Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.25497 del 12/11/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22841 – 2019 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO CONFORTI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che le rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 220/28/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della PUGLIA SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 29/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RITA RUSSO.

RILEVATO

che:

1. – P.A. ha ricevuto un avviso di accertamento per IRPEF e IVA dell’anno 2006 e ha quindi ha presentato istanza di accertamento con adesione, che si è concluso con la redazione di un atto di adesione accettato dal contribuente. Il ricorrente non ha però versato la prima rata e ha ritenuto “erroneamente” – come lui stesso afferma in ricorso – che fosse ancora possibile impugnare l’avviso di accertamento e quindi ha proposto ricorso dinanzi alla CTP; nelle more l’ufficio ha provveduto a notificare la cartella di pagamento. La CTP ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, sentenza che l’Agenzia ha impugnato. La CTR ha accolto l’appello dell’Agenzia, affermando che il ricorso del contribuente dopo la firma dell’accertamento con adesione è inammissibile; ha osservato inoltre che non versando la prima rata l’accertamento con adesione non produce effetti e la pretesa tributaria permane nella sua integrità; quindi ha dichiarato legittima la pretesa fiscale contenuta nell’originario avviso di accertamento, con ciò disattendendo la tesi del contribuente secondo il quale la procedura si sarebbe perfezionata con la sottoscrizione dell’atto, che non farebbe rivivere l’accertamento originario.

Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia. Assegnato il procedimento alla sezione sesta, su proposta del relatore è stata fissata l’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., notificando la proposta e il decreto alle parti.

RITENUTO

che:

3. – Con il primo motivo del ricorso, la parte lamenta la violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., in relazione al D.lgs. n. 546 del 1992, art. 46, che disciplina la estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere nonchè del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, che disciplina il recupero delle somme derivanti da avviso di accertamento. Il contribuente ritiene che sia corretta la dichiarazione di cessazione della materia del contendere perchè l’ufficio ha provveduto a recuperare le somme con la notifica di una cartella che – nella sua prospettazione – ha sostituito l’atto impositivo impugnato; di conseguenza la lite doveva considerarsi terminata. Con il secondo motivo di ricorso deduce la nullità della sentenza per contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili e per motivazione apparente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in violazione dell’art. 132 c.p.c., e del D.lgs. n. 546 del 1992, art. 30.

I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono infondati.

La CTR ha correttamente applicato, dandone conto in motivazione, il principio già affermato da questa Corte secondo il quale la cartella non sostituisce l’atto impositivo ma è l’atto prodromico della esecuzione, avente natura di precetto (Cass. n. 15799/2015; Cass. n. 6526/2018). E’ inoltre principio già affermato nella giurisprudenza di questa Corte che, ai fini del perfezionamento della procedura di accertamento con adesione del contribuente, il pagamento della prima rata e la prestazione della garanzia non costituiscono una semplice modalità di esecuzione della procedura ma un presupposto fondamentale e imprescindibile di efficacia della stessa, completandosi in tal modo la fattispecie del concordato; conseguentemente, quando essi difettino, la procedura del concordato con adesione non si perfeziona e la pretesa tributaria permane nella sua integrità (Cass. 2161/2019). Peraltro la notifica della cartella non equivale di per sè a recupero, e correttamente il giudice d’appello si è pronunciato sul merito e cioè sulla legittimità dell’imposizione messa in discussione dal contribuente con la sua impugnazione.

Ne consegue il rigetto del ricorso; le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.600,00 oltre rimborso spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2020

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