/2010.
RILEVATO
Che:
Il Tribunale di Palmi accoglieva parzialmente la domanda proposta da B.F., riconoscendo che tra essa ed il Dottor R.A., dentista, era intercorso un rapporto di lavoro subordinato dal 1.7.93 al 30.6.2000, con mansioni di assistente alla poltrona riconducibili al IV livello del c.c.n.l. studi professionali, condannando il R. al pagamento della somma di Euro 65.050,53 per differenze retributive, lavoro straordinario e t.f.r..
Avverso tale sentenza proponeva appello il R.; resisteva la B..
Con sentenza depositata il 16.10.15, la Corte d’appello di Reggio Calabria, in parziale accoglimento del gravame, disposta c.t.u. contabile ed escussi taluni testi, riduceva il credito ad Euro 35.991,28 per le medesime causali, compensando per metà le spese di lite del doppio grado, ponendo a carico del R. il residuo.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il R., affidato a tre motivi, poi illustrati con memoria, cui resiste la B. con controricorso.
CONSIDERATO
Che:
1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112,113,414,244 e 421 c.p.c., lamentando l’ammissione della prova testimoniale richiesta dalla ricorrente, senza tuttavia indicare i testi da escutere.
Il motivo è infondato.
Ed invero la costante giurisprudenza di legittimità (Cass. S.U. n. 262/1997, Cass. sez. lav. nn. 16529/04, 16661/09, 17649/10, 12210/14, e 139/19) ha affermato, valorizzando dell’art. 421 c.p.c., comma 1, che nel rito del lavoro, qualora la parte abbia, con l’atto introduttivo del giudizio, proposto capitoli di prova testimoniale mediante indicazione specifica dei fatti, formulati in articoli separati, ma omettendo l’enunciazione delle, generalità delle persone da interrogare, non incorre nella decadenza della relativa istanza istruttoria, con la conseguenza che il giudice può fissare un termine, ai sensi dell’art. 421 c.p.c., per sanare la carente formulazione. La sentenza citata dal ricorrente (Cass. sez. 3 n. 5950/14) risulta Pertanto assolutamente isolata, sicchè questa sezione lavoro della Corte non può che ribadire il proprio costante orientamento, peraltro suffragato dalla menzionata sentenza delle Sezioni Unite.
Occorre del resto evidenziare che nel rito del lavoro è necessario che la parte indichi tempestivamente e sin dall’inizio le fonti materiali di prova (e cioè i fatti storici che intende provare) ma non le fonti formali di prova (es. capitoli della prova per testi, generalità dei testimoni, etc.), Cass. n. 4180/03.
2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la falsa applicazione degli artt. 99-101, 112,244,414,420 e 421 c.p.c.. Lamenta in sostanza che il primo giudice, confermato sul punto dalla sentenza impugnata, ammise la prova testimoniale ancor prima che la B. indicasse, come disposto dal Tribunale, i nominativi dei testi: ciò rendeva la prova attorea inammissibile, sicchè parimenti inammissibile risultava la decadenza dalla controprova pronunciata in danno del R. dal Tribunale, sul punto confermato dai giudici di appello in violazione del principio della par condicio delle parti.
Il motivo è infondato posto che, come sopra detto, il giudice del lavoro può ammettere la prova, sulle specifiche circostanze in fatto indicate dalla parte istante, pur prive dell’indicazione dei nominativi dei testi (ordinando al contempo a tale parte a provvedere all’incombente entro il termine assegnato). La mancata richiesta di prova di parte resistente nella memoria di costituzione viola invece apertamente il disposto dell’art. 416 c.p.c., secondo cui il resistente deve indicare “a pena di decadenza” i mezzi di prova di cui intende avvalersi.
Nè ciò comporta una disparità di trattamento processuale tra le parti, rilevando sotto tale profilo che entrambe abbiano indicato ritualmente le fonti materiali di prova (id est i fatti che si intendono dimostrare), in un rito caratterizzato dai noti principi di concentrazione ed immediatezza, mentre l’indicazione delle fonti formali di prova, testimonianze e nominativo dei testi, rappresenta una irregolarità sanabile, a differenza della mancata indicazione delle fonti materiali di prova da parte del convenuto.
3-. Con terzo motivo il R. denuncia la violazione degli artt. 101, 112,115, 116,244,414,420 e 421 c.p.c., per avere il primo giudice, sul punto confermato dalla sentenza d’appello, dapprima ridotto a due la lista dei testi da sentire, quindi ammettendone successivamente altri.
Il motivo è inammissibile, essendo pacifico che la riduzione della lista dei testimoni è rimessa alla discrezionale valutazione del giudice di merito (e plurimis, Cass. 22 aprile 2009 n. 9551) ed inoltre, al pari di ogni ordinanza, non ha alcun carattere decisorio e ben può essere revocata dal giudice.
3.- Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a.. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 9 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2020
Codice Civile > Articolo 2020 - Leggi speciali | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 99 - Principio della domanda | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 101 - Principio del contraddittorio | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 113 - Pronuncia secondo diritto | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 115 - Disponibilita' delle prove | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 116 - Valutazione delle prove | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 244 - Modo di deduzione | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 414 - Forma della domanda | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 416 - Costituzione del convenuto | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 421 - Poteri istruttori del giudice | Codice Procedura Civile