Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.25403 del 11/11/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35919-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

SAFIN SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4246/7/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 07/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO.

FATTO E DIRITTO

La Corte.

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue.

Con la sentenza indicata in epigrafe, la CTR della Campania ha respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la decisione di primo grado che aveva annullato un avviso di liquidazione per la registrazione di un decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di pace di Caserta, ritenendo che il principio di enunciazione non fosse applicabile nella fattispecie non sussistendo l’identità delle parti richiesta dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22.

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di un motivo.

La contribuente non ha svolto difese.

Con unico mezzo l’Agenzia delle entrate deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, nonchè degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per non avere la CTR tenuto conto che la contribuente aveva ammesso la debenza dell’imposta di registro in misura fissa in relazione al decreto ingiuntivo sottoposto a registrazione.

La censura è fondata.

Nel ricorso introduttivo, trascritto in parte qua nel ricorso per cassazione in ossequio al principio di autosufficienza ed allegato al ricorso, la contribuente ha ammesso che “alla fattispecie andava applicata la tassazione dell’imposta di registro in misura fissa, pari, secondo la disposizione vigente, ad Euro 168,00 (…), a discapito di quella proporzionale, pari ad Euro 400,00 (…); donde l’eccedenza oggi illegittimamente pretesa dall’Amministrazione Finanziaria”. La CTR, confermando l’annullamento in toto dell’avviso di liquidazione, è incorsa nel dedotto vizio di extrapetizione, non avendo considerato che la stessa contribuente, la quale aveva chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo, era consapevole, per averlo ammesso, di dover corrispondere l’imposta di registro a norma del D.P.R. n. 131 del 1986 e, più precisamente, in base all’art. 37 del t.u.i.r. che prevede la registrazione di tutti gli atti dell’autorità giudiziaria, compresi i decreti ingiuntivi.

Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020

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